Spazio sponsorizzato da FEDEX
C’è chi l’ha interpretata come una punizione divina per chi voleva strappare troppi soldi agli appassionati di tennis, soprattutto filofedereriani, questo mercoledì completamente rovinato dalla pioggia che il presidente federale Binaghi – decisamente troppo ingordo per essere un dirigente cui istituzionalmente compete di promuovere il tennis e non di trasformarsi in un imprenditore privato che ha come primario obiettivo quello di far più soldi che può – aveva deciso di far pagare molto più caro rispetto al prezzo originario del biglietto… ”per premiare chi invece l’aveva acquistato per tempo, quando non si sapeva ancora che avrebbe giocato Federer”.
Per inciso un premio davvero curioso, di cui i “premiati” hanno dichiarato di non essersi sentiti per nulla gratificati dal fatto che i ritardatari abbiano dovuto pagare di più di loro, mentre i “penalizzati” non avevano – ovviamente – per nulla gradito. Soprattutto confrontando i prezzi di Roma (da 33 a 39 euro i ground, da 96 a 118 nei primi giorni altri biglietti, da 108 a 173 giovedì, fino ad arrivare intorno ai 200) con quelli di Madrid ma anche quelli di Wimbledon e Parigi (e non si dice Miami e Indian Wells) per i primi turni.
Troppo facile vantare, poi, continui record di incassi, se i prezzi lievitano di anno in anno. A fronte di servizi in tutta onestà assolutamente non paragonabili con i tornei suddetti: basti accennare alle code interminabili a toilette troppo spesso sporche al limite dell’indecenza. Ma quanto può incidere l’impiego di poche persone fisse per le varie toilette, che le ripuliscano ad ogni uscita dal bagno, nell’ambito di introiti superiori ai 10/12 milioni di incassi di sola biglietteria, senza contare cioè diritti tv, sponsor, stand e quant’altro? Se il fatturato dell’evento supera i 30 milioni di euro, possibile non si possa destinare ad una maggiore pulizia (per una settimana) 2.000/3000 euro? Queste cose non le dice Scanagatta che come tutti i giornalisti ha il privilegio di poter usufruire di una delle tre, quattro toilette (con due cabine ciascuno; un po’ di coda la dobbiamo fare spesso anche noi, ma non è paragonabile a quelle degli spettatori comuni) dell’area stampa, ma ce le scrivono di continuo nostri lettori che sono stati anche in altri tornei.
Come ho avuto modo di dire anche in uno dei video quotidiani realizzati in condizioni estremamente disagevoli al Foro Italico, sotto la pioggia e al di fuori dai cancelli dell’impianto perché la FIT ci ha negato quella autorizzazione ai nostri stand up che invece perfino tornei dello Slam ci consentono, come l’Australian Open e l’US Open i quali hanno piacere addirittura che si mostrino sullo sfondo alle nostre spalle i loghi e gli scenari dei loro tornei ritenendo evidentemente che ciò giovi anche alla loro immagine visto che abbiamo parecchie decine di migliaia di visite quotidiane, non ricordo quando ci sia stata un’altra giornata romana interamente fagocitata dalla pioggia, senza che si disputasse neppure un game.
Mentre ne ricordo tante a Parigi, a Wimbledon, all’US Open. In Australia si sono difesi con i tetti retrattili (uno, due, tre) negli USA anche (uno, due), a Wimbledon idem (uno, due), Parigi è rimasta la sola città fra le 4 baciate dagli Slam priva di un tetto (ma l’avrà presto).Fra i Masters 1000 hanno il tetto Shanghai e Madrid (3), ovviamente Parigi-Bercy e Londra per le finali Masters perché indoor, e a mia memoria nessun altro. Però a Roma ne sento parlare dacché fu edificato il nuovo centrale – e anche prima in nuce – fra un’amministrazione comunale e un’altra, dai diversi colori politici. Alemanno, Marino, Raggi. Non ricordo se pure Veltroni.
