Nello stendere il commento conclusivo su queste ATP Finals 2018 l’idea iniziale è quella di far felici i lettori che vorrebbero che i miei editoriali fossero più brevi. Di sicuro sarebbe contento Lorenzo della Giovanna che li traduce in inglese per Ubitennis.net, la pagina diretta da Adam Addicott che fa un lavoro splendido con una redazione abile ma esigua.
1 – Il torneo non mi è piaciuto. Di partite davvero belle, super-memorabili, non ne ho viste. E nemmeno brutte ma almeno ricche di suspence. Niente di tutto ciò. Su 15 duelli solo Cilic-Isner ha richiesto il terzo set e nessuno dei due protagonisti è approdato alle semifinali.
2 – Tutte queste partite in due set, compresa la finale, mi sono apparse mosce, una volta che si sono sbloccate a favore del vincitore. Chi ha perso – e potrebbe essere banale osservarlo, ma non è sempre così – ha quasi sempre giocato proprio maluccio e al di sotto delle proprie possibilità. Chiunque fosse.
3 – Tuttavia questo torneo potrebbe restare nella storia del tennis perché ha battezzato un nuovo vincitore, Sascha Zverev che ha vinto il suo primo grande torneo nel modo più inatteso e chissà quanti altri ne vincerà ancora.
4 – Sascha è il solo con Murray nel Wimbledon olimpico (2012) e con la doppietta di Nadal fra Roland Garros e Amburgo 2008 ad aver battuto uno dopo l’altro Federer e Djokovic nello stesso torneo. L’impresa quindi c’è tutta. E l’avvenire è certo roseo. Può essere che diventi perfino simpatico. Nel weekend ha guadagnato dei punti, grazie anche ai ‘buuuh’ pro Federer e alla sua intelligenza nel comprenderli, pur inevitabilmente ferito e rattristato.
5 – Quando si scriverà di lui e del suo inizio carriera si ricorderà che – sebbene il suo primo titolo ATP sia arrivato nel 2016 a St. Petersburg – il suo primo grande torneo vinto è stato il Masters 1000 di Roma 2017. E queste Finali ATP 2018 sono certamente il titolo più prestigioso. Il “battesimo” romano verrà ricordato per lui un po’ come il primo successo milanese (41 titoli in tutto) di Stefan Edberg nel 1984 e il primo successo (99 titoli) anch’esso milanese di Roger Federer nel 2001. Insomma fenomeni indigeni del tennis proprio non ne abbiamo, ma li ‘scopriamo’ e li lanciamo con altri passaporti. Meglio che niente.
6 – Senza nulla togliere ai meriti di Sascha, soprattutto considerando i suoi 21 anni compiuti ad aprile, va detto che il Djokovic da lui battuto in finale non era neppure il lontano parente di quello che gli aveva dato 64 61 mercoledì scorso. Nole non aveva mai perso il servizio, aveva tenuto 36 turni di servizio cedendo la miseria di 32 punti, e in finale è riuscito a subire, dal 4 pari del primo set al 1-2 del secondo, tre break di fila. Il primo a 15, il secondo ai vantaggi, il terzo a zero. Irriconoscibile. Bravo Sascha per carità, è stato aggressivo, ha servito bene, ha giocato meglio del solito anche di dritto, però Djokovic non era Djokovic.
7 – È giusto anche osservare che la stessa cosa a parti rovesciate era accaduta mercoledì nel corso del loro primo duello: non trasformate allora le due palle break sul 4 pari – identica situazione della finale perché in tutti e due i match era stato Djokovic a cominciare a servire e a dominare i servizi, così come Zverev – Zverev era precipitato in un abisso di errori. Dall’ 1 pari del secondo aveva fatto solo tre punti, grazie a un suo ace, un doppio fallo di Nole, un unico scambio vinto in palleggio. Irriconoscibile, quella sera, era stato lui, Sascha Zverev.
