Torino trova i venti milioni per puntare alle ATP Finals (Stefano Semeraro, Stampa Torino)
La sindaca Appendino è appassionata di tennis — è stata anche classificata 3,5, la vecchia terza categoria -, e chi l’ha vista in campo sostiene che il suo forte è il serve&volley, servizio e volée. Quindi ieri a Londra, dove ha guidato la delegazione italiana all’incontro con i vertici ATP per illustrare la candidatura di Torino ad ospitare le ATP Finals nel 2021/2026, è stata molto felice di incontrare Boris Becker, il re del tennis d’assalto fra Anni 80 e 90, oltre che di incrociare l’attuale numero 1 del mondo Novak Djokovic e Sascha Zverev, impegnati alla 02 Arena proprio nelle Finals di quest’anno. I due set più convincenti però la sindaca li ha giocati nelle due riunioni, la prima tecnica la seconda più ristretta, con i padroni del tennis: il presidente e Ceo dell’ATP Chris Kermode, il suo vice Ross Hutchins e il responsabile commerciale Eric Starelli. «L’esposizione e l’inglese perfetto della sindaca hanno colpito gli inglesi», spiega Guido Nepi Molineris, capo del Marketing e Sviluppo del Coni, presente all’incontro insieme con il manager della federtennis Sergio Palmieri. «Il dossier che abbiamo presentato insieme con la FIT, il Comune, la Regione e l’appoggio del governo ha mostrato come la vera sede dell’evento non sarebbe solo il Pala Alpitour (che per il tennis avrebbe una capienza di 15 mila spettatori, ndr) ma l’intera città di Torino nel suo complesso. Il progetto Torino City Lab è piaciuto e il video che ha raccontato la città nel suo sviluppo dal Barocco al Risorgimento ha fatto capire che Torino oltre alla capacità organizzativa può mettere sul piatto una storia importante». L’andata, insomma, è andata bene, ora bisognerà attendere il ritorno: nella prima settimana di dicembre il gruppo che segue gli eventi per ATP sarà a Torino per visitare il Palasport e valutare tutti gli aspetti logistici della candidatura. Se l’esame sarà superato, la città verrà inserita nella short-list di tre città che si contenderanno l’organizzazione del prestigioso Masters (così è noto il torneo che dal 1970 riunisce gli otto «maestri» di fine anno). A marzo, durante il Masters 1000 californiano di Indian Wells, sarà infine annunciata la vincitrice. «Fra le righe quelli dell’ATP ci hanno fatto capire che si fidano di noi», dice Palmieri, direttore degli Internazionali d’Italia a Roma e delle ATP Next Gen Finals a Milano. «La realtà del Foro Italico la conoscono bene, e si sono resi conto che in due anni di Next Gen a Milano gli abbiamo fatto fare bella figura, quindi non avrebbero problemi ad affidarci anche le ATP Finals». L’ostacolo resta soprattutto economico. Torino ha garantito come offerta «il minimo sindacale», ovvero 20 milioni di dollari (circa 17,7 milioni di euro, ovvero montepremi + tassa d’ingresso), ma ci sono concorrenti (Abu Dhabi, Tokyo, Singapore, la stessa Londra) che possono offrire molto di più… [SEGUE].
“Ecco perché Torino è il posto giusto per le finali dell’ATP” (Diego Longhin, Repubblica Torino)
A Londra le gare delle ATP Finals hanno attirato una media di oltre 200 mila spettatori ogni anno. E Londra sarà una dei competitor contro cui Torino dovrà misurarsi per conquistare il prestigioso torneo tennistico dal 2021 in poi. Chiara Appendino ieri è volata a Londra per presentare insieme al Coni e alla Federtennis il dossier Torino e lanciare la candidatura in vista del 15 dicembre quando sarà decisa la short list. La città vincitrice sarà invece scelta a marzo durante il torneo Indian Wells. Le ATP Finals sono l’evento più importante del circuito tennistico con i quattro tornei del Grande Slam. La sindaca ha incontrato i vertici dell’ATP – il Presidente Chris Kermode, il vice Ross Hutchins e gli advisor di Deloitte. Con Appendino Diego Nepi Molineris, direttore Marketing e Sviluppo del Coni, il direttore del Parco olimpico Daniele Donati e Sergio Palmieri, ex giocatore, storico organizzatore e manager di John McEnroe, oggi direttore del torneo degli Internazionali di Roma, delle Next Gen Finals di Milano e presidente del comitato lombardo della FIT. Il torneo muove gli appassionati di tennis e ha ricadute economiche importanti. Oltre a Londra, Tokyo, Singapore e Abu Dhabi. Sarà dura centrare l’obiettivo… [SEGUE]. «Si tratta di uno dei più ambiti appuntamenti sportivi internazionali che verrà assegnato per cinque edizioni e che porterebbe importanti ricadute sul territorio», dice Appendino. E aggiunge: «La sfida non ci spaventa perché abbiamo un Palasport attrezzato e perfetto per ospitare una manifestazione di questo livello. Possiamo contare su elevate competenze maturate nel tempo in materia di organizzazione e gestione di grandi eventi sportivi e Torino può mettere sul piatto della candidatura un patrimonio ambientale, architettonico e culturale di una città d’arte visitata ogni anno da milioni di turisti»… [SEGUE].
