0 – le partite vinte al Roland Garros da Johanna Konta in quattro partecipazioni al Major parigino. Uno score molto negativo, testimoniante la scarsa attitudine alla terra battuta della tennista australiana, naturalizzata britannica dal 2012. L’ex numero 4 del mondo (nel luglio 2017), nonostante avesse già alle spalle circa due anni di permanenza nella top 20, prima di quest’anno non aveva addirittura mai raggiunto nemmeno una volta i quarti sul rosso. Un 2018 molto negativo – 31 vittorie nei 23 tornei giocati e appena una finale conquistata, nel piccolo International di Nottingham – e terminato a stento tra le prime 40 del mondo aveva fatto da lungo prologo a un 2019 che sino al termine dello scorso aprile era stato ancora negativo: in nessun torneo Johanna aveva vinto tre partite, rischiando di uscire dalla top 50.
La svolta arrivava in Marocco due settimane fa: a Rabat, Konta conquistava la finale, persa contro Sakkari (ottenuta sconfiggendo tra le altre anche buone tenniste come Tomljanovic e Hsieh), ma nessuno poteva immaginare il suo exploit di Roma. Agli Internazionali d’Italia è arrivata ancora in finale, sfatando anche il record negativo che la vedeva sconfitta in ben dodici delle ultime tredici volte che aveva affrontato una top 10: nell’ordine ha infatti avuto la meglio su Riske (6-4 6-1), Stephens (6-7 6-4 6-1), Venus Williams (6-2 6-4), Vondrousova (6-3 3-6 6-1) e Bertens (5-7 7-5 6-2). Nella finale degli Italian Open, non è riuscita a vincre il terzo titolo della carriera (tutti di categoria Premier, tra i quali il Mandatory di Miami nel 2017) ed è stata sconfitta da Karolina Pliskova, ma con questo piazzamento rientra nella top 30, fascia di classifica persa dopo l’ultimo Wimbledon.
2 – i tornei vinti da Karolina Pliskova nel 2019 (Kvitova e Bertens sono le sole altre due tenniste a esserci riuscite). Due sono anche i tornei, prima della scorsa settimana a Roma, conquistati sulla terra all’aperto (i piccoli International di Norimberga nel 2014 e di Praga nel 2015). Nel 2018 l’ex numero 1 al mondo (nel luglio di due anni fa) aveva anche conquistato sul rosso il Premier di Stoccarda, che però si gioca in condizioni indoor e certamente – sebbene vantasse una semifinale al Roland Garros nel 2017 e una a Madrid l’anno scorso – non era considerata tra le favorite per la vittoria degli Internazionali d’Italia, dove in quattro partecipazioni aveva perso ben tre volte nella partita d’esordio e raggiunto al massimo i quarti di finale. Quest’anno aveva vinto solo una partita sulla terra rossa, ma a Roma ha trovato la quadra per avere anche la forza di rimontare due partite e sconfiggere, nell’ordine, Tomljianovic (duplice 6-3), Kenin (4-6 6-4 6-3, Karolina era sotto anche di un break nel secondo set), Azarenka (6-7 6-2 6-2), Sakkari (duplice 6-4) e, in finale – prima ceca ad arrivarci dal 1982, quando Mandlikova perse da Evert- Konta (6-3 6-4). Con il successo romano, secondo del 2019, dopo quello al Premier di Brisbane, Karolina è tornata al numero 2 del mondo, miglior posizione da lei occupata dopo lo US Open 2017.
3- la posizione nella Race to London di Stefanos Tsitsipas. Quando siamo quasi al giro di boa della stagione tennistica, un ottimo traguardo per il tennista greco nato nel dicembre 1988, unico under 21 nell’attuale top 20 del ranking ATP. Il numero 6 del mondo (best career ranking raggiunto questa settimana) è stato capace di aver una crescita esponenziale negli ultimi due anni. Ventiquattro mesi fa era ancora fuori dai primi 200, ma grazie a un’ottima seconda parte di 2017 chiudeva la stagione al 91° posto del ranking. Il 2018 è stato l’anno dell’esplosione: dopo la finale raggiunta all’ ATP 500 di Barcellona, è arrivata quella a Toronto, conquistata sconfiggendo quattro top 10 nello stesso torneo (Thiem, Djokovic, Zverev e Anderson) che lo faceva diventare il più giovane tennista a riuscirci da quando l’ATP Tour è nato nel 1990. Lo scorso ottobre ha vinto il suo primo titolo a Stoccolma e chiuso la stagione al 15° posto, guadagnando il premio di Most improved player of the year (con la ciliegina sulla torta della vittoria a Milano delle ATP Next Gen).