8 – Insomma si è confermata questa strana tradizione, una specie di Macumba, delle finali del Masters: non sembra davvero avere una logica la statistica che racconta 10 sconfitte in finale in 19 duelli (più del 50 per cento) subite da chi aveva vinto 24/36/48 ore prima nel round robin. Zverev non lo sapeva e quando glielo ho detto ha commentato sorridendo: “Ah cercherò di ricordarmi allora, la prossima volta, di perdere un incontro nel round robin”. E Djokovic, ovviamente meno sorridente: “Psicologicamente penseresti che chi ha vinto il primo duello nel girone dovrebbe avere maggiore fiducia… sapevo che lui avrebbe cambiato qualcosa, che avrebbe giocato meglio e lo ha fatto. Io, dal canto mio, ho giocato sotto il par, in confronto con tutti i match che ho giocato questa settimana”.
9 – La finale verrà dunque ricordata più per la sorpresa, per il nome del vincitore, e l’età, che per il gioco e la suspence. Per la sorpresa perché nessuno pensava che Djokovic, dopo 35 vittorie nelle ultime 37 partite e con zero break nella 02 Arena, potesse perdere. Se i bookmaker si sbilanciavano al punto da pagare la vittoria di Zverev a addirittura a 6 – che per la verità per una finale che vedeva impegnato un giocatore capace di servire come Zverev mi pareva una quota assurda – vuol dire che tutti quelli che giocano d’azzardo la pensavano così. E anche tutti i critici. Noi compresi.
10 – Andando a ritroso nelle finali del Masters mi sono con sorpresa trovato a scoprire che pochissime finali negli ultimi anni sono state belle e interessanti. Lasciamo perdere Dimitrov-Goffin. Di certo nessuna fino al Djokovic Federer del 2012 (76 75). E tornando più indietro – ricordando che l’ultima finale giocata sulla distanza dei 3 set su 5 è stata quella del 2007 a Shanghai, noiosissima, Federer b. Ferrer 62 63 62 – è stata bellissima quella del 2005 sempre a Shanghai vinta da Nalbandian su Federer 67 67 61 62 76 e fra quelle davvero memorabili metto quella del ’96 fra Sampras e Becker (36 76 76 67 64 e il tie-break del quarto set fini 13-11!) e fra gli stessi due attori nel ’94 46 63 75 64. Non male anche quella del 1993 – Stich b.Sampras 76 26 76 62 – ma la superficie di Francoforte era troppo veloce e fu principalmente battaglia di servizi, per risalire a quella storica del 1988 al Madison Square Garden vinta da Becker con un clamoroso net sul match point nel tiebreak del quinto dopo uno scambio di 36 palleggi: 57 76 36 62 76. Fu avvincente anche quella che Lendl vinse invece su Gerulaitis rimontandogli due set di handicap e il match-point al terzo: 67 26 76 62 64. Mi piacque anche McEnroe-Ashe nel 78, anche lì con match-point annullato: vinse Mac 63 67 75. Non vidi invece quella vinta in 5 set da Vilas su Nastase sull’erba di Kooyong 1974: 76 62 36 36 64
11 – A proposito di Lendl… eh, Ivan al Masters di fine stagione ha trionfato 5 volte (su 9 finali) con la racchetta in pugno, più una volta con Murray da coach e ora con Zverev. Ivan si era qualificato 12 volte per il Masters tra il 1980 e il 1991, una più di Djokovic e Connors, due meno di Nadal che però non si è presentato 5 volte, 4 meno di Federer. In 12 presenze Lendl aveva collezionato 39 vittorie e 10 sconfitte. Non si può dire che Zverev, quando si è rivolto a lui prima di Wimbledon, abbia scelto un coach poco esperto.
12 – Queste tre sole sconfitte subite da Novak Djokovic da Wimbledon in poi sono state un gran bello spot per le finali dell’ ATP Next-Gen di Milano. A Toronto ha perso da Tsitsipas, a Paris-Bercy da Khachanov, a Londra da Zverev. Soffre la gioventù che non c’è più?
