2. Un nuovo cambio campo per Elina Svitolina
Nono giorno del torneo, 12 marzo 2019: si gioca il quarto turno fra Elina Svitolina e Ashleigh Barty, e non è una partita qualsiasi. Se dovesse vincere Barty, infatti, per la prima volta in carriera entrerebbe in Top 10; per la combinazione dei risultati in corso scavalcherebbe Serena Williams, virtualmente davanti per soli 11 punti (3406 a 3395).
Malgrado i precedenti siano tutti a favore di Svitolina (4-0), la partita è lottatissima, tanto che diventerà il match WTA più lungo del 2019: 3 ore e 12 minuti complessivi (7-5,(8), 5-7, 6-4).
Per gli organizzatori, però, il confronto non merita un palcoscenico di primo livello, visto che viene programmato allo Stadium 4. Ma quello che è davvero sorprendente è ciò che accade nel finale di terzo set, proprio mentre si stanno per disputare i game conclusivi. Durante il cambio campo invece della solita musica (che ormai è suonata in quasi tutti i tornei), viene trasmesso dagli altoparlanti un intrattenimento verbale, in cui si raccontano le vicende della vita privata di Svitolina: di come sia legata a Gaël Monfils, del fatto che anche Monfils sia ancora in corsa nel torneo, e quindi tutti e due potrebbero aspirare a vincerlo “in coppia”.
Insomma: un mix di gossip e di notizie che riguarda la giocatrice impegnata nel match, diffuso a tutto volume proprio mentre sta per affrontare i punti decisivi. Dalla TV non è facile interpretare l’espressione di Elina, che comunque dopo qualche secondo si copre la testa con l’asciugamano, mentre lo speaker/DJ si dilunga sull’argomento.
È la prima volta che mi trovo di fronte a una situazione del genere. Di certo il legame tra Svitolina e Monfils è stato ampiamente pubblicizzato, anche dagli stessi protagonisti; dunque non si può dire sia stata violata la privacy. Però esiste comunque un criterio di opportunità: Svitolina era ormai da tre ore in campo, impegnata in un match particolarmente duro ed equilibrato. D’altra parte anche la sua avversaria Barty era alla ricerca di un traguardo estremamente significativo come l’ingresso in Top 10; e quello era proprio il momento cruciale della partita.
Forse la mia è una preoccupazione eccessiva, o forse sono gli organizzatori statunitensi che hanno l’ossessione di spettacolarizzare ogni istante, come se la semplice partita di tennis non fosse sufficiente. E ricordo che sempre negli Stati Uniti, agli US Open 2015, era stata sperimentata l’intervista durante il match, effettuata il quel caso da Pam Shriver a CoCo Vandweghe dopo che aveva vinto il primo set contro Sloane Stephens (CoCo avrebbe vinto il match per 6-4, 6-3).
Probabilmente qualcuno mi darà del talebano, eccessivamente preoccupato della purezza della competizione; del resto a me già da fastidio la musica ai cambi campo. E mi rendo conto che sul tema della musica “di riempimento” si rischia di allargare troppo il tema: per esempio a come nella nostra vita quotidiana ci venga sempre più spesso imposto un sottofondo sonoro non necessario in tante situazioni sociali: nelle sale di aspetto, nei grandi magazzini, al ristorante… Sta di fatto che nei tornei di tennis si è ormai consolidata l’idea che le canzoni (di solito pop o dance) siano un elemento divertente per gli spettatori. Cominciare però a raccontare gli aspetti privati dei giocatori a match in corso mi sembra davvero troppo.
Anche per questo rimango dell’idea che la soluzione migliore per i cambi di campo sia ancora quella di Wimbledon: il semplice silenzio.
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