Il 2019 si sta però rivelando il classico anno della consacrazione: la vittoria su Federer e la successiva semifinale agli Australian Open, i due titoli a Marsiglia e Estoril, la finale a Dubai e l’ingresso nella top 10. Madrid lo ha legittimato come protagonista di primissimo livello anche sulla terra rossa: superando Nadal in semifinale non solo ha raggiunto la seconda finale in carriera in un Masters 1000, ma – ad appena venti anni e mezzo – ha già sconfitto almeno una volta i tre tennisti che hanno maggiormente dominato il nuovo millennio (e attualmente ancora ai primi tre posti del ranking). Senza dimenticare che la vittoria madrilena su Rafa lo ha fatto divenire appena il terzo giocatore dal 2017 in poi ad aver sconfitto il maiorchino sulla terra rossa (assieme a Thiem e Fognini). A Roma nulla ha potuto contro un Nadal nuovamente in grande forma, ma le prospettive di poter continuare la crescita in classifica sono grandi: sino a inizio agosto difende appena 225 punti. Una miseria per chi conduce, con 29 successi, la classifica delle vittorie ottenute nel 2019 (davanti a Nadal e Medvedev con 25, Djokovic 23, Federer e Pella 22).
6 – le vittorie ottenute dai dieci tennisti azzurri in gara nei tabelloni di singolare degli Internazionali d’Italia. Un bilancio piuttosto negativo, ma sicuramente migliore di quello del 2016, quando nessun nostro tennista arrivò agli ottavi e anche di quello del 2017, quando il solo Fognini arrivò agli ottavi. L’anno scorso, invece, sempre il ligure aveva portato il tricolore in gara sino al venerdì, arrivando ai quarti, dove perse in tre set contro Nadal. Il grande momento che sta vivendo il nostro settore maschile (due nostri tennisti nella top 20, Berrettini a ridosso della top 30, altri tre tra i primi 100 e ulteriori 12 nella top 200) poteva forse sperare in qualche exploit nel torneo di casa, ma non è andata decisamente così, al di là di qualche isolato lampo. Cecchinato ha deluso perdendo contro Kohlshreiber dopo aver eliminato De Minaur e ora è atteso alla difesa della pesante cambiale di Parigi. Berrettini – dopo aver avuto facilmente la meglio su Pouille e aver ottenuto la vittoria sin qui più prestigiosa della carriera contro Zverev-, ha poi mancato la prova del nove contro Schwartzman (ma nulla si può rimproverare al romano, che, da 249 ATP, proprio agli Internazionali d’Italia esordiva nel grande tennis due anni fa, grazie a una wild card).
Un Fognini non al meglio della condizione fisica ha fatto il suo dovere sconfiggendo in due set sia Tsonga che Albot, prima di cedere a un tennista più in forma e dalla miglior classifica come Tsitsipas. Seppi ha strappato un set a Bautista Agut, ma alla fine è incappato nella sua ottava sconfitta consecutiva (e con quella rimediata lunedì a Lione sono diventate nove per l’altoatesino, in uno dei momenti più difficili della sua bellissima carriera). Qualche rimpianto lo lascia lo stesso Sonego – ha perso il secondo dei tre confronti diretti con Khachanov, da lui sconfitto un mese fa a Montecarlo – mentre nulla si può chiedere a Andrea Basso, che ha tenuto il campo onorevolmente contro Cilic. Capitolo a parte per Sinner, capace di mostrare la maturità del suo tennis e il talento puro di cui è dotato, ottenendo a 17 anni su Johnson la prima vittoria in carriera in un Masters 1000 (più che onorevole è stata poi la sua successiva sconfitta contro Tsitsipas).
