Ma al di là delle questioni caratteriali, Safarova merita di essere ricordata anche per il suo tennis. Un tennis tecnicamente ineccepibile, tipico della scuola ceca, che insegna a eseguire i gesti-base con grande efficacia e pulizia. Partendo da questi fondamentali, Lucie aveva però sviluppato un modo di colpire più personale e riconoscibile, che andava anche al di là del suo essere mancina. Riporto quello che avevo scritto su di lei nell’aprile del 2014: “L’aspetto che preferisco del suo gioco è l’estremo dinamismo che comunica: spesso mette tutto il peso del corpo nello spingere la palla, finendo per colpire con tutti e due i piedi sollevati, in un movimento “saltato” che fa la gioia dei fotografi”.
Non so se ricordate la serie di pubblicità che qualche anno fa WTA aveva prodotto con lo slogan “Strong is beautiful”. Venivano riprese in studio le giocatrici mentre colpivano la palla, con lo scopo di comunicare allo stesso tempo la forza e la bellezza dei gesti tecnici.
Beh, a mio avviso la giocatrice che in campo, durante i veri match, più spesso riusciva a trasmettere anche questo aspetto “coreografico” del tennis era proprio Safarova, quando decideva di aggredire la palla con quel suo diritto sospeso da terra tanto dinamico e particolare. La foto di apertura di questo articolo è tratta da un match di Wimbledon 2016, ma potrebbe entrare così com’è nella serie “Strong is beautiful”.
Al suo spettacolare dritto Safarova aggiungeva un ottimo servizio, soprattutto in versione slice. Con una ulteriore specificità: nel suo arsenale, da mancina, non era insidiosa solo la classica battuta da sinistra verso il corridoio, ma anche da destra verso la T, grazie a una parabola molto carica e arcuata che tendeva sempre più ad allontanarsi dal rovescio dell’avversaria; tanto che se non la si intercettava in anticipo diventava irraggiungibile.
La ricordo con un servizio quasi ingiocabile durante il Premier di Doha 2015, quando grazie anche a queste battute aveva vinto quattro match su cinque in due set (inclusa la finale contro Azarenka); non a caso l’unica che nel torneo era riuscita a strapparle un set (peraltro al tie break) era stata un’altra mancina, Ekaterina Makarova.
Nei momenti di maggior forma Lucie era però efficace anche nel suo colpo di solito meno incisivo, il rovescio; e quando era in grado di ottenere vincenti anche con il rovescio lungolinea erano davvero problemi per tutte. Durante il Roland Garros 2015 il colpo aveva raggiunto un livello di solidità tale da renderla quasi priva di punti deboli, tanto che c’era voluta Serena Williams (la Serena arrivata quell’anno a sfiorare il Grande Slam) per batterla in finale. Ma prima aveva sconfitto nell’ordine: Pavlyuchenkova, Nara, Lisicki, Sharapova, Muguruza, Ivanovic. Sorteggio per nulla semplice se si tiene contro che le ultime tre avversarie il Roland Garros l’hanno anche vinto.
Dopo quell’eccezionale Roland Garros, avrebbe affrontato ancora un solo Slam nelle migliori condizioni, Wimbledon 2015, dove venne fermata da CoCo Vandweghe al quarto turno, sconfitta in due tiebreak. Poi una lesione ai muscoli addominali alla vigilia degli US Open le aveva reso impossibile essere competitiva a New York, dove venne battuta al primo turno da Lesia Tsurenko. Un guaio del tutto risolvibile, se qualche giorno dopo non fosse emersa l’infezione batterica, durante una vacanza in Grecia. Una vacanza decisa per ricaricare le pile in vista del finale di stagione con la probabile partecipazione al Masters di Singapore, dove Lucie effettivamente giocò, ma in condizioni precarie.
A dispetto della partecipazione al Masters, il problema non era affatto risolto. L’infezione batterica l’aveva prima debilitata e poi causato una artrite reattiva, che l’avrebbe obbligata durante l’inverno a diverse settimane a letto in ospedale, senza nemmeno lontanamente pensare di allenarsi o giocare a tennis. Mesi di pausa che avevano significato la rinuncia agli Australian Open 2016 e ai tornei successivi fino ad aprile. Da allora le maggiori soddisfazioni per Safarova sarebbero arrivate dal doppio; dopo i due successi del 2015, aggiunse altre tre vittorie Slam consecutive: dagli US Open 2016 al Roland Garros 2017, sempre in coppia con Bethanie Mattek Sands.
Tenuto conto delle sue qualità caratteriali, non sorprende che Lucie si sia espressa bene non solo in doppio ma anche negli impegni di squadra: è stata una colonna portante del team ceco di Fed Cup, e diverse volte è stata lei a conquistare successi importanti che hanno determinato l’egemonia ceca nella manifestazione, con sei titoli dal 2011 al 2018. Nella finale contro la Serbia del 2012, con Kvitova in condizioni deficitarie (sconfitta da Ana Ivanovic), era stata Safarova a portare i due punti decisivi, grazie ai successi contro Ivanovic e Jankovic.
Quanto fosse legata al team è apparso chiaro negli ultimi anni, quando ormai in singolare aveva davanti diverse giocatrici (a cominciare da Kvitova e Pliskova), ma ha comunque dato la disponibilità per scendere in campo in doppio. Un’ultima convocazione, quasi sentimentale, è stata quella di due settimane fa contro il Canada, in occasione del confronto che si è tenuto a Prostejov (la sede del centro tecnico federale ceco). Lucie ha disputato il doppio a punteggio acquisito, visto che le vittorie decisive le avevano già portate Muchova e Vondrousova.
E questa convocazione ha avuto una conseguenza anche sul suo addio nel torneo di casa della scorsa settimana. Tutto infatti era pronto perché ricevesse dagli organizzatori di Praga una wild card sia in doppio che in singolare. Ma poi Safarova ha deciso di rinunciare a quella in singolare, cedendola a Karolina Muchova.
Quindi se abbiamo visto Muchova arrivare in finale a Praga lo dobbiamo alla scelta di Safarova, che ha salutato il pubblico solo con l’impegno in doppio. Ha spiegato Lucie in questa intervista: “Non sono fisicamente al 100% e non sono soddisfatta del mio tennis in singolare. Kája (Muchova) invece è stata eccellente in Fed Cup. Accettare una wild card e toglierla a una giovane giocatrice emergente? Solo per scendere in campo? Non mi sembrava giusto”. Anche da decisioni come questa si capisce come si conquistano stima e rispetto nel proprio ambiente.
Non so se ci sarà ancora occasione di parlare di Safarova, per questo ho pensato di chiudere ricordando più direttamente il suo tennis, attraverso sei match. Una scelta in parte limitata dalla disponibilità di video in rete, che non testimoniano di alcuni incontri di inizio carriera che avrebbero meritato di essere presenti.
a pagina 3: Dalla Fed Cup 2012 alla vittoria di Doha 2015