2. Il ritiro e il ritorno
Nel 2014, quando compie 18 anni, la sua classifica invece che migliorare peggiora. Gioca poco e male; costretta alle qualificazioni in molti tornei, quando riesce a entrare nei main draw vince un solo match: in gennaio (a Brisbane); poi perde tutte le altre volte (sette) al primo turno. È una vera e propria crisi, tanto profonda da indurla a smettere con il tennis: lo annuncia in settembre, dopo la sconfitta al primo turno degli US Open.
Sostanzialmente sono due le ragioni che determinano una decisione così drastica. La prima è il peso della lontananza da casa: un problema per qualsiasi tennista, ma che per una ragazzina australiana è ancora più acuito dall’età e dalla posizione geografica. La maggior parte dei tornei infatti si svolge in altri continenti ed è molto complicato rientrare alla base, considerando le distanze e il carico dei fusi orari.
Per Barty è durissimo lasciare la famiglia, eppure ama anche moltissimo il tennis. È un contrasto che la assilla per anni. Racconta che da junior conquista un torneo in Olanda (probabilmente si tratta del Belgio), ma tutte le sere piange al telefono chiamando a casa. E uno dei match lo vince (dominando) con le lacrime agli occhi per la nostalgia.
La passione per il tennis e la lontananza dagli affetti si attorcigliano in una contraddizione irrisolvibile. Nel 2011 in occasione del successo a Wimbledon junior, Ashleigh prende l’aereo subito dopo la vittoria, in modo da tornare in Australia il prima possibile, rinunciando così a partecipare al tradizionale ballo dei vincitori.
Nel 2012 si trasferisce a Melbourne, per allenarsi con Jason Stoltenberg come coach. Va a vivere da sola, mandando avanti la routine quotidiana senza aiuti: finiti gli allenamenti si fa da mangiare (seguendo il ricettario preparato dalla mamma), pulisce casa, fa il bucato etc. Sempre da sola, per poter crescere nel tennis. Tanto per dare una idea: papà Barty ha raccontato che un anno Ashleigh era riuscita a stare in famiglia appena 27 giorni su 365. È cosi che arrivano i successi; ma oltre alla crescita nei risultati cresce anche la stanchezza mentale, sfiorando la depressione.
La seconda ragione della crisi è determinata dallo stress specifico del tennis: il peso determinato dalle troppe aspettative per una giovanissima “obbligata” a vincere per non deludere se stessa e gli altri. In più c’è da misurarsi con la solitudine che si vive sul campo, in uno sport individuale in cui non si può mai sfuggire alle proprie debolezze, e che a differenza di quelli di squadra nei momenti di difficoltà non consente di avere un compagno sui cui appoggiarsi.
Probabilmente non è un caso che nel primo periodo in WTA Barty dia il meglio di sé nel doppio; e che però al dunque, nella finale, il rendimento scenda senza riuscire a raccogliere il successo pieno. Sempre la pressione psicologica come chiave del problema. Quanto pesi tutto questo lo si capisce da come commenta la scelta compiuta nel 2015 di dedicarsi per un periodo al cricket, giocando con i Brisbane Heat : “È dura essere da soli; per questo gli sport di squadra sono così attraenti”.
Dopo il ritiro passano 16 mesi, si arriva al gennaio 2016. Il circuito professionistico torna in Australia e Barty va ad assistere a una partita della sua antica compagna di doppio, Casey Dellacqua. Dopo il match, Dellacqua la invita a scambiare qualche palla con lei. Dal loro racconto sembra veramente una scena da film, dove tutto concorre a creare il momento magico: il sole verso il tramonto, le tribune ormai vuote, e Casey che presta una delle sue racchette alla ex compagna per tornare a giocare insieme, ancora una volta. Ashleigh sostiene che fino a quel momento non aveva più pensato di tornare al tennis professionistico; ma mentre palleggia su quel campo dice a se stessa: “Questa sono io. Questo è quello che dovrei fare”. In fondo non ha ancora compiuto 20 anni, e c’è tutto il tempo per cercare una seconda occasione.
E di nuovo per Barty è il doppio il punto di riferimento: comincia a giocare nei primi mesi del 2016 in piccoli ITF australiani con diverse partner. Il rientro in singolare arriva invece nel mese di giugno, sull’erba inglese: ITF 50K di Eastbourne, dove supera le qualificazioni e raggiunge la semifinale. È il primo passo per avere una classifica: numero 623 del ranking, che diventa 271 a fine anno.
Nel 2017 riprende l’attività a tempo pieno, e compie una impressionante scalata in classifica: da numero 271 a numero 20 in una sola stagione, con tre finali raggiunte. Una vinta a Kuala Lumpur (contro Nao Hibino), e due perse in tre set: la prima a Birmingham contro Kvitova, la seconda a Wuhan contro l’ispiratissima Garcia (che la settimana successiva avrebbe vinto anche Pechino). Wuhan è probabilmente il picco stagionale di Barty, non solo per l’importanza del torneo ma anche per le giocatrici sconfitte: Bellis, Ostapenko, Konta, Radwanska, Pliskova.
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