Quest’ultima fase della carriera di Roger Federer è un pendolo che oscilla tra l’utopia che possa durare in eterno, illusione in qualche modo foraggiata dalle sue vittorie, e la concreta prospettivo del suo ritiro, che ogni giorno si avvicina. Di quanto, non è dato saperlo; si cerca di cogliere segnali da ogni intervista rilasciata dal campione svizzero, che sul tema è però sempre rimasto piuttosto cauto per ovvie motivazioni. L’intero carrozzone retto dal management ATP, oltre ai suoi sponsor, trema all’idea che un giorno si dovrà fare a meno di lui e certo preme perché si attenda l’ultimo minuto utile ad annunciare le modalità e i tempi del suo ritiro. Basti vedere come reagisce ancora oggi il pubblico all’ingresso in campo di Federer sul campo adiacente: congedandosi in massa per andare a vederlo, anche se significa abbandonare un match di qualità che vede in campo due under 21, uno dei quali tra i più spettacolari del circuito.
Un pizzico più prodigo è stato Roger ai microfoni di ESPN, poco dopo aver conquistato i quarti di finale al Miami Open. Tra le sue dichiarazioni forse la più rimarchevole è l’ammissione che da diversi mesi ormai riesce a scendere in campo senza l’ausilio degli antidolorifici. A quasi 38 anni, non è impresa più banale che vincere il centesimo torneo. Di seguito la traduzione delle parti salienti della sua intervista per la televisione statunitense.
NUOVI SLAM E L’OMBRA DEL RITIRO – “Non so se riuscirò a vincere un altro torneo dello Slam. Anni fa ero nella stessa situazione, e anche allora non sapevo se ce l’avrei fatta di nuovo. Poi ne ho vinti altri tre… Sicuramente sono stato fortunato nel fare le cose giuste, avevo un team fantastico con me, sono riuscito a rimanere positivo mentalmente e ce l’ho fatta. Poi ho in qualche modo cavalcato l’onda della fiducia, e la fiducia è un fattore così importante nel tennis, e nello sport in generale… Quanto giocherò ancora? Mi piacerebbe saperlo. Non voglio dire che vado giorno per giorno, ma di sei mesi in sei mesi sì. Non stiamo pensando al ritiro. Perché più ci penso, più ne parlo, e più mi sembra di avvicinarmi a quel momento. Non c’è niente di pianificato in questo momento. So che si parla molto di Tokyo 2020, ma non c’è niente di vero. Sono semplicemente felice di essere in salute“.
ROGER DIREBBE BASTA SE… – “È una combinazione di varie cose. Se la mia famiglia non fosse felice. Se sentissi troppo dolore, perché non sarebbe più divertente. O se il mio fisico non mi permettesse più di competere a questo livello. Se sentissi di non poter più vincere i tornei. O di non riuscire più a battere i migliori giocatori“.
CORPO E MENTE – “Dal punto di vista fisico, da mesi ormai riesco a giocare senza antidolorifici, che alla mia età è una grande cosa. Penso di essere molto fortunato a sentirmi così in questo momento. Firmerei per sentirmi così per il resto della mia vita. L’aspetto mentale invece, per me non richiede un grande sforzo. Mi piace viaggiare, passo bei momenti nel Tour e allenarmi non è un problema. Fare fotografie, firmare autografi, rilasciare interviste… sono tutte cose normali per me. E riesco sempre a motivarmi in vista di un altro allenamento, di un’altra partita. Diventerebbe tutto più difficile se non mi sentissi bene, se non riuscissi più a trovare il mio gioco. In quel caso allora inizierei a sentirmi infelice per i miei risultati sul circuito”.
‘ANIMALE’ DA COMPETIZIONE – “Amo giocare a tennis. La competizione mi piace più dell’allenamento. Anche se ho imparato a divertirmi in allenamento perché c’è sempre qualcosa da migliorare, il tennis è molto interessante da questo punto di vista. Ma alla fine, sono un giocatore da partita. Ho sempre voluto essere sul campo da gioco, non su quello da allenamento“.
QUOTA 100 – “La cosa che mi piace dei miei 100 titoli, è che non ho giocato solo negli Slam. Tutti parlano degli Slam, ma ci sono anche tutti gli altri. Sono quasi i tornei che preferisco, sono più personali, più piccoli, sei più vicino ai tifosi“.
‘RELAX MODE ON’. L’UOMO E IL GIOCATORE – “Per me è l’unica cosa che funziona, devo essere in grado di rilassarmi in un ambiente così stressante. Nel momento in cui esco dal campo, quando la partita finisce, entro quasi in modalità relax. Forse questo è quello che mi ha permesso di restare sano dal punto di vista mentale, pronto per un altro match il giorno dopo, e a non essere troppo stanco. È un modo per separare il giocatore, dalla persona. Sono una persona fino al momento in cui entro in campo, e quando tutto finisce riesco davvero a rilassarmi. Credo che questa sia una delle mie migliori qualità, uno dei miei punti di forza. Se ho imparato a farlo? No, mi viene naturale. Posso farlo solo così, ecco perché ammiro il modo in cui lo fa Novak, o Rafa. Lui ad esempio è all’altro estremo, è così carico, concentrato… Li guardo e penso che sia fantastico come sia così diverso per ognuno di noi. Magari loro guardano me e pensano: ‘Come ci riesce?’. Ma io penso la stessa cosa quando li guardo, e ammiro il loro modo di fare”.
IL RECORD DI CONNORS – “Se penso ad arrivare a 110 titoli? Non proprio, onestamente. Innanzitutto vorrei dire che mi fa davvero piacere parlare di Jimmy Connors, perché si parla sempre degli altri, ma lui è stato un giocatore fantastico. Sono felice di parlare di lui, ha lasciato un grande segno nel nostro gioco. Personalmente, non ho bisogno di battere quel record. Per me essere arrivato a 100 è fantastico. Lo so che il traguardo può sembrare vicino, ma allo stesso tempo è ancora davvero lontano. Dovrei giocare ancora per diversi anni, è una cosa complicata. Per questo motivo per me non è un obiettivo“.
LACRIME DI GIOIA – “Inizialmente mi sono sentito un po’ imbarazzato al pensiero di aver pianto per una vittoria. Ma se mi guardo indietro adesso, sono felice che sia successo. Ha reso quei momenti ancora più memorabili“.