dal nostro inviato a Parigi
In tutti i film di fantascienza che si rispettino, il laboratorio in cui si mettono a punto le armi dei protagonisti o l’officina in cui vengono forgiate le armi dei supereroi, sono nascosti ed inaccessibili agli occhi dei comuni mortali. Poteva essere diverso per le “armi” degli eroi moderni, ovvero le racchette dei tennisti e delle tenniste del Roland Garros? Ovviamente no. E come capita nei film, talvolta un gruppo di eletti ha il privilegio di accedere ai luoghi inaccessibili.
Ok, va bene, ci siamo fatti trasportare dall’analogia cinematografica: non esageriamo, abbiamo semplicemente ricevuto l’invito della Babolat – incordatrice ufficiale del Roland Garros – e l’unico merito è stato quello di essere già belli e pimpanti di prima mattina davanti allo storico e bellissimo campo n. 1, quello che dal prossimo anno non ci sarà più, pegno necessario per avere il tetto sullo Chatrier. Perché proprio nella “pancia” del campo n. 1 c’è la sala dove lavorano gli incordatori ufficiali del torneo. Scendendo per le scale – all’incirca un paio di piani – ci troviamo davanti al grande desk dell’accettazione. “È qui che ad inizio torneo si raccolgono da parte dei giocatori tutti i dati su racchette e corde” ci spiega, dopo averci accolti, Shirley Ribeiro, responsabile dei rapporti con i media per la Babolat. “In modo che poi quando arrivano gli ordini per le racchette nei giorni successivi i dati sono già caricati e le racchette vanno direttamente agli incordatori che sanno già come procedere”.
Subito dietro il desk, eccoli. Sono tutti lì. Sono come quelli che nei film supportano i protagonisti davanti ad una serie di monitor, pc e device vari nel loro furgone attrezzato da centrale operativa o in un laboratorio: sono tra i migliori nel loro campo. Qui a Parigi il team di supporto è composto da diciotto professionisti che arrivano da ogni parte del mondo, i diciotto incordatori che dall’inizio del torneo (qualificazioni comprese) preparano per allenamenti e match le racchette dei giocatori e delle giocatrici dello Slam parigino. E come le persone comuni che si ritrovano nel avveniristico laboratorio di cui fino a quel momento avevano soltanto sentito parlare in modo misterioso, restiamo per un attimo in silenzioso stupore. Ovviamente, dato che siamo stati invitati, rispetto ad un film sci-fi qui non c’è nessun protocollo di segretezza da rispettare e Shirley Ribeiro ci lascia infatti alle spiegazioni di uno dei responsabili Babolat, Sylvain Triquigenaux, che ci fa così entrare veramente dentro al mondo delle incordature di uno Slam.
Si inizia con la spiegazione del processo operativo: l’arrivo della racchetta, il caricamento dell’ordine al desk, la stampa dell’ordine e la consegna della racchetta all’incordatore, l’incordatura, il disegno del logo sulle corde – che non è compito dell’incordatore, ma di un altro addetto – ed infine la preparazione della racchetta per il ritiro o la consegna al giocatore (in genere assieme alle corde: qualche giocatore le lascia sempre lì, la maggioranza invece le consegnano e le riprendono ad ogni incordatura). “Considerate che quando una racchetta ci viene consegnata durante una partita, da quando arriva qui a quando viene riportata al giocatore in campo passano 20-25 minuti” sottolinea con orgoglio Sylvain, che ci spiega che con l’andare dei giorni il numero degli incordatori diminuirà e ne rimarrà uno solo. Non perché ci sia in atto una sfida stile Highlander, ma semplicemente perché con la progressiva riduzione dei giocatori e dei match ne serviranno sempre meno.
Il nostro interlocutore vorrebbe continuare con la sua dettagliata e ben preparata spiegazione, ma viene travolto dopo poco da un fiume di domande (ha il tempo però di evidenziare un altro dato sulla bravura e rapidità degli incordatori, ovvero che riescono a incordare una racchetta in un quarto d’ora “quando un principiante ci mette anche un’ora e mezza“). La prima è se il servizio è disponibile per tutti i giocatori del torneo. “Sì per tutti, dalle qualificazioni fino al tornei juniores”.
