[12] A. Barty b. [5] Ka. Pliskova 7-6(1) 6-3
da Miami, il nostro inviato
Sia Karolina Pliskova che Ashleigh Barty entrano in campo nell’assolato pomeriggio di Miami per giocare la prima finale Premier Mandatory della carriera. Karolina potrebbe vincere il secondo titolo dell’anno, 13esimo in tutto, Ashleigh potrebbe diventare la vincitrice diversa numero 14 in altrettanti tornei WTA del 2019 (se ci mettiamo anche l’ATP, finora in questa stagione 32 eventi hanno avuto altrettanti vincitori differenti). La ceca è già certa di arrivare al n°4 della classifica, se solleverà il trofeo sarà n°2 a soli 91 punti da Naomi Osaka, l’australiana è sicura del numero 9, che non migliorerà in caso di vittoria, ma era da giugno 2013 che l’Australia non aveva una top-10 (all’epoca, era Samantha Stosur). I precedenti sono 2-2, ultimo match un 6-4 6-4 per Pliskova allo US Open dell’anno scorso. E alla fine, sarà Ashleigh a spuntarla, su una sfinita Karolina, che ha retto solo il primo set.
Come in tutte le partite che propongono un chiaro confronto di stili, non ci sono grandi sorprese dal punto di vista tecnico e tattico: entrambe cercano semplicemente di fare il proprio gioco al meglio. Karolina, quando è in palla, a tratti risulta semplicemente incontenibile, e se ne è ben accorta Simona Halep l’altro ieri. Ashleigh deve opporsi con tutte le variazioni possibili, in altezza, con le rotazioni, con gli angoli stretti, perchè sullo scambio di ritmo verrebbe spazzata via. Sull’1-1 Pliskova piazza un paio di belle bastonate delle sue, una palla corta, e brekka Barty, senza grandi colpe dell’australiana, che però sta sbagliando qualcosa di troppo, e non se lo può assolutamente permettere. L’unico colpo su cui Ashleigh rivaleggia in potenza e precisione con Karolina è la prima palla di servizio, da cui entrambe ricavano alte percentuali di punti.
Ashleigh è molto brava nel sesto game, quando alza l’aggressività in risposta e controbrekka l’avversaria, poi entrambe tengono la battuta senza grossi scossoni, alternando belle cose (lungolinea di Karolina, affettate e tocchi di Barty), a errori anche di tensione, sentono la partita e si vede. Si arriva così al tie-break, dove è Ashleigh a fare la differenza: una splendida sequenza di palla corta vincente, dritto d’attacco in controbalzo, e ace esterno manda (tennisticamente) al tappeto Pliskova, che cede 7-1 senza opporre resistenza. Gran fiammata dell’australiana, vantaggio di un set a zero meritato.
Karolina pare aver accusato il colpo, nel primo game del secondo set, lottatissimo (20 punti), dopo esseresi salvata da 4 palle break, manda un brutto rovescio lungo e largo alla quinta occasione, consegnando il turno di battuta a Barty. Ashleigh si esalta, sale ancora di livello, e oltre al suo ottimo gioco di variazioni, contenimento e contrattacco, si mette pure a tirare diversi vincenti lungolinea, in un attimo siamo 2-0. Tra un set è l’altro, Conchita Martinez era scesa a consigliare Pliskova, esortandola a fare attenzione al lancio di palla e ad alzare di più il gomito nella preparazione del servizio. Ma le difficoltà della ceca continuano, così come gli errori gratuiti da fondocampo, sembra davvero fuori palla ora Karolina, il sospetto è che questo sia esattamente il risultato a cui puntava la furba e brava Barty. Dalla tribuna laterale possiamo vedere molto bene le traiettorie, ed è un’ora e un quarto che a Pliskova non arrivano due palle di fila con la stessa velocità, altezza o rimbalzo. Per di più, Ashleigh è molto ispirata con lo slice di rovescio, le rasoiate tanto a fil di rete da provocare l'”Oooh” collettivo dello stadio si sprecano, le palle rasoterra sono un bel problema da risolvere per le lunghe leve di Karolina. Di classe e orgoglio Pliskova annulla due palle del secondo break nel terzo game, la seconda con un lungolinea di rovescio da applausi, accorcia 2-1 (altra battaglia da 18 punti totali), e richiama Conchita, che cerca di consolarla in un momento di evidente sconforto. “Sono molto stanca“, dice Karolina alla sua coach. “Al massimo c’è ancora da giocare un’ora, un’ora e mezza, metti in campo tutto quello che hai, e vediamo che succede“, replica Martinez.
Purtroppo per Pliskova, però, Barty non accenna a diminuire la pressione sia tecnica che psicologica, in un attimo tiene la battuta del 3-1, la ceca è brava a reggere e a rimanere in scia, 3-2. Il problema è che Karolina sta soffrendo e lottando quasi in ogni suo turno di servizio, e fisicamente la si vede sempre meno brillante, mentre Ashleigh va via liscia un game dopo l’altro grazie anche a 15 ace. Si arriva così al 5-3, con Pliskova alla battuta per salvare la partita: Karolina ormai non si muove più, va sotto 0-40, e al primo match point spara fuori il dritto che consegna il primo titolo Premier mandatory ad Ashleigh, molto carina anche nella compostezza della sua celebrazione, rendendosi conto che alla fine l’avversaria non aveva più una goccia di energia. Finisce così la stagione WTA sul cemento nord-americano (le ragazze andranno a Charleston su terra verde, e a Monterrey sul duro), con la vincitrice diversa numero 14, bravissima Barty.
“Ringrazio il mio team che mi mantiene in forma e mi aiuta a fare tutto“, dichiara felicissima Ashleigh a fine partita. “Non sarei nemmeno la metà della giocatrice che sono senza di voi“.
Un’ultima riflessione che può darci questo “Sunshine Double” al femminile è che le cosiddette “sparapalle” moderne non ne escono benissimo, con i due super-tornei vinti da giocatrici che affettano, variano e smorzano spesso e volentieri (Ashleigh e Bianca Andreescu), oltre che tirare forte e basta. Chissà, potrebbe essere una nuova interessante tendenza tattica, lo vedremo nelle prossime settimane. Per ora, da Miami è tutto.