da Montecarlo, il nostro inviato
Parlare con Toni Nadal è un piacere. Lo zio del numero 2 del mondo è una persona affabile, rilassata, distante da un modo di vivere i rapporti con la stampa all’insegna del sospetto e della prudenza (con conseguenze non sempre brillanti). Si concede ad una breve intervista aperta sul ruolo della sua Rafa Nadal Academy e, naturalmente, sul suo pupillo. Per tutta l’intervista parlerà spesso al plurale parlando di Rafa, quasi incapace di ricordarsi di non essere più il suo allenatore.
Come giudichi la condizione di Rafa? Lo hai visto qui a Montecarlo?
Sono arrivato domenica e l’ho visto in buone condizioni. Il torneo di Montecarlo per noi (plurale, ndr) è sempre stato importante anche per avere delle informazioni sul suo livello di gioco.
La velocità/lentezza della superficie: è vero che le condizioni di Montecarlo continuano ad essere quelle più lente?
Chiedetelo ai giocatori. Si parla sempre di superfici lente, superfici rapide. Alle volte, anche agli Australian Open o a New York se ne parla, ma poi chiedo agli organizzatori e dicono che le condizioni sono sempre uguali. Per quel che ne so solo Madrid e Roma sono leggermente più rapide.
Come gestisce Nadal gli infortuni che ultimamente lo affliggono?
Lui riesce a fare fronte alle avversità. È nella sua testa, ed è la stessa dote che poi hanno Djokovic e Federer. Capovolgere le situazioni negative, uscire dalle avversità. Una dote che i giovani non hanno. Se tutto va bene, vincono, sono contenti, ma non sono capaci di vincere giocando male. Non è normale vedere ancora giocatori di 37 e 33 anni vincere i tornei più importanti, e questo dipende dalla loro tendenza a raggiungere spesso un livello di frustrazione non giustificato. Vogliono sentirsi dire che sono bravi, che va tutto bene, non accettano le critiche. Vogliono tutto subito (e qui Toni riprende un argomento già affrontato in passato, ndr).
Potrebbe mai abbandonare del tutto i tornei su superfici dure, come fece Kent Carlsson?
Lo escludo. Certo, restano i problemi sul cemento, meno sull’erba, ma Rafa continuerà a giocarli.
Gli chiediamo di Jaume Munar, prodotto della sua Academy.
Lui è diverso. Non ha colpi incredibili ma è sempre lì, presente. Dove l’incontro conta sa restargli attaccato. Anche nel match perduto contro Coric ha recuperato da situazioni di punteggio che avrebbero scoraggiato gli altri. Mi ricorda il Nadal che nel 2005 restò agganciato fino al quinto set contro Hewitt agli Australian Open. Ha una tenacia simile.
E il nuovo teenager che tanti paragonano a Rafa, Carlos Alcaraz Garfia?
L’ho visto una volta all’Academy. Fa tutto bene, c’è poco da dire. Diventerà un top ten.
Cosa pensi di Sonego che ha cominciato a giocare al tennis solo a 11 anni?
Sono sorpreso ma fino ad un certo punto. Non è importante l’età a cui cominci, l’importante è riuscire sempre a fare progressi. Prendi Rafa (uno a caso, ndr): una volta lui era alla pari con Gasquet, ma Rafa è riuscito a progredire.
Quali sono secondo te gli avversari di Rafa sulla terra battuta?
Direi Djokovic, Thiem e Federer. Quanto ai giovani (ci pensa un po’, ndr) ci sono 6 o 7 che possono fare un gran torneo.
A proposito della tua Academy, ti capitano spesso ragazzini che vogliono essere come Rafa? Che lo imitano? Nel caso cosa gli dici: che è impossibile essere come lui, di essere loro stessi?
È normale che i ragazzi vogliano essere come Rafa, ma non bisogna per forza privarli dell’illusione. L’idolo è qualcuno che ti spinge a riuscire, non è del tutto sbagliato imitarlo.
Il tennis spagnolo ci ha abituato a piazzare sui tornei in terra molti giocatori nei turni finali. Qui c’è solo Rafa: c’è una crisi in atto secondo te?
Paghiamo un cambiamento che è avvenuto in generale nel mondo del tennis. Noi spagnoli, come i francesi, abbiamo una scuola di giocatori pensanti, che amano piazzare la palla. Invece oggi è pieno di tennisti che tirano solo servizio e botte da fondo. E questo tipo di tennis non è neppure utile alla formazione dei ragazzi che imparano poco dallo sport per la loro vita di ogni giorno.
Chiudiamo con una domanda un po’ particolare: mettiamo che Rafa arrivi in finale in questo Masters 1000 di Montecarlo, e che in finale dovesse affrontare il Rafael Nadal che vinse qui nel 2005: chi vincerebbe? (Toni Nadal spalanca per un attimo gli occhi. Chissà che non lo afferri una stilla di nostalgia, ndr).
2005… 2005… non lo so, Rafa è cresciuto negli anni. Posso dirti che magari se affrontasse il Nadal del 2008 o del 2010 sarebbe sfavorito. Quello di questi due anni aveva qualcosa in più, in particolare nel rovescio. Ma con quello che vinse qui nel 2005, chissà!