Le battaglie di ace non saranno il miglior spot per il tennis, ma chi sostiene che i grandi battitori non possano regalare emozioni ha semplicemente torto. L’ultima prova è arrivata da Long Island, dove i due metri e tredici centimetri di Reilly Opelka, il tennista professionista più alto di sempre, hanno sollevato il primo titolo della carriera. Dopo tre set e soprattutto due tie-break di paura, coraggio, suspense e sì, anche un po’ di punti giocati.
Sul cemento nero del Nassau Veterans Memorial Coliseum, che dallo scorso anno ospita il New York Open, Opelka ha avuto la meglio di Brayden Schnur ma soprattutto di se stesso e del “big moment”. Schnur, canadese di ventitré anni, prima dell’arrivo nella Grande Mela per le qualificazioni non aveva mai vinto un incontro a livello ATP; con un tennis non memorabile e un carattere moderatamente estroverso, non era un nome che facesse suonare molti campanelli anche nella testa degli appassionati. Era evidente che fosse il ragazzone del Michigan, pur alla prima finale in carriera anche lui, il chiaro favorito. Le sue spalle, per due set o quasi, sembravano ampie abbastanza da reggere la pressione: aveva aperto l’incontro con un 6-1 in meno di venti minuti e, nel parziale successivo, era stato soltanto un maggior coraggio di Schnur a rete a impedirgli di chiuderla prima del settimo tie-break settimanale.
Le emozioni del match, come prevedibile, si sono concentrate tutte proprio nei giochi decisivi. Arrivato al sei pari nel secondo set, il ragazzone classe 1997 aveva mancato quattro palle break ma non ne aveva concessa neppure una. Un primo championship point in risposta gli sfuggiva quasi fisiologicamente, ma poi ne arrivava uno al servizio: per un giocatore in grado di scagliare 139 ace nel torneo, sembrava già il momento di preparare il discorso per la premiazione. E invece, dopo qualche ripetizione di un lancio di palla bloccato dalla tensione, al posto del centoquarantesimo servizio-bomba dalla Wilson di Opelka usciva un doppio fallo, così vistoso da non richiedere neppure la verifica di FoxTenn (il rivale di Hawk-Eye). Miracolato, Schnur vinceva anche il punto successivo in risposta e roteando il braccio esultava per un terzo errore dell’avversario, che significava per lui un incredibile pareggio.
Frastornato e gettato in un terzo set che non avrebbe mai voluto giocare, Opelka è stato bravo a riprendersi in fretta. Per tutto il parziale i game di servizio di Schnur si sono fatti via via più complicati, tanto che sembrava dovesse accadere qualcosa da un momento all’altro; invece si è scivolati, come l’anno precedente, al tie-break decisivo. Un tira e molla di mini-break ha portato Opelka ad altri tre championship point, uno dei quali ancora sul suo servizio, annullato da Schnur con uno scambio in cui il canadese ha messo tutto se stesso. Avrebbe potuto ricordarlo per un’intera carriera, perché subito dopo il giudice di sedia annunciava il punteggio che dava lui, per la prima volta, a un punto dal titolo. Il challenge della disperazione di Opelka rivelava però a quel punto la seconda, diabolica, sliding door della serata: il servizio di Schnur era out, andava ripetuto. E anche stavolta, quasi a farlo apposta, arrivava un doppio fallo.
A quel punto Opelka ha avuto il suo sesto championship point, e l’ace da sinistra a uscire finalmente è arrivato. La tensione si è allentata in una esultanza molto moderata, in netto contrasto con i singhiozzi di Schnur pochi minuti più tardi. Reilly non sarà un funambolo, ma la sua è una vittoria meritata: dopo aver annullato sei match point in semifinale, all’ultimo atto non ha rischiato mai, se non quando le sue gambe hanno tremato in vista del traguardo. E sebbene l’errore nello scambio sia arrivato più spesso che in un match di taglia “normale”, è stato lui a mostrare un gioco più solido da fondo campo, specialmente con il dritto e con la risposta. In senso più ampio, il titolo a New York e i suoi 250 punti ripagano Opelka per una stagione 2018 giocata soltanto per poche settimane, con peraltro due titoli Challenger consecutivi, per colpa di un infortunio al piede e della mononucleosi, che lo avevano tenuto lontano dai campi mentre i coetanei iniziavano a prendersi il tour.
“Sono stra-felice di vincere il mio primo torneo proprio negli Stati Uniti” ha detto alla premiazione Opelka, accompagnato dalla mamma come quando giocava i tornei junior. “È stata dura, ho avuto un sacco di opportunità e mi vedevo sempre avanti nel punteggio”. Eppure la partita non è finita finché non è riuscita a spremere dal tennis servizio-centrico di Reilly anche l’ultima goccia di pathos. Per il ragazzone, ormai ex Next Gen, al risveglio ci sarà da festeggiare anche il nuovo miglior ranking alla posizione numero 56 della classifica ATP. Ma soprattutto una notte di sonni sereni, senza l’incubo di quel colpo migliore che sembrava averlo tradito nel momento più importante di tutti, e che invece alla fine è tornato per farlo vincere.
Risultato:
R. Opelka b. [Q] B. Schnur 6-1 6-7(7) 7-6(7)