È passato un decennio dalla prima vittoria di Novak Djokovic alle ATP Finals. Era il 2008 e si giocava per l’ultima volta a Shanghai, prima del trasloco all’02 Arena di Londra. Novak aveva vinto il primo Slam della carriera a gennaio e avrebbe chiuso la stagione in terza posizione, preceduto da Roger Federer e Rafael Nadal, per la prima volta capace di conquistare il numero uno di fine stagione (ci sarebbe poi riuscito altre tre volte).
Sono passati dieci anni, un’enormità, e tutto è cambiato. O meglio, non tutto: l’ordine dei primi tre. I nomi no, sono quelli. Djokovic nel frattempo ha vinto le Finals altre quattro volte, Federer altre due e dal 2003 ad oggi è successo solo in quattro occasioni che il torneo di fine stagione finisse in mani diverse rispetto a quelle svizzere o serbe. È difficile pensare che stasera si possa aggiungere il nome di Sascha Zverev a far compagnia a Nalbandian (2005), Davydenko (2009), Murray (2016) e Dimitrov (2017). Puntare sul tedesco e vincere significherebbe vincere cinque – o sei volte – la posta giocata: tanto, per la finale delle finali.
Sulla base delle sue innegabili qualità, si può ancora provare a dare fiducia al tedesco. Sta servendo benissimo, tenendo i nervi saldi e ieri è finalmente riuscito a prendere la via della rete… senza restarci impigliato. Eppure Zverev resta un umano, mentre dall’altra parte c’è una macchina. Qualche giorno fa Sascha ha vinto appena cinque giochi contro Nole, comunque meglio dei quattro vinti da Anderson ieri. Gli era andata addirittura peggio a Shanghai il mese scorso, quando ne raccolse tre al termine di una lezione di tennis gratuita. Zverev è conscio che l’impresa sarà difficile: “Novak è il miglior giocatore al mondo ora. Bisogna giocare al massimo delle proprie possibilità per avere una chance di poterlo battere. Alla fine però, al di là di come giocherò, sarà molto complicato sconfiggerlo. Parlerò con il mio team e studieremo una strategia.” Parole pronunciate quando ancora non si conosceva il nome dell’avversario, nonostante la pattuglia dei sostenitori di Anderson fosse già in partenza estremamente sparuta. La conferenza è poi scivolata, abbastanza prevedibilmente, sul caso dei fischi post-partita. Un caso forse ingigantito dal nome del giocatore coinvolto come parte lesa, Federer, che con signorilità ha comunque tolto responsabilità al giovane avversario che, regolamento alla mano, non può né deve averne.
CASA DJOKOVIC – Nella conferenza stampa di Nole l’argomento della finale di questa sera è stato toccato velocemente, quasi en passant: “Sascha ha giocato bene, sta servendo bene nelle ultime partite. La finale sarà diversa dall’incontro nel round-robin, anche se avrò il vantaggio psicologico di averlo battuto solo pochi giorni fa, oltre chiaramente all’esperienza di aver giocato tante finali del genere. Sascha ha dimostrato negli ultimi anni perché merita di essere fra i migliori”. Quindi domande e relative delucidazioni sull’aspetto mentale (“Provo a controllare il mio destino”), su quello tecnico (“Anderson dice che non mi ha mai visto servire così bene? Sono felice, è un colpo che continuo a sempre a migliorare perché è il più importante. Credo di aver fatto la differenza anche con il colpo all’uscita”), sulla sua rinascita (“Ho sempre creduto che ce la potessi fare, al di là di tutti i problemi che ho affrontato”), e su Roger (“Mai darlo per morto. L’avete dato per morto da anni, è sempre tornato”). Quasi non fosse passato neanche un giorno da allora, il tenore delle conferenze stampa del serbo è tornato quello degli anni del dominio. Si fa fatica a fargli un appunto sensato, dal momento che in campo appare quasi imbattibile.
Zverev ha gia battuto Djokovic in passato: era lo scorso anno, era un altro Nole e la superficie era la terra rossa. Certo alla vigilia della finale degli Internazionali d’Italia 2017, che avrebbe fruttato a Sascha il primo titolo Masters 1000 della sua carriera, la sensazione era comunque che il serbo alla fine avrebbe vinto; non lo si diceva con la convinzione di oggi, poiché era un Djokovic in qualche modo incerto, ma aleggiava il solito scetticismo attorno alla prospettiva che si potesse configurare un tale sconvolgimento degli equilibri. Poi però è successo, e Zverev ha intrapreso la strada del salto di qualità, con buona lena ma senza aver ancora raggiunto il livello dei dominatori. Una vittoria del tedesco farebbe piacere ai molti a cui non va giù che tutto cambi affinché nulla cambi. Una del serbo sarebbe il coronamento di una stagione di resurrezione, di una seconda parte dell’anno da extraterrestre, e gli permetterebbe di agganciare Federer nel numero di Finals vinte. Se parliamo di statistiche, rilievi oggettivi e confronto tecnico-tattico non dovremmo aspettarci alcuna sorpresa: però è tennis, e vale sempre la pena di dare una sbirciata al campo prima del più classico dei ‘te l’avevo detto‘. Ore 19, per l’ultima finale dell’anno.