Ho preparato una prima tabella per confrontare il rendimento delle attuali prime 32 della classifica. Sono paragonate le percentuali di vittoria ottenute in tutta la carriera (terra esclusa) con quelle relative alla sola terra. Un modo per verificare chi storicamente ricava un vantaggio o uno svantaggio dal cambio di superficie. Sono evidenziate in giallo le differenze di rendimento in positivo superiori al 3%.
Il primo dato che colpisce è la situazione opposta delle prime due della classifica: peggioramento del 10% per Osaka, miglioramento vicino al 9% per Halep. Naomi comincia ad affrontare una fase di stagione non semplice, mentre per Simona arrivano i tornei sulla carta più favorevoli alle sue caratteristiche. Questo non significa però che avremo automaticamente un cambio ai vertici della classifica, perché il meccanismo di calcolo del ranking implica anche che Halep abbia molti più punti in scadenza da difendere rispetto a Osaka; e per Naomi un piccolo progresso di risultati rispetto allo scorso anno potrebbe perfino favorirla, visto che nel 2018 non ha raccolto molto sul rosso. Ma è ancora presto per questi calcoli.
Fra chi guadagna spiccano due-tre nomi: Kiki Bertens, Daria Kasatkina e Jelena Ostapenko, con progressi dal 13% al 15%. Che Bertens sia una giocatrice di impronta terraiola, poi di recente capace di progredire su altri campi, non meraviglia. Anche per Kasatkina nessuna sorpresa; per lei sarà interessante vedere se il cambio di condizioni di gioco riuscirà a risollevarla dalla profonda crisi di risultati che ha vissuto nel 2019.
Forse meno atteso il dato relativo a Ostapenko. Un dato che per i numeri presi in considerazione va considerato strutturale, e che va al di là dell’exploit della vittoria al Roland Garros 2017, a cui tutti noi pensiamo di primo acchito. In realtà a dispetto delle frequenti dichiarazioni di amore di Jelena per i campi veloci (a cominciare dall’erba), i risultati ci dicono semplicemente che fino a oggi Ostapenko ha reso di più sulla terra. A mio avviso la spiegazione sta soprattutto nella combinazione di due fattori: sulla terra pesa un po’ meno il servizio, il colpo meno affidabile di Ostapenko. Mentre d’altra parte Jelena sul rosso approfitta della sua eccezionale facilità di colpitrice, che le permette di ottenere comunque vincenti anche su campi dove è più difficile far viaggiare la palla. Nelle giornate di vena la relativa lentezza della superficie non è sufficiente a rendere meno incisivi i suoi colpi al rimbalzo, grazie ai quali riesce comunque a fare la differenza.
All’estremo opposto, con un notevole calo di rendimento, ci sono tre giovani: Belinda Bencic, Ashleigh Barty e Aryna Sabalenka (da -18,9% a -22,2%). Riguardo a Bencic confesso che non immaginavo un tale scarto negativo, visto che si tratta di una tennista piuttosto abile tatticamente, e con una certa vocazione alla costruzione dello scambio.
Insieme a lei ci sono le due più fresche Top 10, Barty e Sabalenka. Nel loro caso potrebbe essere determinante la poca frequentazione della superficie avuta negli anni della formazione: né il tennis australiano né quello bielorusso hanno infatti nel proprio DNA la centralità della terra rossa; una centralità tipica, per esempio, di molte nazioni latine. Eppure penso che Barty abbia alcune caratteristiche tecniche che nel tempo dovrebbero permetterle di progredire, quando prenderà più confidenza con il terreno.
Ecco perché sia per Ashleigh che per Aryna sarebbe importante trovare nei prossimi impegni primi turni abbordabili, che permettano loro di affrontare un buon numero di partite. Perché se si esce presto, considerata la relativa brevità della stagione sul rosso, il rischio è quello di disputare pochissimi match all’anno su terra e non avere tempo a sufficienza per sviluppare il necessario processo di adattamento, e accrescere la propria esperienza specifica.
a pagina 3: Il rendimento su terra dal 2017 in poi