da Parigi, il nostro inviato
Oggi non si gioca, oggi piove. Djokovic, Zverev, Halep, Anisimova restano tutti chiusi al caldo. Tutti perfettamente oliati, ma ancora riposti nelle rispettive custodie. Tutti lì, a compiere esercizi di visualizzazione, a coltivare il killer instinct che ti fa colpire meglio il dritto senza che tu capisca perché. Vedi la sconfitta del nemico, immagina il tuo successo. Tu andrai avanti, tu tornerai a casa asciutto, tu sarai celebrato. L’altro resterà in campo a chiedersi perché e mentre aspetterà l’idea, tornerà a piovere.
Oggi non si gioca. Si viene al Port d’Auteuil per un souvenir. Per un hamburger che costa il doppio di quello che pagheresti di fuori. Per un ombrello fatto in Cina, che costa quanto si riceverà per il rimborso del biglietto. Parigi è così, Parigi è un’enclave, la cui chiave è il prezzo degli appartamenti, respingente per chi non è degno delle mura. Poi c’è il Roland Garros che è un’enclave nell’enclave, circondata dalla realtà. Poi c’è il villaggio Vip del Roland Garros che è un’enclave nell’enclave dell’enclave, ma che è anche l’unico posto dove si può bere un caffè che gli assomigli.
Il Roland Garros sarà anche un luogo di privilegi ma almeno non ha paura di un giorno di pioggia. Il biglietto verrà rimborsato per intero se non si gioca per almeno due ore: la federazione francese non vuol farla scontare agli spettatori, e già che ci siamo non ha raddoppiato il prezzo delle semifinali, né chiederà un supplemento da quando si è scoperto che Federer giocherà contro Nadal.
La voce dello speaker in sala stampa, ad ogni mezz’ora che passa, ci avvisa che pioverà per un’altra mezz’ora. L’inflessione è costante, il contenuto del messaggio è uguale. Forse è un disco, forse è un annuncio come quelli che danno nelle stazioni dove fermano i regionali d’estate, quando la pioggia è un ricordo, e in cui ti dicono che è in arrivo “uno” treno. Navighiamo a vista e conserviamo ottimismo. Toh, eccolo qua, ancora, l’araldo della pioggia: “pas avant 16 heures”. Non prima delle quattro. Ma lo speaker lavora per l’organizzazione, non per il cielo.
Tra poco, lo spero, il disco perderà il tempo, si incanterà e ci annuncerà che è già piovuto convinto di parlare al futuro. Perdonate questo desiderio catastrofico ma in sala stampa non si sa che fare, ci si annoia. Potremmo scrivere un articolo che racconti tutti e 38 gli incontri tra Federer e Nadal da Miami 2004 a Indian Wells 2019 (che non c’è stato), ma davvero non va a genio a nessuno. C’è dello spleen, di Baudelaire-iana memoria, ma non si rinviene l’idéal.
Scorriamo sul display le immagini dei campi. A primo acchito ci si può illudere che sui secondari i teli siano stati rimossi. Ma siamo fregati tutti, sono mimetici. Gli mancano le linee e hanno il logo Roland Garros. Già che li vedo meglio mi chiedo come si possa confonderli e penso che sia solo voglia di tennis, da soddisfare anche su di un telo di plastica zuppo d’acqua. Eccolo l’idéal, stavolta imprenditoriale: quando si torna a casa ci si butta un po’ di sapone per i piatti sopra e proviamo a lanciare il tennis saponato.
Lo speaker ha annunciato l’ennesima mezz’ora, e come previsto, stavolta lo ha iniziato davvero a fare con ritardo. Rispettando questa tabella di marcia, secondo personali calcoli, l’allineamento degli annunci con l’orario di ripresa si compirà alle 21 in punto. In quel preciso momento, stando a sentire antiche profezie, si scateneranno gli eventi che porteranno a infiniti prodigi, tra cui la vittoria di Federer contro Nadal al quinto set al Roland Garros, con una risposta vincente dello svizzero contro un serve and volley dello spagnolo.
Ma eccolo ancora lo speaker, accortosi del rischio ed erettosi a figlio della restaurazione: il gioco è totalmente sospeso. Non so se vuol dire che nessun prodigio si compirà, non so se porterà male a Roger. Ma intanto il vostro cronista, stasera cenerà prima delle 23. E questo a voi non sembra già un miracolo?