Sono passate ormai due settimane ma gli appassionati di tennis in ogni angolo del globo terrestre hanno ancora negli occhi la meravigliosa semifinale del Masters 1000 di Parigi-Bercy tra Novak Djokovic e Roger Federer. Questi due assoluti fenomeni hanno offerto tre ore di tennis memorabile al termine dei quali a prevalere è stato il serbo al tiebreak decisivo. E dunque quale epilogo migliore per questo finale di stagione di un altro “fedovic” o “djokerer”? Le prospettive per un tale finale ci sono, con Djokovic e Federer che si sono qualificati per le semifinali delle ATP World Tour Finals da primi dei rispettivi gironi. Ad avere l’opportunità di far saltare il banco sono rimasti solo Kevin Anderson e Alexander Zverev, entrambi alla prima semifinale al gran ballo di fine anno. Il sudafricano, esordiente a Londra a 32 anni, ha ancora il dente avvelenato con Nole per la sconfitta nella finale di Wimbledon. Mentre il 21enne tedesco, alla seconda apparizione consecutiva, non ha nulla da perdere contro Roger.
A scendere in campo per primi alle 15 italiane saranno proprio Federer e Zverev. Nei precedenti scontri diretti lo svizzero è in vantaggio ma solo di una lunghezza, 3 a 2. L’ultimo faccia a faccia risale proprio alle Finals dello scorso anno. Ad imporsi fu Roger al terzo set, dopo due parziali molto equilibrati. Un po’ come in tutto questo 2018 il grande interrogativo riguarda più Federer che il suo avversario di turno. Quale versione dell’oramai 37enne fenomeno di Basilea vedremo in campo? Quella orribile che è apparsa nel match d’esordio del torneo perso contro Kei Nishikori? Quella decente del secondo incontro vinto contro un Dominic Thiem fuori dalla sua comfort zone? O, infine, quella convincente che ha superato lo stesso Anderson? Insomma tanto, per non dire tutto, dipende da Roger. Se si gioca al suo gioco, Zverev non ha molte chance. Ma se si gioca al tennis fatto di intensità e potenza da fondocampo al quale giocano tutti gli altri umani allora cambia tutto. Quando mantiene alte percentuali al servizio ed efficacia da fondocampo il tedesco è una eccellente macchina da tennis. Da non sottovalutare anche la sua voglia di arrivare in fondo in un appuntamento così importante, dopo un’altra stagione di delusioni Slam.
Non prima delle nove ora italiana andrà in scena invece la seconda semifinale tra Djokovic e Anderson. Il 14 volte campione Slam si avvicina al match forte di una forma smagliante, confermata dal percorso netto nel girone, e di un pesantissimo 7 a 1 negli scontri diretti. Il gigante di Johannesburg a stento ricorda la sua unica vittoria di dieci anni fa nel loro primo meeting a Miami. Poi ha sempre vinto Nole e, fatta eccezione per l’ottavo di Wimbledon del 2015, senza mai perdere un set. È andata così anche nella finale dei Championships di quest’anno. Insomma, nessuna speranza per lo squalo sudafricano? Beh sicuramente poche. Con le sue straordinarie qualità di ribattitore Djokovic è in grado di neutralizzare l’arma migliore di Anderson, ovvero il servizio, togliendogli l’inerzia dello scambio. Il sudafricano tuttavia non vive di solo servizio. Tira fortissimo sui colpi di rimbalzo e si muove in maniera straordinaria considerata la sua altezza. Grazie ad un enorme lavoro con un mental coach, in questa stagione ha acquisito grande fiducia nei suoi mezzi e un’attitudine da top player. Dovrà fare affidamento proprio su questa fiducia per picconare il muro di Belgrado. Ma, si sa, il muro vince sempre.
Djokovic-Federer: la più degna finale delle finals, quella che tutti sognano, quella che tutti vogliono. Tranne Zverev e Anderson. E anche il cugino scarso di Federer, quello che si ricorda ogni tanto che il tempo passa per tutti.