dal nostro inviato a Roma
Ventiquattr’ore di fuoco per Nick Kyrgios – e dopo il fuoco il fumo, che è quello in cui vanno le sue speranze di giocare gli Internazionali in maniera perlomeno normale. Dopo le dichiarazioni oltre ogni limite, rilasciate al podcast No Challenges Remaining di Ben Rothenberg, è arrivata una squalifica che forse supera ognuna delle (non poche) precedenti. Bastano poche parole per sintetizzare: ha lanciato una sedia pieghevole in campo e poi se n’è andato.
I pareri personali su Nadal – “È il mio completo opposto, ed è sempre molto inviperito ogni volta che lo batto” – e Djokovic – “ha una ossessione malata, vuole a tutti i costi essere amato, vorrebbe essere Federer” – sono quelli che hanno fatto inevitabilmente più scalpore, ma Kyrgios non ha risparmiato altri colleghi, i loro staff e persino il pubblico. Una frase come “Perché dovrei mostrare rispetto per chi mi tratta comunque di m…a? Non me ne frega niente se hanno pagato per i biglietti“, riferita al battibecco con uno spettatore al torneo di Miami, cade a fagiolo poche ore dopo un altro episodio estremo. C’è infatti anche il quasi bipolare rapporto tra l’australiano e gli spettatori, in questo caso quelli del campo 3 del Foro Italico, dietro la sua sconfitta al secondo turno contro Casper Ruud, arrivata per squalifica all’inizio del terzo set. Paradossalmente proprio quando la folle situazione di giornata sembrava essersi normalizzata.
I fatti: dopo aver rimediato warning e penalty point per condotta antisportiva già nel giro di pochi game, Kyrgios era riuscito a spostare su “positivo” la levetta della sua pazzia, rimontando e vincendo un gran secondo set con i consueti colpi di giocoleria (alcuni riuscitissimi, altri molto meno); le cose sembravano girare per il meglio, anche perché il pubblico aveva iniziato a sostenerlo con cori e lui stava reagendo bene, partecipando anche a quelli in favore di Del Potro provenienti dalle tribune del campo adiacente. Un po’ più di buffonate del solito, qualche lancio di bottiglietta omaggio agli assetati delle prime file, si era visto ben di peggio. Poi però Kyrgios ha iniziato a venire distratto dai movimenti sugli spalti, se ne è lamentato con l’arbitro chiedendo polemicamente se dovesse servire con la testa girata, ha subìto il break e ha – come si suol dire – perso completamente la brocca.
Quando qualche altra parolaccia è costata a Kyrgios il penalty game del 2-1 – punteggio perfettamente recuperabile – lui ha in sequenza lanciato la racchetta in terra, calciato una bottiglia, preso e scaraventato in campo la sedia del giudice di linea, e infine richiuso il borsone per andarsene prima che il supervisor potesse arrivare in campo per ufficializzare il default. La richiesta di poter parlare con lui è stata rispedita al mittente. C’è da dire che le condizioni di gioco dei campi secondari dell’impianto romano, complice il “programmageddon” che univa gli incontri annullati mercoledì a quelli di giovedì, rasentavano la follia, con persone assiepate sui gradini o sulle transenne e altre che provavano a spostarsi per sbirciare i match adiacenti; tanti tennisti però sono riusciti comunque a superarle – lo stesso Del Potro si era lamentato del caos, generato peraltro dal match di Kyrgios, salvo poi chiudere vittoriosamente.
Adesso per Kyrgios il rischio è enorme: intanto dovrà rinunciare a tutto il prize money del torneo, inclusa l’ospitalità; incorrerà quasi certamente in una multa salata, e potrebbe essere squalificato per un periodo di tempo piuttosto lungo. L’australiano, ormai ventiquattrenne, non è nuovo a situazioni del genere, ma si credeva che gli eventi di Shanghai 2016 non potessero essere ripetuti, tanto meno peggiorati. Lui intanto ha preso in giro su Twitter l’esultanza polemica di Ruud, e ha già abbandonato la sede degli Internazionali. In un certo senso buon per lui, almeno non dovrà dividere lo spogliatoio con un Nadal e un Djokovic imbufaliti…