“È stato un viaggio lungo e meraviglioso. Ho amato ogni minuto, anche se a volte è stato difficile“. Da copertina, perfette per comparire sui rotocalchi le dichiarazioni a caldo di Roger Federer, fresco vincitore del suo centesimo titolo in carriera, l’ottavo sul cemento amico di Dubai. Lo stesso torneo che nel 2002, quando lo svizzero vi partecipò per la prima volta, minacciò di multarlo per lo scarso impegno mostrato nella netta sconfitta (6-3 6-1) al secondo turno contro Schuettler. “Non ho mai pagato quella multa. Ero al secondo turno in singolare e in doppio e mi accusarono di tanking, ma giocai solo con un po’ di frustrazione gli ultimi game della partita contro Schuettler perché ero giovane e un po’ pazzo. Ero stufo del mio gioco e il direttore del torneo non fu contento di quello che vide“.
L’ATP bloccò la richiesta del torneo, e quando Roger tornò negli Emirati nel 2003 – ‘sentivo di dover dimostrare qualcosa‘, svela oggi il basilese – cominciò una serie di diciannove vittorie consecutive interrotta soltanto da Nadal in finale nel 2006, a un passo dal quarto titolo di fila per lo svizzero.
A distanza di diversi anni, sono arrivati tanti successi da permettere allo svizzero di toccare oggi quota 100, a sole nove lunghezze dal record di Jimmy Connors. “Molti dei suoi titoli sono paragonabili agli attuali ATP 250? Che importa. Sono sempre titoli“, risponde Federer senza indugi. “Oggi come oggi i 250 non sono facili da vincere, non la vedo come una considerazione che possa togliere qualcosa a Jimmy. Quello che ha fatto rimane straordinario“.
Lo è anche l’incredibile curriculum di Roger, che ammette come questa coppa abbia in effetti un significato diverso e occuperà un posto speciale nel suo cuore, se non nella sua affollatissima bacheca. “Non ho trofei speciali per il mio primo, per il 25esimo o il 50esimo. Nel mio cuore però so che ho vinto il mio 100esimo titolo qui a Dubai“.
Ma quanto vale davvero per Roger questo successo? Può essere paragonato a uno dei suoi 20 acuti a livello Major? “Onestamente non ho pensato molto al fatto che questa vittoria possa o meno essere emozionante come quella di uno Slam. Ero molto tranquillo e composto. So cosa significa ed è una grande soddisfazione, mi piacciono questi record. Molte persone enfatizzano le vittorie Slam, io gioco nel circuito ATP ed è per questo che ho vinto così tanti tornei. Sono in giro da parecchio tempo e non riposo così tanto tra una Slam e l’altro come qualcuno crede. Credo che i numeri lo dimostrino. Per questa è stata una settimana molto emozionante per me. Ad essere onesto non sono venuto qui aspettandomi di vincere. Non giocavo dall’Australia, sono contento di come il mio gioco sia progredito e di come ho giocato la finale. L’ottavo titolo qui, il centesimo in totale. Sono davvero molto, molto felice“.
C’è anche un po’ di sano orgoglio nelle parole di Roger, che vuole sottolineare come ogni titolo porti con sé un carico di difficoltà che dall’esterno è difficile immaginare. “Molte persone mi chiedono se arriverò a 109. Per rispondere a tutti: vincere titoli non è facile. Vincere cinque partite in cinque o sei giorni richiede un certo tipo di preparazione fisica. A volte puoi perdere in semifinale dopo aver giocato un gran torneo, puoi essere sfortunato con la programmazione, può succedere di tutto”.
“Puoi perdere in finale anche se l’avversario non è più forte di te” continua Roger, “semplicemente a volte è così. Per questo devi essere preparato mentalmente e fisicamente. Devi essere pronto a battere avversari diversi. Non solo i grandi difensori, non solo i grandi servitori, non solo gli attaccanti. Devi essere in grado di batterli tutti in giorni ravvicinati e per questo che devi migliorare abbastanza il tuo gioco da riuscirci e solo pochi giocatori possono farlo cinque, sei o sette volte all’anno. Devi anche imparare a convivere con il dolore; ho sentito dolore o mi sono ammalato diverse volte anche durante tornei che poi ho vinto. Alcuni di questi erano degli Slam“.
All’interno di una conferenza molto interessante in ogni suo passaggio, una delle più accorate che Roger abbia rilasciato negli ultimi anni, si spazia dal passato al futuro senza che il tono delle sue risposte cambi in modo consistente. Indotto a passare in rassegna tutte le sue vittorie, Roger ne cita qualcuna. “Il Roland Garros del 2009 fu un grande traguardo per me. Anche Amburgo 2002, quando entrai in top 10 battendo Safin in finale. Il mio primo titolo anche fu molto speciale”. Soprattutto perché arrivò dopo un paio di delusioni molto cocenti per il giovane Federer. “Persi le mie prime due finali in modo abbastanza drammatico. 7-6 al terzo contro il mio amico Marc Rosset a Marsiglia nel 2000; piansi a dirotto, lui mi disse ‘non preoccuparti, ne vincerai tanti altri’. Pensai che per lui era facile dirmi così. Poi a Basilea, il torneo di casa, volevo davvero vincere ma persi 6-1 al quinto (nello stesso anno, contro Enqvist, ndr). A Milano nel 2001 riuscii a battere Kafelnikov e poi Julien Boutter in finale. Mi sembra di aver avuto match point nel secondo set, di averlo perso e poi di aver giocato il terzo set. Ero così sollevato del fatto che non sarei più stato un ragazzo di grande talento ma senza vittorie. Potete immaginare, ripensando ad allora, quanto sia incredulo di essere seduto qui con il centesimo trofeo“.
Noi no, Roger. Ormai non siamo più increduli. Ci abbiamo fatto l’abitudine.
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