La domanda successiva a quel punto è scontata, ovvero se se ne servono anche i Big Three. “Federer e Djokovic no. Hanno il loro incordatore. Da quanto ne so Federer porta il suo incordatore personale ad ogni torneo”. Tra i clienti c’è invece il testimonial Babolat per eccellenza e soprattutto colui che da quindici anni a questa parte è “il” campione del Roland Garros, Rafa Nadal. E dato che parlavamo di armi e supereroi, il paragone che sorge spontaneo vedendo tutti quegli incordatori intenti nel loro lavoro e tutte quelle racchette che vanno e vengono mentre si parla del fuoriclasse spagnolo, è quello tra la Pure Aero di Rafa ed il martello Mjolnir di Thor: del resto, sono molti a sostenere che il maiorchino sia un semidio del tennis sulla terra battuta…
Intanto le domande scendono più sul tecnico. Dalle dimensioni del piatto corde (“La stragrande maggioranza usa ovali da 100 pollici quadrati. Serena arriva a 104 con la sua Wilson“) a quale tipo di corde usano i migliori pro. “Facendo una media, i top 15 usano per metà l’ibrido e per metà il monofilamento puro”. Scatta anche qui la domanda sui Big Three. “Federer e Djokovic giocano con l’ibrido, Federer invertendo il budello ed il monofilamento rispetto al montaggio classico su corde verticali ed orizzontali. Rafa usa il monofilamento”. Nel sottolineare come il budello rimanga una corda con caratteristiche uniche, che nessuna corda sintetica è riuscita sinora a replicare, Sylvain spiega anche il perché praticamente nessun professionista monta solamente corde in budello. “Una delle caratteristiche del budello è la potenza. Questi giocatori non hanno certo bisogno di una corda che aumenti la potenza dei loro colpi, dato che ne hanno in abbondanza. Ecco allora la preferenza al monfilamento ed al maggiore controllo che questo tipo di corda può dare”.
Ma le tensioni? “Diciamo che mediamente siamo sui 24 kg. Siamo un po’ scesi come media rispetto agli anni scorsi, quando eravamo attorno ai 25 kg”. Gli estremi? “Beh, mi ricordo qualche anno fa l’italiano Volandri che incordava a 16 kg, adesso c’è Mannarino che fa lo stesso, 16-17 kg. La tensione massima? Dustin Brown arriva a 36-37 kg”. Un po’ di sorpresa – ma non troppa, dato che anni fa su Ubitennis avevamo già parlato delle sue tensioni altissime – per il dato relativo al 34enne funambolo tedesco, alla quale segue subito la curiosità di sapere quante corde è stato costretto a cambiare con quella tensione ( “Beh non molte, non ha giocato molto qui quest’anno, è stato eliminato nelle qualificazioni” ci viene risposto con una battuta), che introduce il quesito successivo: perché rispetto al passato le corde in partita si rompono molto meno? “È vero, ma non è legato all’evoluzione dei materiali come si potrebbe pensare, ma al fatto che i giocatori al giorno d’oggi cambiano racchetta durante il match molto più di frequente. Alcuni addirittura ad ogni cambio palle. Di conseguenza è molto più difficile che si arrivi ad usurare ed a rompere le corde”.
Intanto ci siamo avvicinati agli incordatori. Ed il primo è proprio colui che ha l’onore (e l’onere) di preparare il Mjolnir nadaliano. Lo spagnolo (basco, come ci ha sottolineato) Gorka Alday è l’incordatore che quest’anno al Roland Garros prepara le Babolat del fuoriclasse maiorchino in modo da permettergli di sprigionare le sue incredibili rotazioni mancine, l’equivalente tennistico dei fulmini scagliati dal figlio di Odino. Scopriamo così che in un Roland Garros Nadal fa incordare un’ottantina di racchette: “Usa tre racchette per allenamento, poi circa 5-6 in partita”. Come detto incordatura in monofilamento – Babolat RPM Blast, per essere precisi – “con una tensione di 25 kg“. Questo vuol dire che complessivamente, in questi quindici anni (e dodici trionfi), sono all’incirca 1.000 le racchette incordate per Rafa al Roland Garros.
