Bianca Andreescu è la prima wild card nella storia di Indian Wells a centrare la finale. Prima di lei ci erano andate vicino Serena Wiliams nel 2015 e Martina Hingis nel 2006, fermandosi in semifinale; Bianca ha invece superato anche il penultimo ostacolo, diventando la prima canadese a qualificarsi per la finale nel torneo californiano. “Uno dei miei obiettivi è quello di fare la storia e l’ho appena fatto, è incredibile”. Questo per riassumere la convinzione e la decisione con la quale la 18enne scende in campo, pur senza mai perdere il contatto con la realtà. In semifinale ha battuto in tre set Elina Svitolina con una prestazione di grande tenacia, come ha sottolineato in conferenza a fine partita: “Nel terzo set ho mantenuto il mio atteggiamento, quantomeno ci ho provato. Mi sono caricata e ho cercato di mettere a segno i miei colpi. Ci sono stati tanti momenti cruciali; nella mia testa sono passate così tante emozioni. Sono senza parole“.
Oltre alle traiettorie insidiose della sua avversaria, a metterle i bastoni fra le ruote ci hanno provato anche i crampi, ma Andreescu sembra avere una soluzione anche a quello. “Credo che i crampi mi siano venuti per via dello stress, ma mi erano già capitati tanti momenti del genere in passato, giocando eventi minori e a livello junior. Quindi avevo dei buoni presentimenti su come avrei gestito la cosa. Respirare mi aiuta molto quindi ho fatto un paio di respiri profondi e ho cercato di non arrabbiarmi con me stessa. La cosa ha funzionato davvero”. E forse ha funzionato anche perché Bianca può contare su un asso nella manica la cui utilità trascende il semplice miglioramento dell’efficienza nella pratica sportiva. Come vi abbiamo già raccontato, si tratta della meditazione.
Con l’arrivo dei mental coach sulle panchine di molti sportivi non sorprende che anche questo strumento si stia affacciando sempre più di frequente nello sport professionistico. “La meditazione” ha spiegato Bianca, “è una cosa importante che mi ha sempre aiutata a restare positiva e concentrata. Non mi piace entrare troppo nei dettagli, è un mio segreto. Dirò solo questo: la mattina seguo una tecnica di visualizzazione creativa. Dura solo quindici minuti. Un tempo la facevo per ore e ore, ma ho scoperto che quei quindici minuti mi aiutano davvero e non mi portano via troppo tempo. Mia mamma mi ha introdotto a questa pratica quando avevo 13 anni e da allora l’ho sempre fatta”.
La strada che ha portato la numero 60 del mondo fino alla finale, però, si è rivelata sin da subito una ripida salita. Già dal match di esordio infatti sono iniziati i problemi contro la romena Irina Begu, capace di sottrarle il primo set al tie-break. “Ho seriamente pensato che avrei perso al primo turno perché ho iniziato male ed ero molto nervosa. Non avevo mai giocato a Indian Wells in uno stadio così grande; rientrare nel primo set mi ha dato fiducia (era sotto 5-1 ndr). Mi faceva anche male la schiena, sono stata davvero fortunata che abbia retto. Ho imparato molto da quella partita e ho messo in pratica questi insegnamenti durante tutto il torneo“.
Da analista provetta delle sue stesse prestazioni, per non sovraccaricarsi di stimoli preferisce accantonare il tennis quando sta lontana dal campo: “Cerco di non guardare troppo tennis durante il tempo libero. Se c’è un bel match in TV lo vedo, ma di solito è prima di una mia partita contro qualcuno che studio il suo gioco su YouTube”. Chissà se avrebbe mai immaginato di trovarsi così presto di fronte alla necessità di scavare tra i segreti dei fendenti mancini di Angelique Kerber, l’avversaria che le contenderà il trofeo del BNP Paribas Open 2019. Ha un giorno di tempo, dovrà farselo bastare.