Da Wimbledon, il nostro inviato
L’asfissiante ondata di calore che sta avvolgendo quasi tutta l’Europa Occidentale è arrivata, almeno per un giorno, anche a Londra, che in questo sabato di giugno si è trovata a dover gestire temperature vicine ai 35 gradi. Gli immacolati prati dell’All England Club, pronti a ospitare da lunedì il più famoso torneo del mondo, non dovranno però sopportare a lungo questa insolita canicola: le previsioni parlano di una prima settimana dei Championships con tempo generalmente soleggiato ma temperature decisamente miti, poco sopra ai 20 gradi. Fortunatamente per i tennisti (e per gli altri addetti ai lavori) l’evento principale di questa giornata era prevista nel freschino dell’aria condizionata della sala interviste, dove i protagonisti (o presunti protagonisti) dello Slam londinese si sono succeduti nelle conferenze stampa pre-torneo.
Con il canonico ritardo che accompagna queste occasioni, Rafael Nadal è stato il primo a presentarsi davanti ai taccuini, per nulla preoccupato delle due sconfitte subite nella esibizione di Hurlington (“Si tratta di match molto diversi dalle partite ufficiali”) e molto concentrato sulla prima partita che lo attende contro Sugita, “un giocatore che ha già giocato e vinto tre partite su questa superficie e che sarà duro da affrontare”. Il maiorchino ha rinunciato a giocare tornei di preparazione per questo Slam e sta quindi trovando la forma giorno dopo giorno.
Inevitabile la domanda sulle sue dichiarazioni a proposito del sistema di teste di serie in vigore a Wimbledon, l’unico torneo che non rispetta la classifica mondiale per dare più peso ai risultati ottenuti sull’erba: “Questo è un problema a livello di ATP – ha spiegato Nadal – questo torneo assegna 2000 punti e noi permettiamo che faccia quello che vuole. È un fatto che non capisco, perché questa decisione ha delle conseguenze che si ripercuotono per tutta la stagione. Non è solo l’erba, la stagione non è solo l’erba: tutti i giocatori lavorano sodo per ottenere un ranking tale da poter essere testa di serie, e poi arrivano qui e rischiano di avere un tabellone più difficile a causa di questo criterio. Rispetto le regole di Wimbledon, la sua storia e tutto quanto, e capisco anche come il loro modo di vedere le cose possa essere diverso dal nostro. Ma se l’ATP assegna a questo torneo la possibilità di assegnare 2000 punti dovrebbe avere più peso decisionale sulle regole da adottare”.
Per continuare le controversie è arrivata subito dopo anche Serena Williams, che ha spiegato come abbia ripreso ad allenarsi da circa una settimana e mezzo, che dopo 3-4 giorni di allenamento fosse già a pieno regime per quel che riguarda le ore di campo e che è rimasta sorpresa quando qualcuno le ha fatto notare che la WTA ha una nuova numero 1: “Sono molto contenta per Ashleigh, è davvero una tennista con un gioco straordinario, è sempre così calma e rilassata in campo, davvero contenta per lei”.
La fuoriclasse americana ha anche voluto chiarire come siano andate le cose a Parigi nel famoso incidente che ha visto Dominic Thiem “sfrattato” dalla sala interviste principale: “Ho chiesto, o meglio supplicato, gli organizzatori di mettermi nella sala interviste più piccola. Mi hanno detto di no. Allora ho detto che avrei atteso negli spogliatoi e che sarei tornata alla fine della conferenza stampa di Thiem, e a quel punto mi hanno detto di rimanere lì e hanno spostato Thiem dalla sala principale. Ho detto, testuali parole, ‘siete davvero maleducati a fare una cosa del genere’, e il giorno dopo tutto d’un tratto avevo una ‘personalità difficile’. Comunque con Thiem è tutto chiarito, ci siamo parlati, è un ragazzo che mi è sempre piaciuto, è un tennista straordinario. Onestamente, sono troppo vecchia per trascinare controversie come questa, per cui ci tengo a mettere in chiaro come sono andate le cose”. Parole di grande ammirazione sono andate anche a Cori Gauff, la quindicenne che si è qualificata per il tabellone principale e che affronterà al primo turno la sorella di Serena, Venus: “Non sono sicura, ma potrei anche guardare la partita”.
Attesissimo ovviamente Andy Murray, che nella sua nuova veste di doppista, ancora alla ricerca di una compagna per il doppio misto, ha parlato dei problemi della specialità: “Uno dei motivi per cui alcune delle giocatrici mi hanno detto di no è che vogliono rimanere focalizzate sul singolare. Ho parlato con parecchi doppisti recentemente, e mi hanno detto che a volte, se il tempo non è clemente, il doppio misto viene tralasciato fino alla fine del torneo, e ci si ritrova a giocare parecchi match nella stessa giornata, rovinando magari le chance di vittoria nella competizione ‘principale’. Questo ha un effetto anche nel tabellone di doppio maschile qui a Wimbledon, dove si gioca al meglio dei cinque set. Credo che sarebbe il caso di ripensare questa decisione, perché in questo modo si scoraggiano giocatori che magari vorrebbero giocare anche il doppio ma che poi desistono per paura di dover magari giocare 10 set in un giorno solo ad uno stadio avanzato del torneo”.
