Un incredibile nodo in gola, per Andy Murray al momento dell’annuncio e per chiunque stamattina abbia ascoltato le parole che il tennista scozzese ha dovuto far precedere da una breve camminata fuori dalla sala conferenze per attenuare la commozione. Tra non molto Murray non sarà più un giocatore di tennis, a causa dell’infortunio all’anca che aveva già compromesso in maniera evidente le sue possibilità di esprimersi ad alti livelli. Dopo circa 20 mesi divisi tra infermeria, annunci di ritorno in campo poi smentiti e quindi qualche partita, poche e sofferte, l’ex numero uno del mondo annuncia che si ritirerà perché non ha senso continuare così. Proverà ad arrivare fino a Wimbledon, ma non è sicuro di farcela.
“Non sto bene, ovviamente. Sto lottando con il dolore da molto tempo, probabilmente venti mesi, ed è abbastanza. Ho fatto tutto quello che potevo per provare a stare meglio ma non ha funzionato. Mi sento meglio di qualche mese fa c’è ancora molto dolore. È stato difficile. Non si tratta soltanto del dolore, è semplicemente… troppo. Non voglio continuare così“. Districandosi con grande fatica tra le lacrime, Andy comincia a parlare per motivare la sua scelta.
LA DECISIONE – “Ho parlato con il mio team durante la preparazione di dicembre e ho detto loro che non potevo andare avanti così, che avevo bisogno di mettere un punto perché stavo giocando senza alcuna idea di quando il dolore si sarebbe fermato. Ho detto al mio team che avrei potuto provare a continuare fino a Wimbledon perché è lì che mi piacerebbe smettere di giocare, ma ad oggi non sono sicuro di essere in grado di farlo.
NUOVA OPERAZIONE? – “L’Australian Open potrebbe essere il mio ultimo torneo. Esiste questa possibilità. Non sono sicuro di poter continuare a giocare con il dolore per altri quattro o cinque mesi. Al momento sto prendendo in seria considerazione la possibilità di sottopormi ad un nuovo intervento chirurgico, più critico rispetto a quello precedente, ma che mi consentirebbe di vivere meglio e senza dolore. Ci sono atleti che sono tornati a competere dopo aver subito questo tipo di operazione, ma ovviamente non c’è alcuna certezza. In ogni caso, non lo farei per tornare a giocare ma semplicemente per avere una qualità di vita migliore“.
“Ho giocato con il dolore all’anca destra per tanti anni. Non è semplicemente iniziato al Roland Garros durante quella partita contro Stan (semifinale 2017 contro Wawrinka). È soltanto arrivato ad un livello che non mi ha più consentito di recuperare, oltre il limite. Ci sono cose che non sono più in grado di fare sul campo. Il fatto è che potrei anche giocare con questi limiti, ma con questo dolore no. La competizione, l’allenamento, tutte quelle cose che amo del tennis… con questo dolore non riesco proprio a godermele. La lotta è anche nelle piccole cose: allacciarsi le scarpe, infilarsi un calzino… Se farò l’intervento, sarà per questo motivo. E se deciderò di farlo, mi impegnerò al massimo nella riabilitazione. Sono realista, tornare a fare lo sportivo professionista non è facile. Anche se qualcuno lo ha fatto, ad esempio Bob Bryan. Ho parlato tanto con lui. Ma ovviamente il doppio e il singolare sono due cose diverse in termini di movimento, fisicità e altro. Nessuna garanzia quindi”.
LA CARRIERA DI ANDY – È avvilente ritrovarsi a fare la conta dei successi e dei trofei di Murray l’undici gennaio dell’anno in cui Andy, tra circa quattro mesi, compirà trentadue anni. Un momento della carriera in cui ormai molti tennisti guardano al futuro con la sicura di ambizione di poter andare avanti ancora per quattro o cinque anni. Sarà invece difficile che il palmares di Murray si arricchisca in queste sue ultime settimane di tennis: l’ex numero uno del mondo, il 26esimo uomo a salire sul gradino più alto delle classifiche ufficiali, è rimasto in vetta per 41 settimane dal 7 novembre 2016 al 20 agosto 2017. Ci è riuscito spodestando Novak Djokovic grazie a una serie di 24 vittorie consecutive, la prima nella sfortunata semifinale di Coppa Davis contro l’Argentino – il suo fu l’inutile punto del 2-2, conquistato contro Guido Pella – e l’ultima proprio contro il rivale serbo, battuto nell’ultimo incontro delle ATP Finals per mantenere la leadership conquistata pochi giorni prima. A scalzarlo dal trono, nove mesi dopo, sarebbe arrivato Nadal.
Murray ha vinto 45 titoli su 67 finali disputate, laureandosi tre volte campione di uno Slam – US Open 2012, Wimbledon 2013 e 2016 – e perdendo otto finali. Lo scozzese ha vinto quattordici Masters 1000, l’ultimo a Bercy a fine 2016, sedici ATP 250 e nove ATP 500, l’ultimo dei quali rimarrà probabilmente l’ultimo trofeo sollevato nella sua carriera, a Dubai nel marzo 2017. Oltre alla vittoria delle ATP Finals che abbiamo già citato, Murray è anche l’unico tennista ad aver vinto due medaglie d’oro consecutive nel torneo di singolare delle Olimpiadi, a Londra 2012 e Rio 2016.
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