Se si volesse provare a dividere le tenniste WTA in due categorie differenti, in base allo stile di gioco, quello che si otterrebbe approssimativamente è qualcosa che non si discosta molto dalle figure di Karolina Pliskova e Ashleigh Barty, che si sfideranno sabato alle 18:00 nella finale di Miami. Da un lato abbiamo una giocatrice, la ceca, alta e dotata di colpi molto potenti a partire dalla battuta (similmente a Osaka, Kvitova, Sabalenka), mentre dall’altro c’è un personaggio molto più mobile in campo – anche in direzione verticale – che fa della varietà di colpi e dell’effetto sorpresa una delle sue armi vincenti (vedi Sevastova, Kasatkina, Hsieh).
Le due hanno già condiviso il campo da gioco per quattro volte (due sull’erba di Nottingham e due sul cemento) e le vittorie sono equamente divise, anche per quanto riguarda le superfici. Il grande equilibrio che c’è in questa piccola rivalità lo si evince inoltre leggendo i risultati: due volte si è andati al terzo set e in totale ci sono stati cinque tie-break (3-2 per Barty). Il precedente però che fa più testo è, come spesso accade, il più recente, e lo scorso anno sul cemento americano degli US Open l’australiana non è mai entrata veramente in partita.
Ovviamente ‘Ash’ spera di non ripetere una prestazione tanto opaca in Florida e l’aver vinto la semifinale in maniera sbrigativa è stato d’aiuto. In effetti, contro Anett Kotaveit, il principale avversario sembra essere stata la pioggia: “Non possiamo controllare il meteo e ogni tanto la cosa può diventare stressante. Puoi solo cercare di restare calma e sfruttare al massimo i tempi morti, e appena si torna in campo avere la mentalità giusta”. Per raggiungere la prima finale Premier Mandatory della carriera infatti, Barty ha dovuto fare i conti con condizioni atmosferiche avverse che hanno ritardato di diverse ore lo svolgersi della partita. “Per me i ritardi non sono molto stressanti. Abbiamo una stanza in cima e stavamo lì a guardare il golf, il che è stato bello per staccare un po’. Potevamo comunque vedere quanto rapidamente si stessero asciugando i campi”.
Diverse condizioni meteo comportano inevitabilmente delle modifiche anche al modo in cui ci si approccia alla partita e la n. 11 del mondo l’ha imparato in corsa. “Di solito qui fa caldo ed è molto movimentato, mentre il meteo ha cambiato le cose drasticamente. Mi ci è voluto un po’ di tempo per accettare il fatto che non potevo giocare nel modo in cui avrei voluto. Ma ho fatto il meglio con quello che avevo e ho portato a casa un paio di turni di servizio molto tirati nelle fasi cruciali”. Contro Karolina invece, la stessa Barty riconosce la necessità di dover imporre il suo gioco, il suo “brand of tennis”, che grazie a colpi tagliati e discese a rete improvvise potrebbe davvero mandare in tilt la ceca.
Ad aver subìto molto di più l’influenza della pioggia è stata Pliskova, che in vantaggio 7-6 5-0 contro Halep si è vista costretta a rientrare negli spogliatoi, e nonostante il largo vantaggio è comunque rimasta sulle spine. “Non ero triste di rientrare ma avrei voluto finirla lì, perché mi sentivo ‘in the zone’. Tutto può accadere, si tratta sempre di tennis. 5-0 è tanto […] ma penso che lei avrebbe potuto giocare meglio. Forse era frustrata per il primo set dove le cose non sono andate nel suo verso”.
In questi ultimi tempi Simona e Karolina si sono allenate svariate volte insieme – principalmente su richiesta della romena -, ma conoscersi più a fondo non sembra essersi rivelato un vantaggio per entrambe perché, come ha spiegato la ceca, “nella maggior parte degli allenamenti continuo a perdere. E stavo pensando che forse non dovrei allenarmi con lei perché non vedo come la cosa possa essermi d’aiuto. Ma è sempre fantastico fare due tiri con Simona, non le dico mai di no perché non importa quanto io giochi male, lei è sempre lì a lottare e a farti colpire quella palla in più che in allenamento fa sempre bene. Ma tutto sommato non penso di aver trovato un piano per batterla, perché lei ne ha solo uno: correre e riprendere tutte le palle. Se commetto troppi errori non ho chance. Nel mio caso tutto deve funzionare alla perfezione, servizio, dritto, rovescio, altrimenti se c’è qualcosa che non va lei lo scoprirà e andrà a cercare proprio quel colpo”.
Per quanto riguarda la sua prossima avversaria, anche in questo caso l’unico precedente che ha lasciato traccia – nella memoria di Karolina – è quello di New York, e la tennista ceca riconosce la grande versatilità nel gioco di Barty: “Lei ha uno stile completamente differente rispetto alle altre ragazze che ho affrontato qui. Quindi questa volta non si tratterà solamente di me, perché in fondo finora molti match dipendevano più da me stessa“. Insomma si direbbe quasi che la n. 7 del mondo abbia fatto un passo in avanti verso quel processo di auto-accettazione che in molti le richiedono, e la maggior ampiezza di vedute emerge anche da altre parole: “Dovrò riconoscerle i meriti quando giocherà bene e so comunque di poterla battere. Ho giocato alla grande a New York quindi cercherò di ripetermi. Si risolverà tutto in un paio di punti, un paio di occasioni, e i piccoli cambiamenti avranno grande importanza”.
E proprio di questi piccoli cambiamenti si sta occupando Conchita Martinez, l’ex campionessa Slam da diversi mesi ormai stabilmente nel team di Pliskova, anche se ci sono certi aspetti che quest’ultima non riesce ancora a mandar giù. “Non stiamo proprio lavorando sull’aspetto difensivo, non è qualcosa sulla quale io mi allenerei. Sicuramente sto cercando di correre di più. Forse prima c’erano delle palle che avrei solamente guardato passare via mentre adesso cerco di fare un passo o almeno un movimento; questo è positivo. In ogni caso ho corso molto questa settimana con tutti questi dropshot, quindi penso di essere pronta”.