Non si sono rivelate troppo avvedute le dichiarazioni di Keely O’Brien, da due anni a capo del Citi Open di Washington. Alla 36enne direttrice del torneo statunitense non era andata giù la scelta di Andy Murray di rinunciare a scendere in campo per i quarti di finale quest’anno, contro Alex De Minaur, dopo aver concluso a notte inoltrata la sfida di ottavi contro Marius Copil. Stretta la mano all’avversario alle tre di notte, con il proposito di tornare in campo ben meno di ventiquattr’ore dopo, lo scozzese ha preferito non rischiare di affaticare un fisico già molto provato dalla convalescenza dopo la complicata operazione all’anca. Sarebbe tornato in campo poi a Cincinnati meno di dieci giorni dopo per essere sconfitto al primo turno da Lucas Pouille.
Una scelta che sarebbe potuta sembrare poco in linea con i principi dello sport a chi non conoscesse troppo Andy e la sua storia, ma che in realtà può essere compresa senza troppa difficoltà. “Sono esausto per le fatiche di questi giorni”, aveva detto dopo aver comunicato il forfait. “Tornando da un lungo infortunio devo anche saper ascoltare il mio fisico, non giocavo su questa superficie da 18 mesi. Terminare le partite alle tre del mattino non fa bene a nessuno, vale per i giocatori, per i tifosi, per le tv ed è irragionevole pensare che poi si possa tornare in campo il giorno successivo“.
La direttrice del torneo, forse punta nel vivo dalle ragionevoli dichiarazioni di Murray, gli rispose spostando il piano della discussione sulla legittimità della sua scelta in quanto punto di riferimento per i giovani. “Spero che Andy prenda in considerazione il suo ruolo nello sport, come modello di riferimento globale per tanti ragazzi e bambini di tutto il mondo. Quando le cose si fanno difficili e le condizioni non sono buone, non è corretto rinunciare“. Accusandolo in modo più o meno velato di essere ‘scappato’ alla prima difficoltà.
La polemica è un po’ morta lì, sino a quando una sessione di domande e risposte lanciate da Murray su Instagram, dove è sempre molto attivo, ha riaperto l’argomento. Un tifoso gli ha chiesto espressamente se intende tornare a Washington il prossimo anno e lui ha risposto così:
“Probabilmente no, dopo che la direttrice mi ha fatto fare una brutta figura“, con una faccina a smorzare il tono delle dichiarazioni ma pur sempre una risposta netta in pubblica piazza.