Il fatto che quest’anno sia un suo connazionale a farle è un puro caso. “I giocatori non ci vengono assegnati in base alla nazionalità, è il desk che assegna i giocatori in base al carico di lavoro” ci conferma l’incordatore croato Zelimir Furjan, al suo sesto anno qui al Roland Garros. Lui, ad esempio, dei suoi connazionali ha incordato solo Karlovic. A Zelimir chiediamo anche quante racchette incorda al giorno. “Dipende dalle giornate, ma diciamo tra le 20 e le 30”. In realtà poi scopriremo che l’assegnazione non è proprio del tutto casuale. In particolare negli ultimi anni, con lo straordinario susseguirsi delle vittorie del maiorchino al Roland Garros, l’assegnazione della racchetta di Nadal ad uno degli incordatori ad inizio torneo vuole essere una specie di premio per il prescelto. Anche solo per il fatto che in genere è la garanzia che sarà lui quello che rimarrà a Parigi fino alla fine del torneo…
Ma come si fa a diventare un incordatore professionista? Qual è il background di competenze richiesto? Uno spaccato ce lo offre Karin, britannica, all’ultimo giorno di lavoro nei sotterranei del campo n. 1. “Non incordo né Nadal, né Djokovic…“, ci spiega e ci rassicura che non le rechiamo alcun disturbo mentre imperterrita continua ad operare sul telaio, ricordando una tessitrice dell’epoca della rivoluzione industriale. “Gestisco diversi negozi di articoli per il tennis in società con mio marito. Quello che faccio qui è un extra. In genere seguo tre tornei dello slam all’anno: quest’anno sono stata in Australia e andrò a Wimbledon, ma io in genere faccio le qualificazioni e la prima settimana. Poi torno a casa“.
Mentre parliamo, tutti continuano a lavorare. E Sylvain continua, cortese e sorridente, a rispondere alle nostre domande. Come quella se ci siano talvolta degli ordini particolarmente complicati da eseguire. “Non ci sono richieste particolari. Magari può essere un attimo più complicato gestire una racchetta con quattro nodi rispetto a due, ma sono cose marginali. Considerate, come dicevo, che loro incordano una racchetta in quindici minuti. Quando i giocatori chiedono di incordare la racchetta durante i match, può capitare che sia più il tempo che ci si mette a portarla qui e a riportarla in campo che quello che ci mettono loro”.
Come dicevamo: gli eroi dei film riescono nell’impresa perché hanno sempre un team di valore assoluto a supporto. Ci si distrae un attimo nel guardare le racchette pronte per la consegna (“Le racchette vengono messe in una busta di plastica e poi in una borsa per mantenere il più possibile le caratteristiche delle corde” ci spiega ancora Sylvain) perché vediamo quella di Matteo Berrettini, prima di fare la classica domanda finale. Ma quanto costa un’incordatura al Roland Garros? “Il costo è di 25 € ad incordatura. Vengono detratti dal prize money”. Anche qui scatta, ovvia, la domanda: ma anche Rafa, che è vostro testimonial, paga? “Certo. Paga come gli altri, anche perché qui c’è un accordo tra Babolat e l’organizzazione del Roland Garros ed è poi appunto l’organizzazione che segue l’aspetto costi”.
Il viaggio nel laboratorio è finito. Ma, come da classica sceneggiatura da film di fantascienza, c’è sempre colui che sul finire tenta di impossessarsi dell’arma dell’eroe, convinto di poter usare Mjolinir e diventare come Thor.
E come nei film, si scopre che non è l’arma a fare il supereroe, ma che solo il supereroe può utilizzare l’arma progettata per lui. Anche perché quelli della Babolat, nostri amabili complici nella gag del video, hanno comunque preferito non darci una delle Pure Aero di Nadal. Non poteva accadere, ma meglio evitare qualsiasi rischio che un brizzolato giornalista italiano si mettesse a roteare dritti uncinati a 5.000 giri al minuto in giro per il Bois de Boulogne…