La nuova n.1 WTA Ashleigh Barty è sembrata completamente a suo agio nel suo nuovo ruolo di regina del circuito: “Sicuramente c’è più rumore di fondo, ci sono tante altre cose che accadono intorno a me, ma all’interno del mio team le cose non sono cambiate per nulla dopo Parigi, dopo Birmingham e dopo la conquista della prima posizione”. Magari la giovane australiana è ancora su una nuvola, o forse il potere logora chi non ce l’ha, perché la “detronizzata” Naomi Osaka ha invece spiegato come essere numero uno era “uno stress e una pressione molto superiore a quello che avrei potuto immaginare, niente avrebbe mai potuto prepararmi per quella situazione”. Ora che quello stress è andato, paradossalmente si sente più rilassata, comunque meno incline a fare “overthinking”, ovvero a pensare troppo alle cose da fare in campo.
Elegantissimo come sempre nella sua giacca bianca Uniqlo, Roger Federer è stato protagonista dell’intervento meno controverso del pomeriggio, in pieno stile svizzero. Ha ribadito i concetti già espressi nel giorni scorsi su come a suo avviso il sistema di teste di serie utilizzato a Wimbledon è giusto (“anni fa non solo le teste di serie venivano rimescolate, ma giocatori che erano nei primi 32 finivano per non avere nessuna testa di serie – era molto più duro così”) e su come il coaching nel tennis “non sia necessario”, perché creerebbe delle differenze dando un potenziale vantaggio a chi può permettersi di pagare un team più numeroso o migliore.
I fuochi d’artificio conclusivi sono spettati a Novak Djokovic, che interrogato sulle dimissioni di vari membri del Players Council avvenute negli ultimi giorni, l’ultima delle quali proprio nella serata di venerdì da parte di Robin Haase, si è lasciato andare ad una risposta-fiume nella quale si è tolto alcuni sassolini dalla scarpa.
“Capisco la decisione di dimettersi, specialmente dopo gli ultimi meeting come quello di ieri sera, che è iniziato alle 17 ed è finito ben oltre la mezzanotte. Per tutti quelli che partecipano a questo torneo, rimanere sette ore in riunione e non riuscire nemmeno ad esaurire i punti all’ordine del giorno è davvero sfinente. Ma sono sicuro che Robin avesse in mente altri problemi ben più gravi. Siamo di fronte ad un sistema che continua a fallire riunione dopo riunione. L’ho già detto altre volte. Siamo qui come volontari, a ricoprire il ruolo che ci siamo impegnati a ricoprire in maniera responsabile, per assicurarci che i diversi gruppi di giocatori siano rappresentati. Sono parte del Council da sei-sette anni, e sono sempre stato piuttosto attivo. In qualità di presidente, posso dire che quest’ultimo gruppo di rappresentanti che abbiamo avuto è sicuramente il più attivo, il più dedicato. Volevano fare la differenza, prendevano a cuore i problemi ed erano sempre in comunicazione gli uni con gli altri”.
“Credo ci siano aspetti positivi nell’avere i tornei all’interno della stessa organizzazione. Nel 1973, quando l’ATP venne formato, si trattava solamente di un’associazione di giocatori. Poi è diventato un Tour, includendo anche i tornei. Ci sono aspetti positivi, certo, ma ce ne sono anche di negativi. C’è un conflitto d’interessi. Sfortunatamente la nostra struttura di governo ci impedisce di fare cambiamenti a nostro piacimento. Me ne sono accorto quando sono stato uno dei 14 giocatori su 15 a firmare un documento che richiedeva tre cambiamenti a nostro favore: non è stato fatto nulla”.
“Questo è solo un esempio delle difficoltà che abbiamo per riuscire a fare cambiamenti. In qualunque scenario, riunioni di sette ore che si ripetono in maniera regolare non sono accettabili, perché sono inefficienti. Ma sono ancora qui, e voglio ringraziare Robin e Jamie e tutti quelli che si sono dimessi di recente per il loro contributo”.
“Uno dei segnali preoccupanti è rappresentato dalle fughe di notizie che si sono verificate negli ultimi 9-10 mesi. In quattro o cinque occasioni ci sono state informazioni confidenziali diffuse dopo o addirittura durante le riunioni. Ieri stavamo discutendo del voto sul rappresentante dei giocatori nel board per l’America, e mentre stavamo ancora discutendo e votando qualcuno ha pubblicato un tweet nel quale si parlava di una situazione di stallo. Si tratta di una decisone importante. Il Player Council è un organismo di 10 giocatori, ma non hanno potere decisionale nel Board, possono esprimersi solamente attraverso i loro rappresentanti. Questi sono coloro che decidono il nostro destino”.
Se il buongiorno si vede dal mattino, sarà un Wimbledon coi fiocchi!