A poco più di una settimana dal trionfo di Montecarlo, il nuovo principe Fabio Fognini non ha ancora fatto il suo rientro in campo. Ha prima deciso di rinunciare al torneo di Barcellona, e successivamente anche a quello di Estoril per puntare forte sul trittico Madrid-Roma-Parigi. Un tempo sufficiente per lasciar decantare pareri e opinioni sulla sua settimana perfetta.
Le inattese uscite di scena di Djokovic contro Medvedev e di Thiem contro Lajovic, la prestazione davvero incolore di Nadal e la finale contro il n.48 del mondo Lajovic hanno permesso ai detrattori di Fognini di avere qualche carta da spendere anche nel giorno della sua più grande vittoria, in campo maschile la prima di un italiano in un Masters 1000 e la terza in tornei equivalenti dopo i due trionfi di Panatta a Stoccolma nel ’75 e a Roma nel ’76. Ci sono però molti fattori che sconfessano questa tesi e danno a Fognini quel che è di Fognini, senza se e senza ma.
IL SUCCESSO CONTRO NADAL È UN RISULTATO GRANDIOSO
L’altra grande vittoria del ligure contro Nadal è quella allo US Open del 2015, quando rimontò due set di svantaggio. Nadal non aveva mai perso in uno Slam una volta vinti i primi due set e quel Rafa giocò una partita migliore di quella giocata a Montecarlo. Non si può però non tener conto della superficie: la terra del Country Club è quella ideale per il maiorchino, non a caso molto simile a quella di Parigi. Al Roland Garros e a Montecarlo il dominio di Nadal è assoluto, superiore a Roma e a Madrid. Inoltre, anche nella giornata peggiore il guerriero di Manacor non si sente sconfitto prima di aver stretto la mano all’avversario. Sul 5-0 40-0 del secondo set, Rafa annulla 3 match point e centra un parziale di 2 giochi a 0 (da 5-0 a 5-2) che avrebbe potuto instillare un po’ di paura nella testa di Fabio, ma lui ha saputo chiudere con sicurezza al gioco successivo. Se Rafa ha giocato “la peggiore partita su terra degli ultimi 14 anni”, parte del merito è sicuramente del livello del match del nuovo n.12 ATP. Questo successo non è quindi per nulla ridimensionato dalla pessima partita giocata da Rafa.
DOPO UNA VITTORIA SU RAFA, SEMPRE UN MATCH DELUDENTE
Allo US Open 2015 perse nettamente da un ottimo Feliciano Lopez, ma a Montecarlo la partita successiva era la finale di un Masters 1000, la prima della carriera. Aveva molto più da perdere il giorno di Pasqua che quel pomeriggio sul Louis Armstrong; ha dovuto gestire una pressione infinitamente superiore, ma non ha fallito l’appuntamento con la Storia. La tenuta psicologica dimostrata segna un punto di svolta rispetto al passato, i prossimi mesi ci diranno se definitiva o meno.
NESSUNA SETTIMANA FORTUNATA
Esattamente come Francesca Schiavone al RG 2010 e Flavia Pennetta allo US Open 2015, ha saputo sfruttare al meglio la grande occasione che ha avuto davanti per sollevare al cielo un grande trofeo. Peraltro, nel cammino verso la finale ha sconfitto avversari di grande livello, con gli scalpi di Zverev (che a Roma 2018 fu a un passo dalla vittoria in finale su Nadal) e Coric, autentica mina vagante per chiunque (chiedere a Roger Federer, battuto due volte nel 2018 ad Halle e Shanghai). Insomma, ha battuto due giocatori che assieme a Thiem e Djokovic compongono probabilmente il quartetto dei migliori sulla terra battuta. Lo stesso Nole incerto di Montecarlo era sembrato alla portata del Fognini ammirato contro Nadal. Il trofeo, dunque, non ha alcuna ombra e luccicherà a lungo.
GRANDE SOLIDITÀ MENTALE PER TUTTO IL TORNEO
Il tennista di Arma di Taggia non ha avuto nessun colpo di testa, non è emersa nessuna traccia del cavallo pazzo cui ci ha troppo spesso abituato, ma nemmeno nessun tentennamento. A partire dalla capacità di tenere duro e salvarsi al primo turno contro Rublev, la tenuta mentale lungo tutto il torneo fa ben sperare in ottica top 10. Un Fognini anche sotto questo punto di vista perfetto. Non era facile, sia ripensando al periodo negativo che ha attraverso prima del torneo del principato sia al fatto che il miglior risultato a Montecarlo era arrivato nell’ormai lontano 2013 (semifinale con Djokovic); poi un ottavo perso all’apice del nervosismo con Tsonga l’anno dopo e mai oltre il secondo turno negli ultimi quattro anni (tra cui il derby perso molto male con Paolo Lorenzi nel 2016, quando dopo un buon primo set spense la luce e in due set racimolò un solo game).
FINALMENTE NEL GOTHA DEL TENNIS AZZURRO
Con questo successo, Fognini si ritrova a contendere a pochissimi la quarta impresa più grande di un italiano nell’Era Open, dopo gli Slam di Panatta, Schiavone e Pennetta. In termini di titoli equivalenti a un Masters 1000, Adriano vinse a Stoccolma nel ’75 e a Roma nel ‘76, Flavia a Indian Wells nel 2014, Bertolucci nel 1977 ad Amburgo (battendo in finale Manuel Orantes), quando il torneo tedesco era più prestigioso di oggi (anche se non è semplice giudicarlo al pari di quando era un Masters 1000 poi sostituito da Madrid). A prescindere da quale sarà il lascito di questa vittoria, è un trofeo che nessuno potrà più togliergli.