Le parole di Diego Nepi Molineris, direttore marketing e sviluppo del Coni, non spostano sensibilmente gli equilibri nella partita a scacchi tra parti politiche e realtà territoriali, sullo sfondo della quale ci si gioca l’assegnazione di cinque edizioni dalle ATP Finals, dal 2021 al 2025, per la quale Torino è (teoricamente) ancora in corsa. Definiscono però delle scadenze alle quali non è più possibile sottrarsi, dopo la proroga che l’Italia ha già chiesto e ottenuto: “La proroga scade venerdì 1 marzo. La commissione si riunirà il 5 marzo a Indian Wells e dopo una serie di altre riunioni, il 14 marzo annuncerà la città designata tra Londra, Singapore, Tokyo, Manchester e Torino. Se Torino ci sarà“.
Perché che la candidatura di Torino sia appesa a un filo è cosa nota. Il contributo governativo, che per l’intero quinquennio dovrebbe ammontare a circa 80 milioni di euro, non è stato ancora garantito. Non sembra rientrare tra le priorità dell’attuale esecutivo, come dimostrato dalla decisione di ritirare la candidatura di Roma a ospitare le Olimpiadi 2024 e poi di non sostenere economicamente quella di Milano-Cortina per i giochi invernali 2026. Agli appelli più o meno disperati delle amministrazioni torinesi gli esponenti del governo hanno risposto sempre in modo piuttosto freddo, quando non glaciale; in particolare il Sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti, che una settimana fa ha virtualmente chiuso i rubinetti sentenziando che ‘i soldi non ci sono‘.
Ci pensino i privati, in sostanza, se davvero ci tengono che Torino ospiti la manifestazione che riunisce gli otto migliori tennisti del mondo. Non si tratta però di uno scenario verosimile. Secondo le stime più diffuse, per organizzare al meglio ognuna delle cinque edizioni delle Finals servirebbero circa 50 milioni di euro all’anno, appena 11 dei quali dovrebbero essere messi a disposizione da sponsor e privati. Un piccolo contributo congiunto di 3 milioni verrebbe garantito da Comune e Regione, 20 sarebbero coperti da biglietti e introiti dei diritti TV ma ben 16 dovrebbero arrivare dal portafoglio del governo, che moltiplicati per cinque anni fanno 80 milioni tondi. Tondi almeno quanto, per il momento, irraggiungibili.
I PRIVATI RISPONDONO PRESENTE – Per quel poco che può contare, i privati hanno iniziato a fare la loro parte. Lunedì 25 febbraio, presso la Camera di Commercio di Torino, si è tenuto un incontro tra la sindaca Chiara Appendino e diversi rappresentanti del mondo delle imprese tra cui anche realtà di ‘sistema’ quali Iren e Intesa Sanpaolo. Ne è derivata una promessa di investimento per circa due milioni di euro all’anno, dieci in totale, per sostenere la manifestazione qualora dovesse essere assegnata a Torino.
Si tratta solo di un quinto della cifra che – secondo la stima precedentemente citata – i privati dovrebbero investire nell’evento, ma è comunque un segnale che dal governo stenta invece ad arrivare. “Ho visto grande attenzione da parte di aziende quali Lavazza e Kappa“, ha dichiarato ancora Nepi Molineris, “ma continua a mancare un passo“. A quale passo si riferisca è ormai il segreto di Pulcinella, e infatti lo svela il presidente del Coni Giovani Malagò che parla esplicitamente di ‘un problema di carattere esclusivamente politico. Noi avevamo un ruolo soltanto tecnico’.
In attesa di scoprire quali delle difficoltà strutturali della candidatura italiana siano condivise dalle altre città, unica circostanza che al momento sembra poter salvare le speranze di Torino, il rischio è quello di ritrovarsi a commentare l’ennesima occasione sfuggita già tra 48 ore.