Se a Roma aveva sorpreso un po’ tutti, arrivando fino alla finale persa con Karolina Pliskova, Johanna Konta a Parigi ha regalato conferme. Su terra, in questo momento, la britannica funziona più che mai. Al punto da mandare nel dimenticatoio gli ultimi quattro anni trascorsi senza mai vincere una partita nel main draw del Roland Garros. Il convincente successo su Sloane Stephens (qui la cronaca da Parigi del nostro inviato Vanni Gibertini) ha smosso anche la critica a favore dell’ex numero quattro WTA, che da aprile in poi ha dato una svolta alla sua stagione.
Nel salotto di Eurosport, Chris Evert (oggi opinionista, a lungo numero uno al mondo tra gli anni ’70 e ’80) è andata oltre i commenti di circostanza: “Mi ha lasciato senza parole e non mi capita spesso. Giocando a questi livelli, Johanna può battere chiunque. Certo, deve imparare a vincere le partite anche quando non riesce a esprimere un tennis così perfetto. Magari cercando di rimanere più serena, risultando meno severa con se stessa. Si parla di una giornata negativa di Stephens, ma in realtà è stata Jo a non farla mai entrare in partita“.
La tre volte semifinalista Slam (ma è la prima volta su terra), intervenuta nel salotto televisivo post partita, ha raccontato così la sua eccellente prestazione: “Mi ero preparata ai lunghi scambi che ci sarebbero stati contro Sloane, sapendo però di dover accelerare per esprimere al meglio il mio gioco. Si è trattato di trovare il giusto equilibrio tattico. So bene di non aver vinto una partita in quattro anni qui, ma allo stesso tempo ero consapevole di essere arrivata a questo Roland Garros nel migliore dei modi, con le due finali ravvicinate di Rabat e soprattutto Roma“.
Konta ha anche confermato i benefici derivanti dal lavoro con il nuovo coach Dimitri Zavialoff, già con Wawrinka, che la affianca da ottobre: “Mi dà libertà di esprimermi, ha restituito fiducia a dei colpi che erano già nel mio bagaglio come il servizio in kick e lo slice. Riesco a essere me stessa in campo più di quanto accadesse in precedenza“.
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