da Barcellona, il nostro inviato Federico Bertelli
Zverev, Tsitsipas, Khachanov, Shapovalov, Tiafoe, Garin, Auger-Aliassime. Cosa hanno in comune tutti questi nomi? Sono tutti i Next Gen di punta e sui quali i fari sono puntati. E a Barcellona sono tutti usciti prima dei quarti di finali. Daniil Medvedev, 23 anni, giocherà invece oggi la semifinale contro il due volte campione Kei Nishikori (a partire dalle 13.30). La lista dei giovani talenti continua ad ampliarsi, ma raramente il grande pubblico mette in posizione preminente Danil Medvedev. Sarà per un gioco pulito ma privo di picchi entusiasmanti come Shapovalov, o per un appeal mediatico anni luce indietro rispetto a Tsitsipas.
Tuttavia il ragazzo di Mosca, che spesso e volentieri nei grandi tornei viene relegato sui campi secondari, non potrà rimanere a lungo nascosto. Ad oggi, è il giocatore nel circuito con il maggiore numero di partite vinte nel 2019 (24) e al quinto posto nella Race to London. Non essere al centro di attenzione non sembra infastidirlo più di tanto, semplicemente dice: “Se riuscirò a raggiungere buoni risultati nei 1000 e negli Slam la gente mi noterà”.
Per scoprire un po’ di più su Daniil Medvedev e sul suo percorso, abbiamo allora fatto due chiacchiere con il suo coach, Gilles Cervara, co-fondatore della Elite Tennis Academy, situata nei pressi di Cannes, non lontana dalla Mouratoglou Tennis Academy.
Qual è la proposizione tecnica e manageriale che caratterizza la Elite Tennis Academy?
Io e Jean Renè Lisnard abbiamo creato questo centro nel luglio 2013. Quello che volevamo era offrire un percorso di qualità, non prendiamo mai più di 20 giocatori. Prima di accettare un giocatore testiamo il suo livello tecnico, le aspettative, e cerchiamo di capirne anche il profilo come persona. Valutiamo anche il contesto familiare di provenienza.
Avete qualche connessione con la Federazione Francese?
Da parecchi anni la federazione dice di volere fare degli investimenti nel sud della Francia, ma non si sono mai concretizzati. Il centro federale è a Parigi e rimane a Parigi. Ci sono alcuni club dalle parti di Nizza che vengono utilizzati in preparazione della stagione, in vista della stagione junior ITF in aprile o presso la Mouratoglou Academy in occasione della Davis, ma non credo ci sia davvero l’intenzione di spostare il centro nazionale.
Parlando di Daniil, direi che è il giocatore più importante che si allena alla vostra accademia, a partire dal 2014. A quel tempo aveva a malapena una classifica ATP, era intorno al numero 700. Il 2016 ruppe per la prima volta la barriera dei primi 100, ma poi ci furono diversi alti e bassi. Nel 2014, quando era solo un prospetto, perché avete deciso di puntare su di lui?
A quell’epoca era un junior che aveva ottenuto buoni risultati, era fra i primi 10 al mondo e il progetto che stavamo costruendo era interessante. Speravamo potesse migliorare, ma poi per sfondare serve un mix di lavoro, talento e anche fortuna. Tutte e tre le componenti devono andare assieme.
C’è stato un momento in cui Daniil non sembrava particolarmente focalizzato, magari su piccoli aspetti. Tra il 2014 e il 2016 ha impiegato un po’ di tempo per arrivare in top 100. Mi ha colpito un episodio in cui lei sferzava Daniil, dicendogli che se quello che stava dando in quel momento era il 100%, allora era meglio lasciar perdere perché non era abbastanza.
Sì, con Daniil è stato un processo. Abbiamo cominciato a lavorare pienamente con lui nel 2017, e abbiamo costruito un team attorno a lui. Abbiamo capito che dovevamo costruire un team per poterlo aiutare al 100% e sistemare ogni piccolo dettaglio. A quel punto anche Daniil iniziava a capire che tutte le piccole cose che cominciavamo a predisporre funzionavano, come ad esempio l’attenzione all’alimentazione. E vedere che i risultati erano positivi ha contribuito a stabilire un circolo virtuoso.
Parlando in generale, c’è una deadline oltre la quale se un giocatore non ha sfondato allora probabilmente non lo farà mai?
È difficile, ognuno deve trovare la sua strada e capire come superare i suoi limiti. Non credo ci sia una regola meccanicistica. Naturalmente se parliamo di campioni o di top ten è necessario sfondare quanto prima per avere il tempo e il margine per migliorare, ma per essere semplicemente un professionista dipende. C’è una grossa differenza fra top ten e vincitori di Slam e il resto del gruppo.
All’inizio dell’anno di solito vi prefiggete degli obiettivi? E se sì quali sono gli obiettivi per il 2019?
Prima di tutto all’inizio dell’anno concordiamo quelli che sono gli obiettivi per la stagione, ma poi non c’è una schedule analitica, con i risultati minimi da raggiungere torneo per torneo. E poi dobbiamo capire cosa è necessario fare per arrivare li. Ovviamente raggiungere buoni risultati nei tornei importanti cambia la prospettiva e influisce sul raggiungimento degli obiettivi. L’idea più che altro è di migliorare una partita alla volta e cercare di pensare un match alla volta. Cerchiamo di rimanere nel presente.
Il sorteggio sembra essere favorevole per Daniil (l’intervista è stata fatta prima dei match di ottavi e di quarti di Medvedev, ndr), sembra esserci la possibilità di arrivare avanti, magari anche in finale, lei che ne pensa?
Come dicevo, non ragiono in questi termini e anche Daniil lo fa; ragioniamo step by step, match by match. Ci sono troppe variabili che vanno fuori dal nostro controllo. Ovviamente spero che arrivi in finale e vinca il torneo comunque.
Al giorno d’oggi gli atleti sono ormai dei marchi ed è necessaria una gestione del profilo, dei media… con Daniil curate anche questi aspetti? Anche per avere condizioni migliori?
Io mi focalizzo sulla parte sportiva. C’è un’agenzia che si occupa specificamente di queste cose che portano via parecchio tempo. Non ho il tempo di focalizzarmi su questi aspetti anche perché non è il mio lavoro, io sono prima di tutto il trainer. Tuttavia questi ragionamenti sono corretti e c’è chi ci sta lavorando.
Nel preparare le partite e curare aspetti tecnici e strategici fate uso di dati statistici? Toni Nadal ad esempio nella Nadal Academy implementerà tecniche di intelligenza artificiale per raccogliere dati e capire pattern di gioco. Lei che ne pensa?
Utilizzare in maniera così strutturata i dati non fa parte del mio modo di lavorare. Servirebbe un team dedicato su questi aspetti. Quello che faccio talvolta è raccogliere dati e statistiche per preparare le partite, ma non è un modus operandi sistematico, dipende dalle occasioni. Dipende anche da cosa voglio approfondire e da quello che sento in quel momento. Mi lascio la porta aperta anche a questa opzione, ma al momento non sono in grado per motivi di tempo di farlo con continuità. Ieri ad esempio volevo verificare alcuni aspetti del gioco di Daniil e ho fatto una rilevazione ad hoc, ma ripeto, niente di sistematico.