Nel 2016, quando Binaghi e Tiriac erano in guerra per conquistare 10 giorni nel fittissimo calendario primaveril-estivo dell’ATP – e la cosa lì per lì sembrava potesse accadere per un solo torneo o per tutti e due spazzando via due eventi minori – il presidente del Coni Giovanni Malagò ipotizzò la costruzione di un tetto sul centrale per il 2019. Non se ne è fatto di nulla, come ben sapete. Ora c’è chi dice che per il 2022 o 2023 ci si potrebbe arrivare ma mi pare siano ipotesi campate in aria. Anche perché ogni due per tre ci sono nuove elezioni, avvicendamenti partitici e nessuno guarda mai più in là del proprio naso. Il tetto? Una chimera. Giornate perse come quella di ieri costano care, carissime, Altro che rincari binaghiani per… premiare gli acquirenti più solleciti.
Si è deciso – dopo mille tentennamenti, titubanze e idee poco chiare – di concedere la mattinata di giovedì a chi aveva il biglietto di mercoledì – maggiore precisione e maggiori dettagli li potrete leggere nell’eccellente articolo di Paolo Di Lorito – ma personalmente non ho ancora ben capito la sorte di coloro che sono dovuti rientrare nella loro città, ufficio e non sono potuti restare anche giovedì.
Un comunicato stampa federale relativo alla giornata di martedì aveva citato la presenza di 35.000 spettatori paganti. Quanti sarebbero stati nel “mercoledì nero” in cui dovevano giocare proprio tutti i big, da Federer – ma il cielo non gli ha voluto bene – a Nadal, Djokovic e i nostri Fognini, Cecchinato, Sinner non si può sapere altro che… con lo “spannometro”.
Sempre con lo “spannometro” non si dovrebbe essere troppo di fuori a pensare che i biglietti in vendita mediamente possano costare – fra i vari ordini di campi e di posti – intorno ai 60 euro: se la FIT avesse dovuto restituirli tutti a 30.000 spettatori, significherebbe un rimborso di un milione e 800.000 euro. Non noccioline insomma. Dando la possibilità ai possessori dei biglietti del mercoledì di utilizzare quei biglietti questo giovedì mattina la Fit si è coperta le spalle. Almeno i romani (liberi dal lavoro e da precedenti impegni) potranno approfittarne. Chi veniva da fuori forse no. Quelli potranno chiedere indietro i soldi? La risposta dovrebbe essere sì, ma non è certo. Il regolamento è fumoso. Al Codacons non piace.
Ieri presidenza federale e direzione del torneo si sono lambiccati parecchio il cervello per tentare di evitare quell’ipotesi disgraziata che avrebbe avuto come conseguenza quella di smentire i trionfali annunci dei giorni scorsi secondo cui il torneo aveva già battuto il record delle presenze della passata edizione (204.996 spettatori a fronte dei 203.762 del 2018, quindi già un migliaio in più a botteghini ancora aperti) e i 225.000 euro di incassi in più rispetto all’annata record del 2017 quando furono incassati 12 milioni e 7.000 (o 700 mila) euro. Un anno fa l’incasso era stato leggermente inferiore, 11 milioni e 629.011 euro.
Spalmati su 8 giorni di gare – da domenica a lunedì – sono circa 1,5 milioni al giorno. Un po’ meno se invece di 8 giorni ne consideriamo una decina comprendendone anche due di qualificazione. Chiaro che se fosse andato in fumo anche un solo milione – e non un milione e 800.000 – addio record. Di incassi e di biglietti (quelli rimborsati chiaramente non sono venduti). Così ieri in FIT, sperando che dopo la 19, quando ormai la giornata diurna se n’era andata senza che si fosse disputato un solo game, avevano escogitato una bella pensata, tanto furba quanto – onestamente – bruttina assai.
SEGUE A PAGINA 2: LA ‘FURBATA’ DELLA FIT