[7]D.Thiem b. [13]M.Raonic 7-6(3) 6-7(3) 6-4
da Indian Wells, il nostro inviato
In tribuna stampa ancora si mormora per la delusione dell’annuncio del ritiro di Rafa Nadal, intorno a noi chi ha pagato come minimo 300 dollari per il biglietto delle semifinali ne ha parecchi di motivi in più. La partita che apre (e chiude, per quel che concerne il singolare) il programma del campo centrale, quindi, si gioca per incontrare Roger Federer nella finale di domenica. Milos Raonic e Dominic Thiem (precedenti, 2-0 Raonic, Cincinnati e ATP Finals entrambe nel 2016) si mettono da subito a far vedere il loro tennis più caratteristico, attacchi continui al seguito di servizi e dritti fulminanti per il canadese, gran botte e pressione altissima da fondocampo per l’austriaco. Ne esce un primo set molto divertente, in cui non si vede l’ombra di una palla break, ma tanti bei punti vincenti da parte di tutti e due. Io non mi stancherò mai di sostenere che Milos, legnoso e poco elegante nei movimenti finchè si vuole, rimane uno dei pochissimi attaccanti puri del circuito a questo livello, quindi spettacolare per definizione. Se poi, dall’altra parte, hai un bombardiere che spara passanti vincenti col rovescio a una mano difendendosi dal serve&volley quasi sistematico, a tratti sembra davvero di essere tornati indietro nel tempo. Giunti al tie-break in modo regolare che di più non si può, all’improvviso Raonic combina la proverbiale frittata: doppio fallo, smash fallito, un paio di discese poco convinte punite da Dominic, e il 7-3, con conseguente vantaggio di un set a zero per Thiem è servito.
Fa caldo, forse per la prima volta in queste due settimane qui in California, la palla viaggia veloce e rimbalza alta. Tatticamente, è interessante l’utilizzo dello slice da parte di Milos, per togliere ritmo al palleggio di Dominic. Thiem, invece, mischia le carte variando in modo evidentissimo la posizione in risposta, sta avanti sulla prima a costo di rischiare l’ace in faccia, indietregga sulla seconda, per permettere ai gran kick di Raonic di “scaricarsi” specialmente quando deve impattarli di rovescio. Così facendo, però, a volte facilita le chiusure a rete del canadese, un’interessante partita a scacchi tra battuta, ribattuta e volée insomma.
Nel quarto game del secondo set arriva la prima palla break in assoluto dell’incontro, per Dominic, cancellata da un ace di Milos a 137 miglia all’ora, poco più di 220 kmh. Ma anche Thiem sta avendo una gran giornata al servizio, oltre l’80% di prime in campo, con cui fa l’86% di punti, praticamente intoccabile. Senza rischi per chi batte, si arriva di nuovo al tie-break: un nastro assassino in favore di Milos, sul 4-3 per lui, gli dà un minibreak, il vincente di dritto gliene dà un secondo, e il set è finito, 7-3, si va al terzo. Meglio per il pubblico, lo stadio è tutto esaurito, gran cornice, sarò maligno io ma non credo che sarebbe stato così se la seconda semifinale in programma fosse stata Hurkacz-Khachanov.
A conferma di una seppur minima superiorità di gioco in generale di Thiem, nel quinto game una leggerezza a rete di Raonic gli costa la seconda palla break da affrontare, non gli entra la prima, e sullo scambio conseguente è lui a sbagliare ancora, allo scoccare delle 2 ore e 5 minuti ecco il primo break della partita. Dominic esulta come avesse già vinto, e in effetti per quanto si è visto finora (nessuna palla break concessa, Milos ai vantaggi solo un paio di volte in tutto) potrebbe essere così. Il tennis, però, è uno sport tremendo dal punto di vista mentale: da zero palle break concesse nell’intero confronto, al servizio per il match sul 5-4 Dominic ne concede una di puro “braccino”, se la gioca con una palla corta poco sensata, ma viene graziato da Milos che manda lungo uno slice facile in modo imperdonabile. Poco dopo, una volée di rovescio vincente manda con merito Thiem in finale con Federer, i precedenti sono 2-2, per Dominic è la terza finale Masters 1000 (dopo Madrid 2017 e 2018), la prima sul cemento.