Mi aveva piacevolmente sorpreso sentire, mentre aspettavo il “metro” sulla linea rossa per Rho-Fiera in piazza Duomo, un doppio annuncio, in italiano e in inglese, che segnalava l’esistenza della Next Gen ATP Finals. Mi sono detto: “Beh, bravi, bene promuoversi così”.
Poi mi sono chiesto, però, perché mai fosse necessario far cominciare il programma delle semifinali alle 19 (che naturalmente sono poi di fatto cominciate più tardi). Capisco l’intento di vendere i biglietti a chi lavori fino a tardo pomeriggio, ma farle cominciare alle 18 non sarebbe stato più ragionevole? Biglietti che sono poi cari assassini: stasera 60 euro quelli che costano meno, 110 euro altri! Ma si può? Genitori e figli, una famiglia che volesse venire per il weekend a vedere le Next Gen non deve spendere come per andare a Cortina… La FIT non ha il compito di promuovere il tennis a prezzi accessibili? E se giocavano Federer e Nadal quando li facevano pagare, 120 e 220 euro? Più metro o parcheggio, benzina, cena (salvo che uno resti digiuno dalle 19 a mezzanotte) etcetera. Non era meglio riempire le tribune a prezzi inferiori?
E stasera far disputare la finale del primo posto (quella del terzo posto è un nonsense) alle 21 ha un senso? La conseguenza di quell’orario sbagliato e la coincidenza (non poi così inconsueta o improbabile) di due semifinali durate 4 ore e 7 minuti (2 ore esatte quella vinta in cinque set, 3-4 4-1 4-1 3-4 4-2 da de Minaur su Munar, uno scioglilingua sul quale il povero arbitro non poteva non intrecciarsela, 2 ore e 7 minuti quella che ha visto prevalere Tsitsipas su Rublev 4-3 3-4 4-0 2-4 4-3), più i palleggi di riscaldamento, più l’intervallo fra le due gare e le interviste sul campo dei vincitori… ha fatto sì che anche Cenerentola, che doveva scappar via prima di mezzanotte, avrebbe perso insieme alla scarpetta anche il treno per rientrare a casa (a Milano). Addio metropolitana per un sacco di gente. Molti ce l’hanno fatta, ma correndo a perdifiato, altri proprio no. Oppure invece sì… ce l’hanno fatta a lasciare Rho, ma poi non sono riusciti a prendere le altre metro in coincidenza dal centro. E o bus ATM rarefatti oppure taxi sono a quel punto state le sole alternative praticabili.
Venerdì sera/notte a Milano, con la movida, avete mai provato a cercare di prendere un taxi? A Rho, parlo per esperienza personale, intorno a mezzanotte le scale mobili per scendere nell’ultimo tratto e raggiungere per la solita via i binari della metro, sono state chiuse. Insieme a diversi spettatori abbiamo dovuto correre all’esterno (meno male che non pioveva più) per prendere il penultimo metro, il solo che avrebbe potuto consentire di farcela a chi dovesse prendere un altro metro per una qualsiasi coincidenza con Cadorna, Duomo etcetera. Chi non ce l’ha fatta, e io l’ho perso per 5 secondi insieme ad alcuni altri giornalisti (anche inglesi), ha dovuto prendere l’ultimo metro per poi sottoporsi alle forche caudine del taxi che non c’è e delle lunghe code che invece ci sono.
Dei giornalisti (italiani e stranieri) che dovevano scrivere qualcosina a fine match, aspettando il giocatore che lemme lemme sarebbe venuto con comodo in sala stampa bello tranquillo per la rituale conferenza stampa (tanto lui può servirsi della transportation del torneo), naturalmente gli organizzatori si sono disinteressati. A Londra – con la O2 Arena che non è comodissima per chi abiti nel West End – esiste una navette, e perfino una barca, per i giornalisti. Ma qui siamo a Milano e il direttore del torneo è ovunque noto alla stampa internazionale intera per essersi sempre – da mezzo secolo quasi – infischiato dei problemi dei giornalisti. Basterebbe chiedere cosa ne pensano tutti i colleghi che hanno frequentato gli Internazionali d’Italia dal 2000 al 2016, quando finalmente le cose sono un tantino migliorate perché ci ha buttato l’occhio Guido Nepi Molineris e la Coni Servizi, un po’ più attenti a un discorso di pubbliche relazioni.
Torno sull’orario. Già i giornali vanno male, si sa. Perdono copie a iosa. E da tempo non “ribattono” più seconde edizioni per infilare qualche riga dopo le 22, se non è calcio e Coppa dei Campioni. Figurarsi se lo farebbero mai per un torneo under 21 di tennis, per quanto questi ragazzi siano già ottimi giocatori e grandi promesse. Programmare gli eventi perché finiscano intorno a mezzanotte significa rinunciare a priori e in toto alla loro copertura sulla carta stampata, quantomeno per i quotidiani politici. Anche se si chiama Corriere della Sera e viene diffuso soprattutto a Milano. O se si chiama Repubblica e ha un’edizione e pagine milanesi. Si può fare un torneo perché solo la Gazzetta dello Sport e i siti web possano coprirlo decentemente? Secondo me – e sì che io sono l’editore di un sito – si dovrebbe cercare di favorire la copertura anche degli altri giornali, almeno fino a che non cesseranno di costituire del tutto uno strumento di promozione e diffusione.
