Il riscaldamento di Fabio Fognini sul campo n. 2 gremito, fa ben comprendere quale sia l’attesa per il match del nostro contro Nadal. Barazzutti appare sereno mentre Fabio, neanche è entrato in campo, tra il serio e il faceto si lamenta di non poter usare il Camp des Princes adiacente. Fabio si allena senza tape al polpaccio e questo può anche essere un primo buon segno. Ma il braccio fatato che il mondo ci invidia è ancora ben fasciato e ricoperto da un manicotto nero che lo tiene al caldo.
Barazzutti gli chiede di non schiacciare troppo il colpo e di giocare con margine mentre il ritmo del riscaldamento di Fabio aumenta e strappa anche qualche applauso dalle tribune. Di là non c’è un mancino, ma c’è già il vento che non sappiamo se calerà nel pomeriggio che lo attende. Ad ogni colpo particolarmente riuscito da parte di Fognini, dal suo staff arriva un incitamento o un “Fogna” gridato in maniera non occasionale, scientificamente studiato, con ogni probabilità teso a stimolare la fiducia ed il senso di competizione del ligure.
Un po’ di allenamento sugli smash, per evitare gli errori fatti con Coric e poi Barazzutti prova ad offrirgli delle palle sul lato sinistro, forse per prepararlo ai ganci di Nadal, ma di certo restando ben lontano dalla loro efficacia. 40 minuti ad intensità altalenante, nessuna smorfia di dolore e diversi colpi giocati anche in piena accelerazione. Se il gomito dà fastidio, almeno pare un fastidio che non ne influenza l’efficacia del gioco. Il finale è del pubblico che gli tributa una piccola standing ovation all’uscita dal campo. Ma forse il finale vero è ancora da scrivere.