1- il tennista nella top ten del ranking ATP ad aver partecipato al turno di qualificazione alle Davis Cup Finals previste il prossimo novembre a Madrid. L’unica stella del tennis maschile ad aver giocato la scorsa settimana è stato Alexander Zverev, nonostante mesi fa avesse annunciato di avere grossi dubbi sulla sua partecipazione alla nuova versione della fase finale della Coppa Davis e abbia già confermato che non sarà in campo a Madrid. Eppure, per incoraggiare la partecipazione dei migliori, per la prima volta nella sua lunga storia, gli incontri di questa manifestazione si sono giocati sulla distanza dei due set su tre, riducendo anche da tre a due i giorni di gara (venerdì e sabato, a discapito della partecipazione del pubblico, per agevolare i giocatori, che più facilmente possono raggiungere i tornei in programma la settimana successiva). Un esperimento che si può dire fallito, vista la partecipazione di ulteriori soli due top 20 (Khachanov e Medvedev) e, soprattutto, l’assenza a vario titolo di tennisti numeri uno nelle loro rappresentative e/o ex campioni di Major che hanno dato forfait (Goffin, Djokovic, Fognini, Federer, Berdych, Wawrinka, Thiem, Raonic, Nishikori, Fucsovics). Con la loro presenza in campo, avrebbero dato interesse e spettacolo a questa fase preliminare della Coppa. Invece, il livello in generale mediocre dei protagonisti scesi in campo è stato il vero grande protagonista, ad eccezione della bella sfida tra Slovacchia e Canada, salvata dal talento di Klizan e Shapovalov e dall’esuberanza dell’emergente Roger-Aliassime. Basti pensare che sono stati sedici i tennisti protagonisti dei singolari dei dodici spareggi ad avere una classifica tra la 101° e la 200° posizione e addirittura dieci quelli, praticamente sconosciuti al grande pubblico, con una classifica ulteriormente peggiore (Borsos, Fazyev, Galan, Giraldo, Griekspoor, Horansky, Nagy, Huesler, Piros, Zhe li, Ze Zang). Provando a non avere pregiudizi, si può ben dire che la prima fase di questa rivoluzione sia stata deludente dal punto di vista tecnico – tra l’altro, vista la differenza netta di valori in diverse sfide, insolitamente ben otto sono state vinte dalla nazionale in trasferta – e anche agonistico (solo quattro si sono decise al quinto incontro).
2- i titoli WTA vinti in carriera da Dayana Yastremska, entrambi in Asia. Assieme a Olga Danilovic (che però si è fermata a quello conquistato a luglio a Mosca), è l’unica, tra le giocatrici nate dal 2000 in poi, ad avere vinto almeno un torneo. La tennista ucraina era già balzata all’onore delle cronache lo scorso luglio per essere diventata la prima giocatrice “Millennial” ad arrivare nella top 100, grazie a buoni risultati negli ITF. Dayana, anche prima tennista nata dal 2000 in poi a vincere un ITF (nel marzo 2016), nella carriera da juniores si era distinta raggiungendo la finale a Wimbledon, persa nel 2015 contro Potapova. Aveva ottenuto le prime vittorie nel circuito maggiore nel maggio 2017, quando sconfisse anche Petkovic per arrivare ai quarti all’International di Istanbul. Per riuscirci nuovamente in un tabellone principale del circuito maggiore ha dovuto attendere lo scorso agosto: nel Premier di New Haven ha sconfitto Collins. Il titolo conquistato ad ottobre ad Hong Kong (senza perdere un set) e la successiva semifinale in Lussemburgo (impreziosita dalla prima vittoria contro una top 20, Muguruza) avevano chiuso un 2018 che l’aveva lanciata nel grande tennis, grazie a un balzo di 130 posizioni (da 188 a inizio gennaio, a 58, classifica con la quale ha chiuso l’ultima stagione). Ha iniziato bene il 2019: quarti ad Hobart (fermata da Bencic, come già nell’ultimo torneo da lei giocato nel 2018) e terzo turno a Melbourne, eliminata da Serena, che in press conference l’avrebbe poi riempita di complimenti. Il terzo main draw dell’anno è stato quello giusto per bissare Hong Kong: all’International di Hua Hin è arrivata in finale, non perdendo nemmeno un set, in un cammino che le ha riservato come avversario tecnicamente valido nuovamente Muguruza (7-6 6-1) e poi tre tenniste tra la 98° e la 129° posizione: in semi Linette (6-4 6-3), e, nei primi due turni, Peng (6-1 6-4) e Rus (6-0 6-3). In finale contro Tomljianovic è stata a un passo dalla sconfitta: sotto 2-5 nel terzo ha vinto 6-2 2-6 7-6 dopo 2 ore e 22 di battaglia, mostrando anche doti caratteriali degne della nuova classifica, 34 WTA, la migliore sinora nella sua giovanissima carriera.
