Alexander Zverev è tornato a vincere, ma non è ancora guarito. O quantomeno, il torneo di Ginevra non ci ha dato indicazioni sufficienti a considerarlo del tutto fuori dal tunnel che, per sua stessa ammissione, aveva imboccato nelle ultime settimane. Il 22enne tedesco ha battuto in finale Nicolas Jarry, restituendogli con tanto di interessi la sconfitta di Barcellona; in quell’occasione era stato il cileno a spuntarla annullando match point, questa volta il numero cinque del mondo ha trionfato cancellando addirittura due championship point a Jarry. Per il 23enne di Santiago del Cile, alla seconda finale nel circuito maggiore, sarebbe arrivato il primo titolo, invece Zverev si è cinto dell’undicesimo alloro della sua giovane carriera. Servendosi di una combo di fortuna e caparbietà.
Fortuna sicuramente, poiché il primo match point Jarry l’ha fallito nonostante il conforto del servizio, nel corso del tie-break decisivo, inciampando in un errore di volo sul 7-6. Caparbietà perché la partita è stata segnata da due interruzioni per pioggia, una di un’ora e mezza circa – dopo che i primi 45 minuti di gioco avevano mandato Zverev avanti di un set e Jarry di un break nel secondo – e una seconda di durata simile, a seguito di un brevissimo scampolo di partita da 20 minuti nel corso del quale Jarry si era portato a un passo dalla conquista del secondo set, che avrebbe poi effettivamente vinto restituendo il 6-3 a Zverev.
Ma caparbietà anche perché il tedesco, nel tie-break di un terzo set avaro di occasioni di break – appena tre complessive, due salvate da Zverev in uno dei game più lunghi della partita – si era trovato avanti 4-0 e poi 6-3 e aveva quindi sciupato ben tre match point consecutivi. Gli è servito sicuramente l’aiuto del suo avversario per rimettere la testa avanti, ma qualche buon segnale si è visto. Più che altro una lotta mentale tra ‘Zverev e Zverev’: la sua versione piena di complessi e paure che è spesso emersa nel corso della partita, manifestandosi in ampi doppi falli e prime di servizio a velocità da giocatore di circolo, e l’anima del campione in erba, quello che in fondo sa di essere destinato a grandi cose e vuole ribellarsi al periodo nero. E poi ci riesce, pur chiedendo un po’ di aiuto alla dea bendata. Una signorina che si sa, tende a premiare gli audaci.
Comprendiamo la delusione di Jarry. Due ore e quaranta di botte da fondo contro un avversario che non ne voleva sapere di fare un passo in avanti, legittimando la strategia del braccio di ferro scelta da Jarry, due volte a un passo dalla vittoria per finire poi a interpretare la parte del runner-up. Il cileno sulla terra battuta ha movenze naturali e ottimo punch, un titolo prima o poi lo vincerà, e ha fatto sostanzialmente quello che doveva. Molto si potrebbe imputare invece a Zverev, ancora incapace di avvicinarsi al campo per rendere meno faticose le sue partite, specie su questa superficie, e maledettamente legato al rendimento del servizio: un colpo inattaccabile nel primo set, infatti dominato, e sicuramente più ondivago nei parziali successivi.
Uno Zverev anche poco lucido tatticamente, come dimostra la scellerata palla corta con la quale Jarry gli ha scippato il servizio decisivo del secondo set. Insomma, il tedesco raggiungerà in fretta e furia Parigi con un nuovo titolo in tasca, che sicuramente è meglio che non averne vinto uno, ma ci saranno le fatiche di tutta una settimana da gestire (quasi nove ore in campo, nel complesso). Magari chissà, questo torneo vinto un po’ così potrà invece proprio trasformarsi nella chiave della rinascita. L’inizio di percorso sui campi di Porte d’Auteuil potrebbe dargli una mano: Millman al primo turno e un qualificato al secondo, Ymer o Rola. Non certo le Forche Caudine. Ma il problema di Zverev, per il momento, continua ad essere lo stesso Zverev.
Risultato:
[1] A. Zverev b. N. Jarry 6-3 3-6 7-6(8)