Sembra essere giunta ad una fine la vicenda giudiziaria che vede coinvolto Justin Gimelstob nelle vesti di aggressore. Il commentatore di Tennis Channel (attualmente in aspettativa) e membro del Board ATP ha deciso di non contestare le accuse (“no contest” oppure “nolo contendere” secondo un latinismo tipico del gergo legale americano) ed è stato quindi condannato a tre anni di libertà condizionale e a sessanta giorni di lavori socialmente utili. Inoltre dovrà frequentare per cinquantadue settimane un corso di gestione della rabbia.
Gimelstob era stato denunciato lo scorso novembre da Randall Kaplan, amico di lunga data dell’ex moglie del commentatore, assalito la sera di Halloween sotto gli occhi della sua famiglia. “Mi sono reso conto che alla fine la gente era intervenuta per strappare il mio assalitore da me, mentre stava ancora dicendo “Ti uccido” con gli occhi di uno squilibrato“, ha detto Kaplan, aggiungendo che la sua famiglia vive nella paura di Gimelstob.
La testimonianza più pesante e impressionante è stata quella della moglie di Kaplan, Madison, che imputa al trauma di assistere al pestaggio del marito l’aborto patito poco tempo dopo. “Per fortuna, mio marito è sopravvissuto, ma non il nostro bambino non ancora nato. I miei medici hanno detto che tutto sembrava perfetto con la gravidanza prima dell’attacco. L’unica causa che sono riusciti a trovare per l’aborto era lo stress dell’attacco. Justin potrebbe non aver realizzato il suo desiderio di uccidere Randy, ma ha ucciso una piccola bambina innocente.”
Gimelstob si è assunto la responsabilità per i fatti della sera di Halloween, ma ha continuato a negare con decisione ogni altra accusa di offese passate, incluse quelle dell’ex moglie, Carey, che nel 2016 la aveva ottenuto un’ordinanza restrittiva per violenza domestica. Resta da vedere adesso in che modo l’esito del processo si ripercuoterà sugli incarichi di Gimelstob sia per quanto riguarda Tennis Channel che soprattutto il board ATP, presso il quale è uno dei tre rappresentanti dei giocatori. Voci di corridoio lo indicavano come il successore designato di Chris Kermode, ma chissà che le carte in tavola non siano cambiate. Sebbene il “no contest” sia per molti aspetti assimilabile a un verdetto di colpevolezza, tuttavia è il risultato di un patteggiamento tra il team legale di Gimelstob e il Procuratore Distrettuale di Los Angeles e probabilmente risparmia all’ex tennista la perdita delle libertà che comporterebbe l’ammissione di colpevolezza, come la possibilità di portare armi, di essere eletto alle cariche pubbliche e di far parte di una giuria. La decisione ora spetterà eventualmente a Tennis Channel (che si è già schierata in favore di Gimelstob) e all’ATP decidere se le accuse che l’ex tennista non ha contestato siano compatibili con i ruoli che svolge e vorrebbe svolgere all’interno delle rispettive organizzazioni.
Per quel che riguarda invece l’incidente avvenuto nella notte di Halloween, concluso il procedimento penale bisognerà vedere se la vittima deciderà di intentare una causa civile nei confronti dell’assalitore per ottenere un risarcimento monetario che, visti i danni subiti dalla vittima e dalla moglie (Kaplan ha sofferto di stress post-trauma per diversi mesi e come detto la moglie ha sofferto un aborto spontaneo) sono stati considerevoli.