Manca ormai davvero pochissimo all’atteso ritorno sul mattone tritato di Roger Federer. Alle ore 11 di sabato, il sorteggio del tabellone principale del Masters 1000 di Madrid rivelerà il nome del primo avversario dello svizzero. L’ultimo ad affrontarlo su terra rossa fu Dominic Thiem: il 12 maggio del 2016, negli ottavi di finale degli Internazionali d’Italia, un Federer in precarie condizioni fisiche si arrese all’austriaco in due set dopo aver superato all’esordio Alexander Zverev. A tre anni distanza dunque, Roger tornerà a calpestare la terra rossa, superficie sulla quale ha vinto 11 dei suoi 101 trofei (l’ultimo titolo sul rosso lo conquistò a Istanbul nel 2015).
Come raccontato dallo storico preparatore atletico Pierre Paganini in un’intervista concessa al quotidiano svizzero ‘Blick’, dopo il successo nel Masters 1000 di Miami Federer si è goduto una settimana di meritato riposo e tra il 6 e il 7 aprile ha iniziato ad allenarsi in vista del ritorno sul rosso con una preparazione specifica (“perché Roger non gioca su questa superficie da tanto tempo”). Ma su cosa, in particolare, hanno lavorato? “In questa fase è importante soprattutto il tennis. Ma abbiamo lavorato anche su forza, agilità ed esplosività. Non abbiamo avuto molto tempo perché Madrid è vicino e durante la preparazione devono anche esserci dei giorni di riposo. Sono parte integrante dell’allenamento, non sono lì per caso. Servono per recuperare e prepararsi agli allenamenti successivi”, ha spiegato Paganini.
I RISCHI SU TERRA SONO MAGGIORI? – “Fondamentalmente no”, continua il preparatore atletico. “Chiaramente ogni superficie ha le sue insidie. Sul rosso vengono sollecitati quadricipiti e adduttori, sull’erba la zona lombare, le articolazioni del piede e del ginocchio e l’anca sul duro. Questo è il tennis. Ogni corpo ha i suoi punti di forza e di debolezza. Nadal ad esempio si sente più al sicuro sulla terra rossa. Io credo che certi infortuni siano inevitabili, ma in larga parte possono essere prevenuti con allenamenti personalizzati. Roger raramente ha subito infortuni nel corso della sua carriera e in linea di principio non è avvenuto maggiormente su una superficie rispetto che su un’altra. È fondamentale adattarsi e questa è una delle grandi qualità di Roger. La sua adattabilità è affascinante. Se inserisco una variante in allenamento, in pochi secondi lui trova il modo di rendere tutto ottimale. È intelligente e molto più strategico di quanto si possa pensare. Lui gioca in maniera molto spontanea, ma dietro c’è tanto pensiero”.
A CHE PUNTO È LA PREPARAZIONE? – “È presto per dirlo, il nostro lavoro durerà fino al 5 maggio, ma siamo partiti bene. È davvero bello vedere il suo entusiasmo. Si allena come un bambino in attesa della sua prima gita scolastica, è folle! Questo suo entusiasmo ha un grandissimo impatto sulla qualità dell’allenamento. Ma con Roger è sempre così, questa voglia non è legata soltanto al ritorno sulla terra rossa. Per questo sono convinto che possa ottenere grandi risultati ovunque. Gioca ogni torneo come se fosse il primo e l’ultimo. Ci mette sempre tutto se stesso”.
IL PRIVILEGIO DELLA CONOSCENZA RECIPROCA – “Chi lavora con lui sa cosa succede dietro le quinte. Capiamo subito se è in una grande giornata oppure se sarà una di quelle difficili. Dopotutto ho il privilegio di conoscerlo e lavorare con lui da 19 anni. Certe cose le senti e le vedi nei suoi occhi. Lui però non evita mai il dialogo, dà sempre informazioni molto professionali. È una persona totalmente aperta, gli piace parlare, anche con la stampa, anche quando è molto stanco. Trae energia dalle conversazioni. E questo è uno dei motivi alla base della sua longevità: prende qualcosa di positivo da ogni situazione”.