Molti meno rimpianti li lascia invece il settore femminile: purtroppo alla vigilia era noto che il livello attuale delle nostre giocatrici- con Giorgi ancora preoccupantemente ferma ai box e che negli ultimi tre mesi ha giocato solo a Miami – sarebbe stato difficilmente competitivo in un torneo Premier 5. Cocciaretto, Errani e Paolini hanno raccolto complessivamente dieci game contro, rispettivamente, Anisimova, Kuzmova e Kenin (non certo campionesse, o quantomeno non ancora; solo quest’ultima è nella top 40). Ogni ulteriore commento sul disastroso momento del nostro settore femminile sarebbe superfluo.
8- i tornei consecutivi in cui nel tabellone principale Diego Schwartzman non aveva vinto due partite di seguito. Con questo misero score l’ex 11 del mondo si è presentato a Roma. Uscito lo scorso febbraio, dopo il torneo di Rio de Janeiro, dalla top 20 – nel 2018 proprio in seguito all’ATP 500 vinto in Brasile battendo in finale Verdasco vi era entrato per la prima volta – in questo 2019 aveva rimediato ben sei sconfitte contro tennisti fuori dai primi cinquanta del ranking ATP. Il classe ’92 argentino, mai arrivato in semifinale in un Masters 1000, a Roma ha trovato la miglior settimana della carriera e non ha lasciato scampo a Nishioka (6-1 6-4), Ramos (7-6 6-1), Berrettini (6-3 6-4) e Nishikori (6-4 6-2). Quella contro il giapponese, 6 ATP, è stata anche la vittoria più prestigiosa in carriera: una semifinale poi onorata con una grande prestazione, che ha costretto il numero 1 del mondo Djokovic al terzo set e che gli ha soprattutto permesso di trovare i punti per il rientro nella top 20.
17- i ritiri (tra rinunce a tabellone già sorteggiato e defezioni a torneo iniziato) avvenuti nelle ultime tre edizioni del singolare femminile degli Internazionali d’Italia. Un numero davvero considerevole in un lasso temporale abbastanza ampio da lasciar supporre che non si tratti più di una semplice casualità. In tal modo, non è solo penalizzata la regolarità dello svolgimento del torneo (vengono irrimediabilmente squilibrati i tabelloni), ma, soprattutto, si danneggiano gli spettatori, che in molti casi si ritrovano ad assistere a un numero di partite minore di quello preventivato, un danno non indifferente specie quando accade nella fase centrale e finale del torneo. Tra l’altro, sempre negli ultimi tre anni, il torneo di Madrid che si gioca appena una settimana prima degli Internazionali d’ Italia e ha una importanza superiore (è un Mandatory), ne ha contati solo sette. Non è colpa diretta degli organizzatori italiani, ma certamente un numero così ingente di ritiri testimonia la presenza di un problema reale – l’eccessiva prossimità al Roland Garros? – che va affrontato.
1900 – i punti raccolti da Rafael Nadal nel mese e mezzo precedente il Roland Garros 2019, l’unico periodo davvero utile per trarre qualche utile indicazione per il Major parigino che inizia domenica prossima. Da quando nel 2005 il campione maiorchino ha vinto il suo primo Slam, solo due volte aveva ottenuto meno punti nella parte di stagione che va da Monte Carlo a Roma.
Nel 2014 ne aveva totalizzati appena 30 in meno di quest’anno: fece male a Monte Carlo e Barcellona, ma vinse a Madrid su Nishikori, per poi perdere in finale contro Djokovic. Cinque anni fa Rafa vinse comunque il Roland Garros, imponendosi in finale in quattro set sul serbo. Nel 2015, forse l’anno peggiore della sua carriera (appena due titoli secondari, a Stoccarda ed Amburgo, e nemmeno una semifinale nei Major) ottenne solo 1530 dalla primavera sulla terra rossa europea che precede il Roland Garros, raggiungendo la finale solo a Madrid (persa contro Murray) e una ‘misera’ semifinale a Monte Carlo. Quello fu l’anno della seconda e sinora ultima sconfitta rimediata in carriera sul Philippe Chatrier che, dopo aver perso nel 2009 da Soderling, quattro anni fa si arrese nei quarti a Djokovic.
Quest’anno, dal torneo monegasco in poi, Nadal conduce comunque la classifica di chi ha ottenuto più punti: in questa sorta di mini Race lo seguono, nell’ordine, Djokovic (1780 punti), Tsitsipas (1300), Fognini (1180), Thiem (960), Medvedev (680), Schwartzmann con 500, Berrettini con 490 e Nishikori con 460.