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da Londra, il direttore
Ci siamo ritrovati all’edizione di Wimbledon n.133 con i soliti tre grandi favoriti. E non fatemi dire come si chiamano, né citare l’ordine delle teste di serie. Ma ricordiamo che hanno vinto 53 Slam, fra cui tutti gli ultimi 10, e in tutta l’era Open se ne sono giocati 206. Insomma ne hanno vinti più di un quarto, pur non avendoli giocati dal ’68 all’inizio del terzo millennio (Roger).
E allora alla vigilia di ogni Slam, da qualche tempo a questa parte, la domanda di qualunque appassionato è sempre la stessa: quelli che dovrebbero essere gli eredi più probabili sono pronti a succeder loro?
Beh, già la primissima giornata dei Championships ne ha cancellati due, quelli che a detta di tutti i grandi campioni del passato – McEnroe, Wilander, Becker – meno di tre settimane fa erano stati unanimemente indicati come i più probabili candidati insieme a Thiem sulla terra rossa (sebbene l’austriaco a settembre avrà 26 anni, non proprio un pischello) e a Felix Auger-Aliassime.
Vero che fra tutti gli Slam quello erboso è quello più anomalo, è quello che fa meno testo, anche se poi tutti i giocatori sognano di vincere più questo di qualsiasi altro. Quando si dice la forza e il fascino della tradizione.
Fatto sta che neppure 12 ore dopo la prima palla scagliata sui laws dell’All England Club e Zverev e Tsitsipas, presunti legittimi eredi, qui avevano già fatto cilecca. Il tedesco con il ceco Vesely, n.108 del mondo ma mancino che conoscevamo assai temibile sull’erba ben prima che battesse un anno fa Fognini (che peraltro sbagliò colpi peggio di… Scanagatta), il greco con il nostro pugliese d.o.c. Fabbiano che dieci giorni fa aveva avuto bisogno di emergere a fatica dalle qualificazioni di Eastbourne per poi conquistare una semifinale e risalire a n.89 a 30 anni compiuti.
Ma l’aspetto se vogliamo più significativo di quella che è l’attuale situazione del tennis internazionale è un altro: né la vittoria di Vesely su Zverev, né quella di Fabbiano su Tsitsipas, vengono in fondo considerate così clamorosamente sorprendenti.Non assomigliano, per fare un paragone con i soliti noti, a quelle a suo tempo subite qui da Federer e Nadal con Stakhovski e Rosol.
E questo è un chiaro segno che sì, Zverev e Tsitsipas, vengono certamente e unanimemente considerati i giocatori più promettenti – con Aliassime – della generazione dal 1997 in poi, ma… al tempo stesso quasi tutti gli appassionati li considerano ancora soprattutto fenomeni di… discontinuità. Possono giocare benissimo, ma anche malissimo.
Approfitto biecamente del commento riepilogativo, cattivello ma corretto, di Francesco Masella all’articolo di Antonio Garofalo, per copiarlo e incollarlo e poi commentarlo… all’indirizzo di Rafa Nadal:
Wimbledon 2019: Vesely-Zverev 3-1; contro il n.124 al mondo (in realtà n.108);
Roland Garros 2019: Djokovic-Zverev netto 3-0, dopo che Sascha ha traballato nei turni precedenti;
Australian Open 2019: Raonic-Zverev netto 3-0,dopo le solite disavventure nei primi turni;
US Open 2018: Kohlschereiber-Zverev 3-1;
Wimbledon 2018: Gulbis-Zverev 3-2, con un bel 6-0 al quinto;
Roland Garros 2018:Thiem-Zverev 3-0, uno stremato Zverev crolla sotto i colpi di Thiem;
Australian Open 2018: Chung-Zverev 3-2, col solito 6-0 conclusivo
Ora, premesso che si sbaglia tutti, giornalisti e tennisti, quando si sostengono tesi che possono apparire estreme, e quindi per una volta che posso avere avuto ragione altre mille avrò avuto torto, però qualcuno forse ricorderà che già qualche tempo fa mi capitò di osservare come lo Zverev degli Slam – per qualche strano motivo a mio avviso più risiedente nella sua psiche che nella sua tecnica – non assomigliasse per nulla allo Zverev degli altri tornei, dei Masters 1000 vinti o comunque ben giocati fino alle fasi finali. Lo sostenni prima del suo trionfo nelle finali ATP londinesi del 2019.