Sonego: “Sogno gli ATP di tennis al Pala Alpitour” (Fabrizio Turco, Repubblica Torino)
È il primo torinese a essere entrato tra i magnifici cento della classifica mondiale del tennis. Lorenzo Sonego, 23 anni, tifa perché la missione della sindaca abbia successo. Sonego, che cosa significherebbe per lei che fra tre anni l’ATP Finals possa svolgersi a Torino? «È una gran bella notizia. Per me questo diventerebbe uno stimolo in più per continuare a crescere e a migliorarmi. Ma vista più in generale il fatto di ospitare l’ATP Finals sarebbe una grande spinta per tutto il movimento del tennis. Senza dimenticare, però, che attorno al nostro sport a Torino c’è già un grande interesse». Che effetto le fa pensare che uno dei tornei più importanti dell’anno potrebbe giocarsi a due passi da casa sua? «lo ci andrei a piedi. Rappresenterebbe davvero il realizzarsi di un sogno». Lei abita proprio vicino al PalaAlpitour, vero? «lo abito vicino allo Sporting, il Circolo della Stampa, dunque sono a due passi dallo stadio del Toro e dal Pala Alpitour». Proprio allo Sporting è nato la passione per il tennis e il suo rapporto con il suo allenatore Gipo Arbino? «Sì. Mio padre mi portò allo Sporting quando avevo 11 anni e io praticamente con Gipo ho iniziato a giocare a tennis. Adesso è come fosse un mio secondo padre. Non c’è decisione che non condivida con lui, nel tennis e nella vita». Nel 2018 è risalito più di cento posizioni nell’ATP, arrivando a essere ottantaseiesimo al mondo. Avanti di questo passo all’ATP Finals 2021 potrebbe esserci anche lei. Ci ha mai pensato o resta soltanto un sogno? «Il 2018 è stato un gran bel anno ma adesso si tratta di fare il tratto di strada più complicato perché scalare i prossimi gradini sarà ancora più difficile. Ma se arrivare in alto una volta era soltanto un sogno, adesso quello è diventato il mio obiettivo. È il mio punto di arrivo, e non lo vedo neppure troppo lontano»… [SEGUE]. La carriera da tennista la costringe a una vita da pendolare. Sempre in giro per il mondo, vero? «Sì, sono appena rientrato alla base ieri sera da Londra e mi fermerò in città fino a sabato quando andrò ad Andria per l’ultimo torneo della stagione. Da quel momento mi ritaglierò quattro o cinque giorni di vacanza e poi si ricomincia con la preparazione e gli allenamenti. E a quel punto l’obiettivo sarà già puntato sugli Open d’Australia». Qual è la sua giornata tipo torinese, quando si allena? «A Torino la sveglia suona alle 7 perché alle 8,45 sono già in campo: un quarto d’ora di riscaldamento poi alle 9 in punto si inizia. Due ore di tennis, un’ora e mezza di parte atletica. E nel pomeriggio la cosa si ripete: altre due ore di tennis, e un’ora e mezza di allenamento atletico. È una vita dispendiosa fisicamente, ma io mi diverto».
Djokovic, un rullo. Travolto Zverev: “Si gioca troppo” (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)
Lesson two, per dirla all’inglese. In cattedra, Nole Djokovic. Del resto, non è il torneo dei Maestri? Questa volta il Giovin Signore Zverev non si ferma a tre game come a Shanghai a ottobre, ma comunque ne colleziona appena due in più e nel secondo set in pratica non vede palla. Sono lontani i tempi in cui la stella più brillante della Next Gen, nella finale di Roma dell’anno scorso, sorprendeva un Djoker già diretto verso la china dei tormenti mentali e tecnici che l’avrebbero accompagnato fino a questa estate: ora davanti a Sascha c’è di nuovo il dominatore, capace di resuscitare a Wimbledon e poi di collezionare 33 vittorie su 34, con tra l’altro le perle di Cincinnati (unico Masters 1000 che gli mancava), e degli Us Open. Una partita che è l’applicazione chirurgica dell’enorme forza ritrovata del serbo. Prima regola: contro un avversario che serve a 230 all’ora e mette il 71% di prime, più che rispondere è fondamentale tenere il proprio, di servizio, in attesa degli eventi. Seconda regola: se il piano rischia di naufragare, come sul 4-4 del primo set, affronta le due palle break come se non ci fosse un domani. E infatti Nole mette una prima pesante e sulla seconda chance avversa prende subito l’iniziativa ricacciando sempre più indietro il tedesco, costringendolo dopo uno scambio mozzafiato a un pallonetto difensivo che sarebbe stato miracoloso. Terza regola: le occasioni sprecate potrebbero aver intaccato la fiducia dell’avversario, perciò sii più aggressivo. Detto fatto, nel decimo game Zverev concede le prime due palle break, che sono anche set point, le annulla, ma sulla terza, dopo un Falco sfavorevole, concede il parziale con un sanguinoso doppio fallo. E così, per chiudere la contesa, entrano in ballo altri due fattori: la preparazione atletica, esaltante per Djokovic nonostante le 62 partite giocate in stagione, e la solidità mentale, aspetto che il signorino di Amburgo deve decisamente implementare, perché nel secondo set scompare e finisce per perdere gli ultimi 20 punti su 22: «Vincere il primo set — dirà sconsolato — avrebbe fatto tutta la differenza del mondo e avrebbe cambiato l’inerzia del match». Si chiamano lezioni di tennis, caro Sascha. Per di più impartite da un Djoker malaticcio causa raffreddore che si porta da Parigi: «Non è stato un grande match, ho un piccolo malanno, per questo ho cercato di essere concentrato e solido nei momenti in cui ne avevo più bisogno. Sapevo che non era facile, per certi aspetti Sascha è un battitore migliore di Isner»… [SEGUE].