4- le vittorie ottenute nelle otto partite di singolare giocate: il bilancio col quale Alaxander Zverev si è presentato a Francoforte per onorare il facile impegno della sua rappresentativa contro l’Ungheria priva del suo unico top 200, Fucsovics. Il numero 3 del mondo, reduce dalla delusione di Melbourne per la netta sconfitta patita in ottavi da Raonic, non ha avuto – e non poteva averne- difficoltà contro due tennisti di livello ben inferiore al suo: Nagy e Borsos, entrambi addirittura oltre la 500°posizione del ranking. Un rapporto con la Coppa Davis che il vincitore delle ultime ATP Finals è andato migliorando nel tempo, dopo un inizio difficile (una vittoria nei primi quattro singolari giocati). Esordiva infatti ad Hannover, non ancora diciannovenne, nel marzo 2016, quando, contro la Repubblica Ceca, perdeva entrambi i singolari (contro Berdych e, nel quinto incontro, molto nettamente contro Rosol, dal quale erano separati da appena otto posizioni). Nel 2017, invece, già alle porte della top 20, da numero 1 della sua squadra era eliminato dal Belgio in un incontro teoricamente senza storia, venendo sconfitto sia in doppio col fratello Misha che in singolare, contro Darcis. L’anno scorso ha invece fatto bene in Australia, superando sia Kyrgios che De Minaur, prima però di essere annichilito nei quarti di finale a Valencia da Nadal. Nessuna rilevanza tecnica potevano avere le partite con i magiari, servite piuttosto a riabbracciare il suo pubblico (nel 2018 aveva giocato in Germania solo a Monaco di Baviera, dove vinse il torneo, e ad Halle, dove fu sconfitto al primo turno da Coric). Ora sarà interessante vedere cosa deciderà di fare a novembre e se confermerà la sua dichiarazione di non poter giocare, dopo una lunghissima stagione, a fine novembre (quando sono calendarizzate le Davis Cup Finals).
7- gli anni trascorsi dalla prima finale nel circuito conquistata da Donna Vekic: appena sedicenne, centrò nel suo primo tabellone principale a livello WTA la finale a Tashkent, persa dalla Begu dopo essersi qualificata e aver sconfitto ben tre top 100. Era dal 2006 che una sua coetanea non raggiungeva un tale traguardo (la Paszek a Portorose), sempre difficile da gestire a quella giovane età. Le aspettative su di lei crebbero ancora maggiormente quando, non ancora maggiorenne, a Kuala Lumpur, sconfiggendo in finale la top 10 Cibulkova, divenne la più giovane tennista a vincere un trofeo negli ultimi otto anni. Divenuta già 62 WTA nel 2013, ha poi avuto un fisiolofico assestamento tra il 2015 e il 2016 (chiusi entrambi fuori dalla top 100), per poi iniziare la definitiva fase di maturazione e di crescita tecnica, ancora in atto. Nel 2017 è arrivato il secondo titolo: sull’amata erba (Wimbledon è sinora l’unico Major dove ha raggiunto gli ottavi) sconfigge nell’atto conclusivo del torneo l’allora 8 WTA Konta. Inizia il 2018 da 54 WTA, un anno che non le porta titoli (arriva in finale a Washington, dove spreca quattro match point contro Kutsnetsova), ma che vede la sua lenta ma costante ascesa in classifica e nel rendimento. Progressi testimoniati anche dalle tre vittorie contro top ten ottenute durante la scorsa stagione (due volte su Stephens, una su Garcia). Il 2019 è iniziato nel migliore dei modi: con la semifinale al Premier di Brisbane ha ottenuto l’accesso nelle prime 30 per la prima volta in carriera. Ma colei che nella vita privata dal 2015 è legata a Wawrinka, non sembra avere alcuna intenzione di fermarsi: reduce dalla deludente eliminazione al secondo turno di Melbourne (contro la wc locale Birrell), a San Pietroburgo ha ottenuto la prima finale Premier della carriera. Per riuscirci, nei primi due turni ha eliminato due tenniste non nella top 100, Bacsinszky (4-6 6-1 6-3), Kudermetova (6-4 6-3), nei quarti la 2 WTA Kvitova (6-2 6-3) reduce da 12 vittorie nelle ultime 13 partite, e in semi Zvonareva (6-2 6-2). In finale ha poi sprecato un largo vantaggio nel primo set contro la Bertens, vincitrice 7-6 6-4. In ogni caso una gran settimana, che le ha regalato il 25° posto nel ranking WTA, miglior piazzamento mai ottenuto sinora.