Chiesi dunque a Rafa Nadal – abbastanza casualmente a lui e forse soltanto perché gli era capitato di venire in conferenza stampa a Parigi subito dopo una sconfitta di Zverev, o magari anche una vittoria soffertissima in 5 set contro un avversario decisamente inferiore – se almeno riuscisse a spiegarci la ragione di queste difficoltà di Zverev negli Slam.
Rafa, probabilmente per colpa mia, non capì per nulla il significato della mia domanda che reputò forse maligna quando invece non lo era. Fatto sta che si intestardì, in quell’occasione e ribadendo poi in altre circostanze senza che io avessi più sollevato la questione, lo stesso concetto. Che era, in soldoni, questo: “Zverev gioca benissimo a tennis, è un campione, non c’è ragione per cui non possa giocare bene anche negli Slam. Vedrai che te lo dimostrerà…”.
In realtà io ero pienamente d’accordo con lui, ero e sono convinto che prima o poi, e non solo se i Fab 3 saranno “pensionati”, il suo tennis gli consentirà di far bene anche negli Slam. Ma resta il fatto che per ora ciò non succede.
Quindi il senso della mia domanda di allora è lo stesso di quella che mi chiedo ancora oggi: che spiegazioni ci si può dare di una tale differenza? Vero che quest’anno Sascha ha già dichiarato più volte di aver altri problemi personali (la ragazza? Il padre?) che lo angustiano. E che forse angustiano anche il fratello che non vince più una partita… ma nessuno se ne preoccupa e gli chiede perché.
Difatti questo è stato un anno fin qui assai deludente per Sascha, anche al di fuori degli Slam, salvo che per pochi sporadici lampi.
Però, insomma, la cosa va avanti da qualche anno soprattutto negli Slam. Perchè? Mi piacerebbe che Rafa Nadal (o altri), si provasse a rispondere al mio antico quesito. Vorrei trovare il modo migliore per richiederglielo. Se mi capita…
Perché, senza nulla togliere ai meriti di Vesely che è un cagnaccio sull’erba con quel diabolico servizio mancino (micidiale anche con la “seconda”), mentre le sconfitte “erbose” di Tsitsipas secondo me hanno anche una spiegazione tecnica, i movimenti troppo ampi, certi lift esagerati che sull’erba hanno poco senso, il suo istinto a giocare un tennis diverso da quello che fa di solito, quelle di Zverev ce l’hanno meno.
A Zverev mancheranno gli appoggi bassi, come è normale che sia per un ragazzo alto un metro e 98, ma ha due ottimi colpi d’inizio gioco, che sono le prime armi utili a ben figurare sull’erba, anche quando a rete non si è fenomeni. E lui nei pressi della rete non vale davvero né Federer né Nadal. Ma nemmeno Djokovic, che ai due è un filino sopra da dietro e un filino sotto davanti.
Se Sascha ha buone percentuali di prime palle di servizio sulle altre superfici, e i suoi servizi sono speso ingiocabili, perché non ce l’ha anche sull’erba? Vero che la sua “seconda” rimbalza molto “kickata” sul cemento e anche sulla terra rossa – a Parigi il “piccolo” Fognini si doveva arrampicare in cielo certe volte per rispondere – mentre sull’erba si acquatta un po’ e favorisce la ribattuta dell’avversario. Però, detto questo, perché la percentuale delle sue prime cala spesso in modo così inspiegabile? Una questione di testa? Eppure le sue prime performance sull’erba, quando giovanissimo teneva testa fino ai tiebreak decisivi, o batteva, Federer, facevano presupporre un ben diverso sviluppo delle sue attitudini a questa superficie così diversa da tutte le altre.
