Questa settimana mi spetta un compito difficile: provare a dimostrare che martedì scorso a proposito degli ultimi Australian Open non ho usato una definizione esagerata o campata in aria. Dunque: perché sono stati “lo Slam più bello degli ultimi anni”?
Innanzitutto rimando alle prestazioni delle due finaliste, Osaka e Kvitova, di cui ho parlato sette giorni fa. Qui aggiungo altri quattro motivi. Il primo: il torneo ha confermato, sul campo, uno degli aspetti che alla vigilia lo rendevano particolarmente interessante; ci ha offerto un ricchissimo confronto generazionale, aperto come non mai a tenniste di ogni età. Ha vinto la 21enne Osaka, contro una finalista 28enne come Kvitova. Ma la 37enne Williams è stata protagonista insieme ad altre tenniste dell’età di mezzo come Pliskova (26 anni), e Collins 25. Ma nel torneo c’è anche stato spazio per una giovanissima come Anisimova (17 anni) in grado di sfoderare una partita straordinaria contro Aryna Sabalenka (20 anni).
Secondo aspetto positivo: tutto sommato il caldo australiano non è stato di quelli terribili. A parte un paio di giorni della seconda settimana (quando però si è ovviato chiudendo il tetto), non si sono raggiunte temperature estreme, cioè quel tipo di condizioni che rendono una partita di tennis una questione soprattutto fisica, in un ambiente che porta ai limiti le protagoniste. Ricordo per esempio che lo scorso anno Simona Halep fu costretta a passare la notte successiva alla finale (persa contro Caroline Wozniacki) in ospedale a causa della disidratazione. Per quanto ammiri anche l’aspetto atletico che richiede il tennis, mi sembrano situazioni eccessive, che oltre tutto non possono favorire la qualità di gioco. Se si è spinte sull’orlo del collasso non si può certo offrire il proprio miglior tennis: e questo è un peccato sia per chi va in campo sia per chi segue il match da spettatore.
Terzo aspetto positivo: le condizioni di gioco in senso tecnico: il complesso superficie+palline+clima. Cioè quel complesso che sinteticamente viene definito come “velocità” dei campi. A mio avviso le condizioni di gioco di Melbourne 2019 hanno favorito un tennis propositivo, in cui veniva premiata chi aveva il coraggio di prendere l’iniziativa, offrendo un giusto mix tra scambi rapidi e scambi prolungati. In questo modo abbiamo evitato le situazioni dell’ultimo grande torneo affrontato, le WTA Finals di Singapore, in cui il campo troppo lento aveva allungato i palleggi a dismisura, e portato praticamente tutti i match ad essere chiusi con saldi negativi, cioè con il numero di errori non forzati superiore al numero di vincenti.
Ma alla fine gli Australian Open 2019 sono stati semplicemente anche una edizione fortunata. Nel senso che si è creata più spesso del solito quella particolare alchimia che produce match di qualità superiore; con una frequenza che davvero non ricordavo in un unico torneo degli ultimi anni. Sicuramente l’essersi disputato a inizio stagione, dopo il periodo di recupero e preparazione, ha favorito la freschezza delle giocatrici. Ma in ogni caso fatico a ricordare in un solo evento così tante partite eccezionali.
Chi legge questa rubrica con regolarità sa che alla fine di ogni stagione seleziono dieci-dodici partite degne di essere ricordate; partite ricavate dall’intero anno di tennis. Ecco, devo dire che almeno 5-6 match di questi Australian Open mi sono sembrati già degni di scalzare quelli selezionati per il 2018. La finale Osaka Kvitova, la semifinale Osaka Pliskova, il quarto tra Pliskova e Serena, l’ottavo tra Serena e Halep, il terzo turno Osaka Hsieh e quello tra Pliskova e Giorgi sono state partite davvero notevoli, ricchissime di tensione emotiva, alternanza di situazioni ma anche e sopratutto, di qualità tecnica. A questi match dovrei aggiungerne uno che purtroppo non ho seguito, ma che in molti hanno segnalato: Muguruza contro Konta (6-4, 6-7, 7-5), terminato con numeri strepitosi (Konta +9, Muguruza +22 nel saldo vincenti/errori non forzati).
Rimettendo in fila queste partite emerge un aspetto curioso: tutte si sono svolte nella parte alta del tabellone. Questa è stata una caratteristica particolare dell’ultimo Slam: la parte alta del tabellone (quella che ha portato in semifinale Osaka e Pliskova) ha offerto tantissima qualità grazie a protagoniste tutto sommato attese, mentre la parte bassa del tabellone (che ha portato in semifinale Kvitova e Collins) è stata invece quella delle sorprese e, a conti fatti, anche delle maggiori delusioni. Cominciamo con queste, per lasciare il meglio in fondo.
a pagina 2: La parte bassa del tabellone