da Basilea, il nostro inviato
Roger Federer non è uno a cui solitamente si richiede una prova del nove. Dopo vent’anni passati sul circuito da protagonista assoluto, non ha certo niente da dimostrare e cionondimeno continua a stupire. A Basilea, lo svizzero ha aggiornato ancora una volta il suo libro dei record sconfiggendo a fatica Marius Copil col punteggio di 7-6 6-4 e sollevando il trofeo di casa per la nona volta. Nove, ma anche novantanove, come i titoli ATP che la sua bacheca può vantare. Nella numerologia orientale, il 9 indica la morte e la rinascita, concetti spesso affiancati a Federer nella loro declinazione sportiva. Per i cristiani è il numero del miracolo e della completezza divina, termini che non è proprio tirare in ballo in un’occasione come questa. Nella smorfia napoletana inoltre, il nove rappresenta la figliolanza (‘a figliata) e qui un sorriso può sfuggire pensando alla numerosa prole del campione svizzero. Numeri a parte, resta negli occhi degli appassionati e degli addetti ai lavori lo sguardo e la voglia di divertirsi di un giocatore che a 37 anni ancora soffre, si mette in gioco e vince a dispetto degli avversari e dell’età.
Durante questo torneo, Federer ha sofferto e parecchio. Eccettuata la semifinale con Daniil Medvedev, forse ancora un po’ stanco per la partita precedente con Tsitsipas terminata a mezzanotte e mezzo, il suo percorso è stato piuttosto travagliato. Il servizio non lo ha supportato come sempre (ben 11 break in quattro partite prima della finale) e anche il resto della panoplia svizzera ha funzionato a intermittenza. Oggi contro un avversario in forma e in fiducia come Copil, assolutamente intrattabile con la battuta per tutta la settimana e centrato con gli altri colpi, i problemi sono stati tanti e sarebbero anche potuti rimanere senza soluzione.
Nelle primissime fasi del primo set, l’ennesimo passaggio a vuoto al servizio ha mandato Copil avanti di un break. Con il supporto della folla, oggi invero non molto sportiva nell’esultare dopo gli errori del romeno, Roger ha iniziato a giocare meglio e ha riportato la situazione in parità. Dal canto suo, Copil, alla seconda finale nel circuito, ha mantenuto una tranquillità ammirevole e sorprendente, considerate la caratura dell’avversario e l’atmosfera da vecchia Coppa Davis. La svolta è arrivata al tie-break, giocato benissimo da entrambi e nel quale a fare la differenza è stata solo una palla corta sulla rete di Copil.
In avvio di secondo set, Copil è rientrato in campo come se niente fosse, quasi fosse stato lui a portare a casa il primo parziale. Il romeno si è così guadagnato ancora un break di vantaggio come nel primo set. La parte mediana del parziale è stata tutto un susseguirsi di scambi avvincenti. Federer, pur in difficoltà, si è categoricamente rifiutato di abbandonare la linea di fondo, accettando spessissimo di colpire in controbalzo per non perdere terreno. La tattica ha pagato e gli ha permesso di recuperare lo svantaggio. Niente tiebreak però stavolta a determinare le sorti del set. Nel nono gioco infatti, Copil si è fermato due volte durante lo scambio per contestare la chiamata del giudice di linea, ma in entrambi i casi il falco gli ha dato torto. La palla break, maturata così fortunosamente, è stata prontamente sfruttata da Federer che ha poi chiuso (seppur col brivido di una palla break concessa) nel tripudio della St.Jakobshalle.
Risultato:
[1] R. Federer b. [Q] M. Copil 7-6(5) 6-4