Tutto per via della troppa tensione? Vabbè, ormai mi sono dilungato su questa questione, e ho finito per trascurare i grandi meriti di Thomas Fabbiano per aver condotto una carriera esemplare e non solo un match esemplare per determinazione, intelligenza tattica, aggressività e anche una tecnica tutt’altro che modesta.
Ha battuto il primo top 10 della sua vita. Un anno fa, dopo che in Australia aveva impegnato Zverev e dopo che qui aveva battuto Wawrinka, aveva detto: “Mi sono finalmente persuaso di poter competere con tutti, anche quelli classificati molto più in alto”. Non si sbagliava. Lo ha dimostrato nel posto più bello, nel tempio del tennis. Ora dovrà affrontare l’ennesima prova del nove, che è per lui una doppia prova del nove…Infatti dopo aver battuto un gigante di due metro e 12 cm, Opelka, a Melbourne al supertiebreak del quinto set, dovrà cercare di ripetersi contro Ivo Karlovic, 2 metri e 11, 40 anni e non sentirli.
“Cosa mi dice il nome Karlovic? Ace!” mi ha risposto con grande prontezza il ragazzo della Puglia più profonda anche se ha preso residenza a Dubai, ormai vero cittadino del mondo… se pensate che è partito da Grottaglie con mezzi economici risibili, ma ha sempre avuto le idee chiare sul suo futuro e gli occhi che ridono. Sono davvero contento per lui. Come non esserlo? Un così bravo ragazzo, sani principi, grande educazione, qualunque padre sarebbe lieto di averlo come figlio.
Oggi avrei dovuto parlare ancora di Coco Gauff, fenomeno destinato a riempire paginate di inchiostro – ma si usa ancora l’inchiostro? – per gli anni a venire. Ma proprio perché sono sicuro che non mancheranno le occasioni per riparlare della ragazzina che non ha mostrato alcun complesso psicologico nei confronti del suo primo idolo di bambina, per oggi passo. Potrei dire che il suo agente, Tony Godsick, marito di May Joe Fernandez e manager anche di Roger Federer, è un po’ un Re Mida, quel che tocca diventa oro. Beato lui, ieri ha guadagnato qualche milione di dollari, io dico parecchi. Se anche Federer dovesse smettere di giocare domani, il suo futuro – del resto mai in discussione da anni – se lo è certamente assicurato.
La ragazzina della Georgia è un portento, un fenomeno sul campo e, per come l’ho vista poi in conferenza stampa, anche fuori per disinvoltura, sagacia, simpatia, acutezza, personalità. Si dice – e le peripezie di Osaka, Halep, Wozniacki, Kvitova, Muguruza e altre parevano dimostrarlo – che il tennis femminile dacché Serena Williams non è più lei, non ha più una regina. Beh, come minimo questa Gauff è già una principessa. Dopo essersi domandati ieri se la differenza nel match sia stata negli anni che passano oppure nei passanti che non passano, può essere che sia prematuro riferirsi a Venus come a una tennista del passato, ma non invece a ritenere che Coco sia già una gran parte del futuro.
Chiudo da noioso ragioniere: nella prima giornata Wimbledon ha perso quattro teste di serie nel maschile, Zverev n.6 da Vesely n.108, Tsitsipas n.7 da Fabbiano n.89, Monfils n.16 da Humbert 56, Lajovic n.32 da Hurkacz n.48.
Cinque invece le cadute delle teste di serie al femminile su sedici che hanno esordito: la n.2 Osaka da Putintseva n.39 (tre precedenti fra le due e 6 set persi dalla giapponese: come si fa a parlare di sorpresa?), la n.10 Sabalenka da Rybarikova n.139, la n.16 Vondrousova (finalista al recente Roland Garros ma assai poco erbivora) da Brengle, la n.23 Garcia da Zhang Shuai n.50, la n.29 Kasatkina da Tomljanovic n.49 (ma nella Race la prima è scesa ad 82 e la seconda è salita a 38, anche questa non è una sorpresa).
E da noioso ragioniere chiudo così. Non mi pagano, anzi non mi pago, a riga.