In conclusione rimane da ragionare su due nomi: Serena Williams e Naomi Osaka. Agli antipodi per età: una 37enne e una 21enne, cresciuta però da ragazzina proprio con Serena come riferimento.
Due anni fa non c’era la certezza che Williams sarebbe tornata a giocare, oggi la situazione è diversa: sono dodici mesi esatti che ha ripreso a gareggiare. E lo fa con un criterio diverso rispetto alle altre giocatrici: per lei gli impegni del Tour WTA sono propedeutici agli Slam, visto che il suo obiettivo principale (se non l’unico) è quello di diventare la primatista assoluta di vittorie Slam in singolare; Serena ne ha vinti 23, e davanti a lei c’è solo Margaret Smith Court con 24.
Detto per inciso: personalmente non considero paragonabili i due palmarès, basandosi solo sugli Slam. Ricordo che Court li ha conquistati in due ere differenti (Open ma anche pre-Open) e alcuni vittorie dei suoi Australian Open (11 in totale) non sono tecnicamente comparabili con il valore degli attuali Major. D’altra parte ritengo che la conquista del primato dei 24 titoli non sia così determinante quanto potrebbe sembrare a prima vista: ci sono tenniste, come Evert e Navratilova, che in carriera hanno rinunciato a prendere parte a molti Major, perché in quel periodo non erano considerati importanti quanto oggi. Oggi infatti sono diventati praticamente l’unico metro di giudizio per valutare una carriera, ma non era così quaranta anni fa.
Ci sarebbe molto da discutere sul criterio che basa tutto e solo sul numero di Slam. Ma per il tema di questo articolo sono considerazioni irrilevanti: ciò che conta è che questo record è diventato uno stimolo importante per Serena, un motore che l’ha aiutata a trovare le motivazioni necessarie per riprendere ad allenarsi alla ricerca della migliore condizione. I primi dodici mesi (da Indian Wells 2018) sono passati lasciando un bilancio fra luci e ombre: Serena ha preso parte a 4 Slam senza vincerne alcuno, ma comunque è già stata in grado di raggiungere due finali (Wimbledon e US Open).
E anche a Melbourne, dove è stata eliminata in un drammatico incontro da Karolina Pliskova (dopo 4 match point a favore, ed essendo arrivata a condurre 5-1 nel set decisivo), ha dato prova di essere competitiva.
Però rispetto al passato non si è più visto quel margine di vantaggio rispetto alla concorrenza che le aveva permesso di conquistare il suo ultimo Slam (i già citati Australian Open 2017) con una serie di sette partite dominate per due set a zero. In sostanza oggi Serena parte da una situazione di equilibrio con le altre favorite. Stando così le cose, significherebbe che per lei è ancora possibile vincere altri Major, ma con probabilità più basse rispetto all’epoca precedente allo stop per maternità.
A mio avviso la vera incognita per il futuro è capire che cosa preverrà nella sua evoluzione: sarà in grado di compiere un ulteriore miglioramento della forma, grazie al maggior numero di tornei disputati e alle ore in più trascorse sul campo ad allenarsi? O invece accadrà l’opposto, cioè subentrerà il declino legato all’età (Williams va per i 38 anni)? Nel primo caso il tempo le risulterebbe amico, nel secondo nemico. Difficile prevederlo; probabilmente nemmeno lei lo può sapere.
Dal suo rientro, Serena ha disputato 8 tornei senza vincerne alcuno: una volta è uscita per forfait (Roland Garros, per un problema ai muscoli addominali), le altre 7 volte per sconfitta. Due sono arrivate per mano della stessa giocatrice: Naomi Osaka. Primo match a Miami, quando Serena era ancora ampiamente in rodaggio, e dunque di importanza relativa (6-3, 6-2). Ben più significativo il secondo match, la finale degli US Open 2018, chiusa ancora in due set (6-2, 6-4).
E con Osaka si apre l’ultimo tema: il ruolo di Naomi nel futuro del circuito femminile. Perché se è vero che al momento non si può dire abbia assunto una posizione del tutto dominante, è anche vero che in pochi mesi ha vinto Indian Wells 2018, conquistato due Slam consecutivi e raggiunto il primato del ranking. Ricordo che negli anni Duemila solo cinque tenniste sono riuscite a vincere Slam consecutivi: Venus Williams, Jennifer Capriati, Serena Williams, Justine Henin, Kim Clijsters.
Anche per questo è particolarmente interessante scoprire cosa saprà fare Osaka; intanto, a breve termine, è chiamata a difendere il primo grande titolo della carriera. Infatti è stato proprio a Indian Wells che si è completamente rivelata al mondo, non solo vincendo il torneo, ma sconfiggendo nettamente lungo il cammino due delle Top 5 di allora: la numero 5 Pliskova per 6-2, 6-3 e la numero 1 Halep per 6-4, 6-0.
Dopo il successo agli Australian Open 2019, c’è stato il divorzio dal coach dello scorso anno Sascha Bajin e il passo falso di Dubai (sconfitta per 6-3, 6-3 da Mladenovic). Ma al di là degli aspetti contingenti credo che la domanda che ha cominciato ad aleggiare intorno ad Osaka dopo il successo a Melbourne è piuttosto se lei possa rientrare fra i nomi che compaiono nella tabella (vedi pag. 1) del quarto scenario, intitolato: “L’avvento di una fuoriclasse”.
E se sembra impossibile che riesca ad emulare la carriera di Serena Williams, appare però lecito chiedersi se abbia i mezzi per vincere altri Slam, e raggiungere quantomeno figure forse non di fuoriclasse, ma sicuramente di campionesse come Clijsters, Sharapova o Hingis (con quattro-cinque Slam in carriera). Non dimentichiamo che si tratta di una giocatrice di appena 21 anni (é nata il 16 ottobre 1997), con aspetti tecnici ancora migliorabili, a partire dalla verticalizzazione dello scambio (con colpi quali volèe, palle corte etc), e forse in grado di affinarsi ancora anche sul piano fisico.
Intanto nei prossimi impegni sul cemento americano avremo un primo test che metterà alla prova la sua tenuta psicologica. Perché probabilmente sarà l’attrazione principale dei due tornei: sarà attentamente osservata per capire se ha superato il momento difficile post-Slam, se funziona la collaborazione con il nuovo coach Jermaine Jenkins, e se riuscirà a reggere la pressione di appassionati e media. E anche perché, con i mille punti in scadenza della vittoria dello scorso anno, occorrerà fare discreti risultati nel Sunshine Double (Indian Wells e Miami) per mantenere il primato nel ranking.
Del resto questa è la vita della numero 1 del mondo: una carriera appagante per molti aspetti, ma certo non priva di stress. E la forza mentale è un aspetto indispensabile per riuscire (oppure no) a raggiungere risultati tali da trovare posto accanto alle grandi figure del passato.
Come già lo scorso anno, questa rubrica non uscirà martedì prossimo e tornerà fra due settimane, al termine di Indian Wells.
Buon torneo a tutti.