11- gli incontri già giocati in Davis dal non ancora ventenne Denis Shapovalov. Il mancino canadese nato a Tel Aviv, ha esordito con la sua rappresentativa nel 2016, quando aveva appena compiuto 17 anni: lo fece con una vittoria, sconfiggendo a qualificazione già acquisita il cileno Garin. Nel 2017 a Ottawa, impegnato contro Edmund nel quinto e decisivo match tra Canada e Gran Bretagna del primo turno del World Group, perse una partita già in gran parte compromessa in seguito a un gesto sbagliato e sfortunato, che fece il giro del mondo tennistico . Un episodio dal quale si è saputo affrancare, sia nel circuito che con la sua nazionale, alle cui chiamate ha sempre risposto presente e positivamente. La scorsa settimana il 25°giocatore al mondo era impegnato a Bratislava contro la Slovacchia di Klizan: il bye per le finali di Madrid è arrivato grazie ai suoi due successi in singolare e nonostante la sconfitta patita in doppio (per un bilancio totale aggiornatosi a 7 vittorie e 4 sconfitte) col compagno e amico Auger- Auliassime, col quale nel 2015 vinsero per il Canada la Junior Davis Cup. La vittoria di quest’ultimo nel quinto match contro Gombos, ha portato il Canada a Madrid, dove sarà una delle squadre più giovani e temibili (specie se dovesse tornare in squadra Raonic e se i due under 20 nordamericani continueranno nel corso della stagione i loro progressi).
205- la classifica a inizio dello scorso marzo di Tamara Zidansek, semifinalista alla prima edizione del Toyota Thailand Open disputatosi a Hua Hin, località turistica balneare tailandese. Già buona tennista tra le junior (dove è stata tra le prime 20), con una lenta, ma costante salita negli Itf si è costruita la sua classifica: ne ha vinti ben 16, il primo dei quali, nel 2014 era il suo secondo torneo in assoluto tra i pro. Frenata da infortuni (nel 2016 al ginocchio sinistro, nel 2017 al tallone d’achille del piede sinistro) si è evoluta da giocatrice cresciuta esclusivamente sulla terra battuta e, grazie a una buona mobilità, ha reso il suo gioco piuttosto a tutto campo. La vera svolta della sua giovane carriera è arrivata lo scorso giugno al 125 K di Bol, in Croazia: lo ha vinto dopo aver superato tre top 100 (Tomljianovic, Schmiedlova e Linette). In seguito a quel titolo è arrivata per la prima volta tra le prime 100 del ranking, avendo curiosamente giocato in precedenza un solo tabellone di un evento WTA. Un successo capace di darle fiducia per giungere alla prima semifinale nel circuito maggiore a Mosca, dopo aver sconfitto la prima top 20 della carriera, Kasatkina. La naturale evoluzione del suo tennis l’ha portata al primo main draw in uno Slam, a New York, e alla prima vittoria in un tabellone Major, qualche settimana fa a Melbourne contro Gavrilova. A Hua Hin ha prima approfittato del ritiro di Babos, nel secondo turno ha annullato tre match point per poi chiudere a sua volta al settimo contro Brady (6-3 0-6 7-6) e, sempre in tre parziali, ha avuto la meglio su Golubic (4-6 6-1 6-2). Si è poi arresa in semifinale alla top 50 Tomljanovic (6-4 6-3), un piazzamento che le è comunque valso il best career ranking, 63 WTA.
2004- l’anno della prima convocazione in coppa Davis per Andreas Seppi. Il tennista nato a Caldaro (Bolzano) esordì perdendo sulla terra rossa di Cagliari in cinque set da Irakli Labadze in un Italia- Georgia terminato 3-2 per gli italiani e valevole per un misero primo turno del Gruppo II (la vecchia “Serie C”). Fu quella la prima di quarantacinque partite giocate da Seppi con la maglia azzurra, da quindici anni a questa parte. Vanno per la precisione esclusi il 2010 e il 2011, anni in cui fu escluso dalla rappresentativa azzurra, a seguito della sua decisione di non prendere parte nel marzo di nove anni fa al confronto programmato a Castellaneta Marina contro la Bielorussa. Ne nacque un diverbio con la federazione, risoltosi solo nel 2012, quando il bolzanino tornò a giocare per l’Italia a Ostrava, perdendo in cinque set da Stepanek. Il veterano azzurro, con le sue 24 partite vinte -20 in singolare, tra le quali la più bella è forse rappresentata dalla rimonta a Torre del Greco nel 2005, da due set di svantaggio, contro un Ferrero ancora top 20- ha avuto un ruolo importantissimo nei buoni piazzamenti azzurri nelle ultime stagioni. Un Italia prima tornata nel World Group di Davis e poi capace di raggiungere negli ultimi sei anni quattro volte i quarti di finale e in una circostanza la semifinale, persa contro la Svizzera nel 2015. La scorsa settimana a Calcutta Andreas ha avuto un ruolo da leader della spedizione azzurra nel turno di qualificazione per la fase finale della nuova versione di Davis, che si terrà a fine novembre a Madrid. Contro avversari seppur modesti, Ramanathan (133 ATP) e Gunneswaran (102 ATP), Seppi è stato decisivo per il passaggio del turno, vincendo entrambi i singolari. L’altoatesino ha giocato con sicurezza, lasciando agli indiani complessivi undici games e confermando la sua grande propensione al gioco sull’erba, molto probabilmente la migliore in assoluto, nell’era Open, di un italiano (conduce tra i connazionali la classifica relativa alla percentuale di match vinti sull’erba in carriera, grazie a un ottimo 57,6 % di vittorie).