13 – Quasi di riflesso con il punto precedente… potrei dire che in generale le partite giocate a Rho dai Next-Gen sono state più divertenti di queste di Londra e il livello della finale fra Tsitsipas e de Minaur è stato migliore di una decina di incontri visti alla 02 Arena. Però giocare set con il tie-break a 3 pari e con il No-ad è tutto un altro sport. Nei match londinesi molto poco è successo di decisivo nei primi 6 game. A Milano i giovani tennisti tiravano sempre a tutta randa e c’era grande equilibrio, fino a che sul 3 pari il tie-break lo rompeva una volta per uno e un’altra per l’altro.
14 – È stata migliore la semifinale Zverev-Federer o Zverev-Djokovic? Difficile dirlo. I bei match si giocano in due. Zverev ha forse giocato meglio contro Djokovic. Djokovic ha forse giocato peggio di Federer. Con i se e i ma non si indovina lo svolgimento e l’esito di una partita, ma credo che se Federer avesse vinto il tie-break del secondo set avrebbe finito per vincere lui, nonostante fin lì avesse giocato decisamente peggio. Ma magari sottovaluto il “mentale”, la forza nervosa di Zverev perché mi lascio influenzare dal suo rendimento modesto negli Slam. Quest’anno il miglior risultato lo aveva raggiunto con i quarti al Roland Garros, dove però era stato trascinato al quinto set da avversari di poco conto.
15 – Quando Zverev, assai brillante anche nel discorso post-match, ha ringraziato sponsor, arbitri,giudici di linea e raccattapalle, mi ha percorso un fremito: e se avesse ringraziato personalmente il raccattapalle che sul 4-3 nel tie-break del secondo set contro Federer si era fatto scappar via la palla? Fossi stato nei panni degli organizzatori forse avrei fatto scendere in campo quel raccattapalle anche per la finale.
16 – Ho amato visceralmente il doppio e so che se ci fosse stata una coppia italiana mi sarei messo d’impegno per seguirlo. Invece, e me ne scuso, non ho visto una palla né un punto dal vero. Vergogna. Alla fine hanno vinto Bryan e Sock, al terzo grande titolo in stagione.
17 – Sasha Zverev è il primo “maestro” tedesco in 23 anni, da quando Boris Becker Becker battè Chang. Boris ha vinto “solo” 6 Slam ed è stato n.1 del mondo per “sole” 12 settimane – come Arantxa Sanchez! – e io credo che Zverev sia destinato a fare risultati ancora migliori. E a vincere più soldi (2.509.000 dollari ieri) dilapidandone meno. Con le donne sarà più cauto, a Boris sono costate davvero tanto. Però non lo immagino capace di conquistare altrettanta popolarità in Germania e altrove. Vincerà già uno Slam nel 2019? Sì o no, sarà certo uno dei favoriti. E fino a ieri forse non lo era.
18 – La domanda più ricorrente è però: Roger Federer si qualificherà per il prossimo Masters evincerà un altro Slam? La mia risposta è sì alla prima domanda perché non vedo 8 giocatori più forti di lui nel 2019. E no alla seconda (lieto di sbagliarmi) perché i 3 su 5 cominciano a diventare un’asticella troppo alta, soprattutto dove si fa fatica. Sull’erba, con un tabellone amico nei primi turni, potrebbe coltivare la speranziella.
19 – E Nadal? Sarà nuovamente il favorito al Roland Garros, dove potrebbe vincere per la dodicesima volta – potrebbe ma non dovrebbe, attenzione – ma non lo vedo assolutamente vittorioso negli altri Slam. Per le profezie però aspettate quelle dell’unico Mago che conta, il Mago Ubaldo.
20 – E Djokovic? Non avesse perso così male questo Masters, dando l’impressione di una qual certa fragilità mentale dopo aver invece espresso tanta solidità nel secondo semestre del 2018, l’avrei candidato ad un possibile Grande Slam. Ma queste sconfitte con gli arrembanti Next-Gen me lo fanno dubitare.
21 – Cavolo, sono andato lungo anche stavolta! Sono proprio incorreggibile.