Oggi li abbiamo definitivamente smessi di contare i gradini che quotidianamente percorriamo su e giù per il Country Club di Monte Carlo. Li contano per noi, in silenzio, i quadricipiti e poi ce li vengono a ricordare la sera. Capita poi pure di incontrare qualche tifoso italiano il quale giura che non farà mai più ritorno a Monte Carlo: troppe scale nel circolo, spazi angusti e assenza di navette per il pubblico, e giù a rimpiangere gli spazi un po’ meno angusti del Foro Italico.
Non le rimpiangerà Fabio Fognini, che giunge in finale al suo primo Master 1000 ad un’età inversamente proporzionale al suo talento. Talento che oggi è esploso in maniera ancora più fragorosa del tifo degli italiani sugli spalti.
Le rampe del dritto di Nadal non sono riuscite a respingere Fabio Fognini dall’ascesa alla prima finale ‘pesante’ della sua carriera. Obiettivo che a Fabio serve non solo per classifica e palmares, ma anche per pareggiare nell’immaginario collettivo nazional-popolare la semifinale di Cecchinato al Roland Garros. Nel frattempo Fabio si candida al best ranking, supera di slancio Cecchinato e se una rivalità tra i due c’è davvero (perché no? ad avercele rivalità al rialzo) si prende anche questa soddisfazione.
Del match abbiamo parlato abbondantemente, ma della sensazione di superiorità tennistica che Fabio ha lasciato sulla bocca di tutti i presenti del centrale non si dovrebbe mai finire di parlare.
La forza irresistibile del braccio di Fognini ha prevalso contro la massa ‘inamovibile’ di Nadal. Perché, già lo dicevamo ieri, lo spagnolo è sembrato a tratti privo del dritto che ha fatto la storia del tennis su mattone. Fabio è stato per tutto l’incontro perfettamente in grado di palleggiare sulla diagonale mancina di Nadal, e solo la condizione atletica del maiorchino ha costretto Fognini a cercare ogni tanto dei rischi poco calcolati.
Nadal su terra battuta non è mai stato preso a pallate così. Descrivere però in questi termini brutali il dominio di Fabio non rende giustizia al suo tennis, che è fatto sì di accelerazioni al fulmicotone, impattando la palla in fase ascendente, ma anche di tocchi, di creatività, di variazioni e visioni del gioco capaci di disorientare persino un volpone come Nadal.
Non è stato del tutto onesto Rafa in conferenza stampa, nello spiegare questa partita come frutto della sua peggior prestazione contro ”un buon giocatore”. Fabio è stato autore di una partita incredibile nella quale, come ci ha tenuto a sottolineare in conferenza stampa, è riuscito a restare concentrato anche sotto 1 a 3, nel primo set, con un warning contro e un punto buttato per essersi fermato a causa del vento che aveva fatto cadere un asciugamano.
Ieri abbiamo scritto che Fabio non è un giocatore solido, ma che ha tutto quanto il resto. E abbiamo anche scritto che questo resto poteva consentirgli di battere Nadal. Ora non passiamo alla cassa a riscuotere, anche perché il Fabio che ha battuto Rafa, è stato anche solido. Solido contro il vento che muoveva gli asciugamani e le traiettorie della palla, ma non ha smosso Fabio dal piano tattico con cui ha iniziato il match e con cui l’ha concluso: spingere con i lungolinea. E chi conosce il tennis sa cosa significa: concedere all’avversario due metri di campo in più, nella speranza di farlo giocare in corsa o di destabilizzarlo.
La corsa Nadal, una volta di più, ha dimostrato di saperla fare. Le sue difese sono state strenue, facendo assaporare a Fognini la stessa frustrazione assaporata dal Federer che fu, costretto a fare il punto contro lo spagnolo tre quattro volte ogni quindici. Ma la rapidità di esecuzione di Fabio alle volte è stata tale da non consentire allo spagnolo neppure di comprendere dove direzionare le proprie velocissime gambe.
In più, la personalità di Fabio è risultata soverchiante. La scelta di esserci lui al centro della scena, di direzionare il gioco ed il destino del match, hanno privato Nadal dell’agone necessario alla rimonta.
E’ stato di parola Fabio. Ieri sera in flash zone aveva detto che per battere Nadal sarebbe stato utile ucciderlo. E l’omicidio tennistico si è compiuto, trascinando le proprie conseguenze anche fuori del campo, sul Nadal affranto in conferenza stampa.
Gli abbiamo chiesto se questo suo torneo possa ricordare il Roland Garros vinto da Panatta nel 1976, se il suo Hutka non fosse stato Rublev, ma Fabio non ha voluto fare paragoni. Ci ha detto che se avesse avuto la testa sarebbe stato top ten da tempo, e sul punto non possiamo che credergli.
La finale contro Lajovic, che ha goduto di un gentile regalo di Medvedev, improvvisamente sparito dal campo, vedendo Fabio giocare contro Nadal, avrebbe un pronostico facile e non solo perché Fabio è avanti in classifica. Fabio però si conosce bene e ha confessato che dopo la grande impresa ha un po’ paura: più di se stesso che di Dusan Lajovic; più del crollo emotivo che potrebbe avere che di uno che, fino a pochi mesi fa, non era famoso neppure in Serbia.
E’ possibile avere un crollo del genere in una finale di Master 1000? Pensiamo di no, ma pensiamo anche che se Fabio Fognini non sia stato il nuovo Panatta, o anche semplicemente un altro Fabio Fognini in tutti questi anni, un motivo arcano, avvolto nelle inestricabili spirali della sua testa c’e.
Ha detto che passerà la sera rilassandosi e giocando un po’ con Federico. Ottimo per curare l’ansia, per dimenticare quello cha Fabio ha fatto. Magari poi, Federico gioca anche il rovescio a una mano, così da abituare un po’ il papà alla finale di domani.