da Barcellona, il nostro inviato Federico Bertelli
Giornataccia di vento e freddo martedì a Barcelona, la primavera mediterranea nessuno l’ha vista; per fortuna ad allietare una giornata di freddo e vento ci ha pensato la disponibilità di Nicolas Massu, “el vampiro”, il nuovo allenatore di Dominic Thiem, che da due mesi ha preso il talento austriaco sotto le sue cure e al termine della sessione di allenamento ci ha rilasciato un’intervista.
Dell’ex giocatore cileno ha stupito la rapidità con la quale è riuscito a entrare in sintonia con Thiem, e dalle sue parole trapela una conoscenza profonda del gioco e una buona capacità di applicarla alle dinamiche maestro-allievo. Perché sapere le cose non è sufficiente; se si è deputati a insegnarle, a dare consigli, bisogna avere delle qualità particolari. Che Nicolas sembra avere.
Buongiorno Nicolas, innanzitutto grazie per la disponibilità. Volevamo chiederti innanzitutto quali sono le condizioni psicofisiche di Dominic.
Dominic sta molto bene, vincere a Indian Wells è stata una bella iniezione di fiducia. La preparazione fisica è importante in questo momento. Da quando sono arrivato abbiamo aggiunto un nuovo preparatore fisico, Douglas Cordero, il cubano che mi ha seguito negli ultimi due anni di carriera e che è anche lo stesso preparatore fisico di Fognini. Dominic veniva da alcuni problemi e siamo arrivati a Indian Wells con due settimane di anticipo: abbiamo fatto una sorta di mini preparazione sul posto sia fisica che tecnica, con molte ore di lavoro per poter recuperare la forma. E i risultati si sono visti: ha vinto una finale su una superficie veloce contro il migliore giocatore della storia, arrivandoci superando giocatori come Raonic e Karlovic che su quei campi sono complicati da affrontare.
A Indian Wells la sensazione è che Dominic stesse giocando molto più vicino del solito alla riga di fondo: ce lo può confermare?
Ogni giocatore dell’età di Dominic (25 anni, ndr) ha un suo schema di gioco consolidato, una sua routine. Quello che può fare un allenatore è cercare di proporre alcuni piccoli aggiustamenti che gli permettano di sentirsi comunque a suo agio. Credo che Dominic abbia il talento per giocare sia dentro il campo che un paio di metri dalla linea di fondo. Allo stesso modo può sia rispondere aggressivo, sia posizionarsi indietro per darsi più tempo in risposta, in quanto ha molta forza. Lo ha dimostrato a Indian Wells. È un giocatore completo e può farlo. Stiamo cercando farlo diventare un giocatore a tutto tondo, che possa avvalersi di tutte le varianti utili al suo gioco. Se deve giocare dietro lo può fare, se deve attaccare lo può fare. Se guardiamo alla finale di Indian Wells, il break decisivo del terzo set contro Federer lo ha conseguito grazie a una risposta aggressiva e un dritto d’attacco a seguire. Molti punti importanti li ha giocati in avanzamento riuscendo ad essere aggressivo e togliendo l’iniziativa a Federer. Quello che serve non è andare a destabilizzare la base del suo gioco, ma costruire appunto queste varianti che possano dare un valore aggiunto. Gli avversari devono sapere che Dominic può rispondere in entrambi i modi, in modo da essere imprevedibile. È questo il segreto di Federer oggi, che è imprevedibile. È questo fa si che il suo avversario debba stare costantemente all’erta e pensare a cosa possa fare adesso lo svizzero. E anche Dominic può farlo.
Impressiona il fatto che state lavorando da solo due mesi, e Dominic è a tutti gli effetti un top player: come è riuscito a conquistare così rapidamente la fiducia del giocatore?
La cosa più importante è conoscere la persona. Quando ci siamo visti a Buenos Aires (i due si erano incontrati casualmente in precedenza in Austria. Massu era capitano di Davis Cup e si giocava Cile-Austria: sebbene Thiem fosse infortunato e non avesse preso parte a quel match, i due si erano potuti incontrare e avevano concordato di vedersi successivamente al torneo di Buenos Aires, quasi a casa di Massu, ndr). Lo conoscevo solo come tennista. Con il passare dei giorni però mi rendevo conto che Dominic era una persona vera, rispettosa e professionale, con la quale si poteva lavorare. È impressionante la qualità dei suoi allenamenti. In questi due mesi ha sempre dato il 100%. E per me è “muy lindo” lavorare con qualcuno che ha questa predisposizione. Quello che posso fare è condividere la mia esperienza, come mi sentivo in campo. Sono ancora perfettamente in grado di poter palleggiare con lui, e il fatto di sentire la palla e soprattutto di aver affrontato giocatori che sono ancora nel circuito mi aiuta a dargli indicazioni utili. Io ho giocato con parecchi giocatori che sono ancora nel tour. Vedo come arriva la palla, gli effetti, e posso dare un aiuto concreto e la cosa mi motiva.
Quali sono le chiavi per aiutare a supportare i giocatori che allena? La statistica? La psicologia?
Sono tutte cose che aiutano, ogni allenatore ha il suo stile. Io cerco di informarmi, di capire, lo facevo già quando ero giocatore. Il mio scopo è quello di acquisire più informazioni possibili. Questo è uno sport duro, nel quale serve stare al 100% tutti i giorni e tutte le settimane, anche se questo non sempre è possibile. Quello che cerco di fare, sia come allenatore che come capitano di Davis, è dare tutto il mio appoggio e trasmettere messaggi positivi. Faccio tutto il possibile per aiutare psicologicamente chi sta in campo.