Cambio argomento ma non troppo. Fra le tante regole innovatrici che l’ATP ha lanciato con questo torneo delle Next Gen mi sarebbe piaciuto che fosse stata introdotta anche quella della necessità che i giovani tennisti si presentino con la dovuta puntualità alle conferenze stampa post match. Tenendo presente appunto gli orari cui i match si concludono e la urgente necessità di scriverne il prima possibile. Per chi sia in dead line una mezzora di ritardo è un problema. Ci vorrebbe che che qualcuno imponesse tempi sufficientemente ravvicinati alla conclusione del match e comunque almeno rispettati una volta che vengono annunciati, quali che essi siano. Perché mentre aspetti un giocatore in sala conferenza non scrivi, non vedi l’altro match in corso, perdi 45 minuti a imprecare di non poter seguire altro.
Se siamo ormai rassegnati ad aspettare i comodi delle star che ormai hanno anche smesso di scusarsi quando arrivano con mezzora o tre quarti d’ora di ritardo, devo per onestà dire che il vizio è più dell’ATP che di Milano e chi l’organizza. I giocatori arrivano in ritardo dappertutto. Solo a Wimbledon di solito, gli organizzatori sono capaci di farsi rispettare. Altrove sia ATP sia WTA non si sognano di catechizzare i giocatori, specie se famosi. Aggiungo per onestà, che Milano non è il solo torneo a dimostrare di ignorare i problemi della stampa nel fissare gli orari dei suoi eventi. Anche a Londra per le finali del Masters ATP non fanno troppo meglio: l’unico singolare della serata comincia alle 20… se sono riusciti a far finire prima il doppio. Ma già quell’ora di vantaggio aiuta. Insomma, almeno a questi Next Gen cui si impone anche giustamente l’educazione di non servirsi dei raccattapalle per farsi dare gli asciugamani sudati, si potrebbe almeno chiedere – insieme allo shot-clock – di presentarsi in conferenza stampa all’ora che loro stessi hanno scelto e fatto comunicare.
Stasera voglio proprio vedere che cosa succederà. Cominciando alle 21 – ma perché? Non credo che per un torneo del genere ci siano chissà quali richieste televisive internazionali a giustificare un tale orario – se il match dura un paio d’ore come quelli di ieri sera, intorno alle 23 e spiccioli ci sarà il fuggi fuggi generale. Perché la premiazione dei due finalisti, testa di serie n.1 e n.2, n.15 Tsitsipas e n.31 de Minaur, abbia una cornice di pubblico diversa da quelli dei tornei del Qatar e della Cina, bisognerà che il vincitore si sia sbrigato alla svelta…insomma che non sia una finale troppo combattuta, guai se si chiudesse in cinque set e con qualche tiebreak.
Le regole sperimentali dell’ATP Next-Gen possono piacere o non piacere. Non piace quasi a nessuno dei giocatori il no-ad ed è stata certo divertente la battuta di Tiafoe che ha detto: “Se si giocassero tutti i tornei con il no-ad John Isner diventerebbe n.1 del mondo!”. Non piace molto neppure l’intervento del coach. Si sono schierati contro quasi tutti, da Tsitsipas – mettere l’accento sull’a per pronunciarlo correttamente mi ha spiegato la bella telecronista greca Marisa Georgitsis – a de Minaur, a Rublev. È stato un coro unanime: “Il tennis è uno sport individuale, ognuno dovrebbe cavarsela da solo”. E sì che de Minaur, che aveva fallito un matchpoint nel quarto set contro un Munar supercarico, ha ammesso di aver tratto giovamento dai consigli di coach Gutierrez all’inizio del quinto set per ritrovare calma, lucidità, focus. De Minaur che, per inciso, essendo salito da n.208 a n.31 ATP non è solo il più giovane del lotto e un sicuro “prospect”, è stato ufficializzato ieri da un referendum ATP come il “newcomer dell’anno”.
I giovanissimi che conoscono meno bene le regole più tradizionali non sono sconvolti di fronte a queste innovazioni, a differenza degli appassionati più anziani e nostalgici. Ma è vero che tutto sommato, sebbene il verdetto finale possa venire falsato dall’eccessivo appiattimento delle forze in campo (e non è un difetto da poco), la gente si diverte allo spettacolo, i ragazzini sono entusiasti e non aspettano altro che di scendere a bordo campo per farsi firmare le palle giganti distribuite qui dalla Dunlop che le ha scelte – chissà perché – di un improbabile celeste. Insomma lo show, c’è il divertimento anche, il pubblico è soddisfatto, ma sarebbe più numeroso se i biglietti costassero meno. E se gli orari tenessero conto delle difficoltà logistiche che un torneo notturno a Rho comportano. E se per i cinque giorni del torneo qualcuno si battesse per ottenere dal comune, dalla città, un orario diverso dalla metro?