Sloane Stephens
Esordiente al Masters, Stephens è andata a un set dal conquistare il torneo, dopo aver vinto i primi quattro match. Lei e Bertens, sono state penalizzate dal calendario, un aspetto che considero il vero punto debole di questa formula delle Finals: chi gioca nel girone che comincia per secondo deve disputare la semifinale senza giorno di riposo, mentre chi proviene dall’altro girone ha 24 ore in più per recuperare in vista dei due match più importanti.
Personalmente sono convinto che la superficie estremamente lenta di Singapore abbia forse assecondato la sua indole che spesso tende alla prudenza, ma l’abbia penalizzata sul piano della resistenza fisica. Sloane in questa stagione ha perso tre finali importanti in modo simile, cioè finendo in debito di energie quando la partita si è allungata al terzo set. È accaduto al Roland Garros contro Halep (3-6, 6-4, 6-1), ancora contro Halep a Montreal (7-6(6), 3-6, 6-4) e domenica contro Svitolina (3-6, 6-2, 6-2). Se ha intenzione di praticare un tennis basato su scambi lunghi avrà bisogno di migliorare sotto questo aspetto. Sempre che sia possibile, perché ho l’impressione che per natura sia più scattante ed esplosiva che resistente. Del resto se è così abile sul piano difensivo è perché probabilmente ha i primi due-tre passi più rapidi dell’intera WTA, una dote più da sprinter che da maratoneta.
C’è un ultimo aspetto che va sottolineato e che ha frenato Stephens in una stagione comunque positiva: secondo me rispetto al periodo precedente all’infortunio (frattura del piede nel 2016) ha subito una regressione nell’incisività del servizio. Qualche stagione fa era in grado di sfoderare prime addirittura vicine ai 190 all’ora, ma anche kick molto lavorati. Invece in questo 2018 troppo spesso la sua battuta ha pericolosamente sfiorato l’idea di una semplice rimessa in gioco. E questo rischia di diventare un handicap serio contro le avversarie più forti: senza punti facili dal servizio ogni game può trasformarsi in una lotta, e se la partita si allunga possono emergere problemi di tenuta fisica. Insomma, la coperta è un po’ corta: o migliora nella resistenza, o nell’efficacia del servizio.
Elina Svitolina
Non è ancora la vittoria in uno Slam, ma per Svitolina il Masters rappresenta comunque un bel successo, raccolto mostrando grande determinazione e forza di volontà. Vorrei subito sgomberare il campo da equivoci: criticare le condizioni di gioco e il tipo di tennis necessario per vincere a Singapore non significa criticare Svitolina. Non può diventare un torto avere la capacità di interpretare meglio di tutte la superficie messa a disposizione da WTA; questo semmai è un merito. Del resto in stagione ha dimostrato di saper vincere anche su altri campi, altrimenti al Masters non sarebbe mai arrivata.
In realtà anche lei è stata limitata dalla superficie di Singapore, che non le ha permesso di utilizzare in pieno il suo arsenale di colpi. Ricordate la finale di Roma vinta contro Simona Halep verticalizzando il gioco e ottenendo vincenti con accelerazioni improvvise? Due opzioni che ha dovuto lasciare da parte alle Finals, conquistate invece soprattutto rimboccandosi le maniche, e mettendo in campo più abnegazione e convinzione di tutte. È vero che ha avuto il vantaggio del giorno di riposo prima della semifinale, ma in compenso ha legittimato il successo vincendo tutti e cinque i match, come non capitava dal 2013 (Serena Williams).
Come detto, nelle condizioni di gioco di Singapore contava più di tutto saper tenere duro sul piano fisico e sul piano mentale: Elina ha vinto quattro partite al terzo set. In più ha servito bene (seconda a pari merito con Bertens per numero di ace per match) e ha gestito al meglio lo scambio, facendo regolarmente sbagliare le avversarie più di lei.
Sul piano psicologico, secondo me il passaggio più duro non lo ha affrontato nei match conclusivi, ma contro Wozniacki, quando si è giocata il passaggio di turno in pochi scambi. Un finale di secondo set tesissimo, contro un’avversaria non meno tenace di lei che le ha lasciato strada solo al quinto set point (5-7, 7-5, 6-3). In quel lungo dodicesimo game ha davvero contato moltissimo la tenuta mentale; mentre contro Bertens e Stephens a traguardo vicino si aveva la sensazione che le sue avversarie fossero in crisi fisica e quindi il confronto fosse in larga misura già indirizzato.
Anno dopo anno, Elina ha sempre compiuto passi avanti nella carriera: ingresso in Top 20, ingresso in Top 10, vittorie in tornei di importanza sempre maggiore, accesso al Masters. Il successo alle Finals rappresenta comunque un piccolo, ulteriore avanzamento rispetto al passato. Vedremo nel 2019 se saprà ancora una volta andare oltre. Dopo gli ultimi progressi direi che le sono rimasti i due traguardi più difficili da raggiungere: il primato nel ranking e la vittoria in uno Slam.