LA PARTE BASSA DEL TABELLONE
La parte bassa del tabellone è stata quella meno scintillante sul piano del gioco. Solo Kvitova ha convinto del tutto: ha vinto sei match su sei senza lasciare neanche un set per strada, mentre tutte le altre favorite hanno finito per non essere all’altezza della situazione. E così a raggiungerla in semifinale è stata Danielle Collins, che era addirittura esordiente nel main draw di Melbourne, visto che lo scorso anno, terminata l’attività universitaria, aveva provato ad affrontare per la prima volta il torneo ma aveva perso nelle qualificazioni.
Collins ha offerto un tennis estremamente aggressivo, e grazie a questo atteggiamento ha saputo sconfiggere ben tre teste di serie. E se nel primo caso contro Goerges ha avuto un po’ di aiuto dall’avversaria (Julia non è riuscita a chiudere il match quando era avanti 6-2, 6-5 30-0 e servizio), contro Garcia e Kerber non c’è proprio stato match: 6-3, 6-2 a Caroline, addirittura 6-0, 6-2 ad Angelique. Dopo l’exploit della semifinale a Miami 2018, Danielle aveva faticato a ripetersi a quei livelli; e penso che molto dipenda dal fatto che pratica un tennis ad alto rischio, con in più un dritto non sempre impeccabile.
La mia sensazione è che per giocarsela con le più forti sia costretta a eseguire quasi ogni colpo “a tutto braccio”, senza il minimo margine di sicurezza. Per cui se non trova il momento di condizione ideale, il numero di errori cresce di parecchio e il rendimento ne risente. Contro Kvitova (semifinale persa per 7-6, 6-0) nel secondo set si è avuta la conferma che un tennis del genere per essere efficace ha bisogno che tutte le stelle siano allineate in modo perfetto, altrimenti sono dolori. Danielle comunque ha dimostrato di avere il carattere per cogliere fino in fondo le occasioni nei momenti in cui tutto funziona, ricavandone il massimo possibile.
Dunque una delle quattro semifinaliste dello scorso anno, Angelique Kerber, testa di serie numero 2 ed ex campionessa del 2016, è uscita anzitempo in appena 58 minuti di partita. Per quanto si possa dare credito a Collins, rimane comunque una prestazione sorprendentemente negativa, che andrà verificata in futuro, per capire se Angelique ha ancora il sacro fuoco dentro. Considerate le sue caratteristiche tecniche, però, più che al Roland Garros sarà Wimbledon il banco di prova più significativo.
Oltre a Kerber, e forse più prevedibilmente, è uscita anzitempo anche la campionessa in carica Caroline Wozniacki. La testa di serie numero 4 ha perso al terzo turno contro Maria Sharapova. E siccome credo che si debbano raccontare le cose sino in fondo, bisogna riconoscere che il loro match non è stato all’altezza della loro fama. 6-4, 4-6, 6-3 in due ore e 24 minuti in cui sono stati più gli errori che i vincenti. Saldo negativo per tutte e due: Sharapova -9 (37/46), Wozniacki -11 (10/21). Da questa partita sono apparsi evidenti gli attuali problemi di entrambe: Caroline fatica a mantenere quello strapotere fisico che ne faceva una maratoneta quasi imbattibile quando lo scambio si allungava. Maria invece è in perenne difficoltà con la battuta, sempre a rischio doppio fallo; una situazione precaria che finisce per minare dalla base il suo gioco. Come si è capito poi nel turno successivo perso contro Ashleigh Barty: un match terminato con un punteggio equilibrato (4-6, 6-1, 6-4) più per demeriti di Barty (paura di vincere sul 4-6, 6-1, 4-1) che per meriti di Sharapova.
Sharapova e Wozniacki sono due tenniste ancora relativamente giovani (Maria è del 1987, Caroline del 1990), ma sono i problemi fisici di natura diversa che le assillano a rendere dubbiosi sul loro futuro.
Tutto sommato, Kvitova a parte, direi che la nota più positiva della parte bassa di tabellone è arrivata da una giovanissima: mi riferisco alla prestazione offerta da Amanda Anisimova contro Aryna Sabalenka (6-3, 6-2). Alla sua seconda esperienza Slam in assoluto dopo gli US Open 2018, Anisimova ha disputato un match impressionante contro una delle favorite della vigilia. Sabalenka probabilmente non si aspettava un’avversaria così complicata, e non ha saputo adottare le giuste contromisure. Ricordo che, anche se fra le due Aryna era la più esperta, stiamo comunque parlando di una giocatrice del 1998 che si è trovata improvvisamente in difficoltà contro un’avversaria nata nel 2001.
Ma davvero quel giorno Anisimova era ispiratissima: quasi infallibile, ha giocato con una disarmante facilità nei colpi, tanto fluidi quanto pesanti, grazie a un anticipo che ha tolto il tempo all’avversaria, una prova di talento puro eccezionale. Come sempre quando si parla di teenager è presto per ipotecare il futuro, ma di una cosa sono certo: se Amanda saprà riproporre con una certa continuità questo livello di gioco, saranno dolori per tante avversarie.
a pagina 3: La parte alta del tabellone. Karolina Pliskova