Spazio sponsorizzato da Barilla
da Londra, il direttore
Mi posso sbagliare e non ho neppure visto tutta la partita punto per punto, ma quel poco che ho visto mi fa dire che la penso come Magdalena Rybarikova. Coco Gauff diventerà presto n.1 del mondo se non le succede qualche contrattempo (infortuni, cotte con i morosi, cattive compagnie, insomma quelle cose che accaddero a Jennifer Capriati… che comunque poi n.1 è diventata). Sono tante le cose stupefacenti di questa ragazzina che… non sembra una ragazzina per come gioca, si muove, tira, parla.
Il livello del gioco è notevolissimo. Secondo il mio grande esperto di tennis femminile, AGF, quello con Ribarykova è stato il match tecnicamente migliore che ha visto. Coco ha messo in mostra una potenza assolutamente incredibile per una ragazzina di 15 anni che tira le prime a 180 km orari ma anche le seconde a 170. Queste non paiono frutto di incoscienza, ma semmai di tecnica. Del resto parlano le statistiche: ha perso una sola volta il servizio con Venus Williams, quando era avanti di un set e di un break, non ha concesso neppure una pallabreak a Rybarikova che è uscita dal campo persuasa di aver giocato un’ottima partita.
Ha impressionato per la spaventosa profondità di tutti i suoi colpi con una regolarità assolutamente inconsueta per una teenager. “Giocano da junior” si suol sempre dire quando li si vedono commettere tanti errori gratuiti. E tante volte lo si è detto anche di giocatori che junior non erano più. Ricordo bene che lo si disse – non io ma Andy Murray ed altri dopo una partita piena di alti e bassi – di Fabio Fognini a Montecarlo: “Gioca ancora da junior”. E non lo era più.
Coco fra il match con Venus e quello con Magdalena si è concessa 18 errori gratuiti. Sempre tirando vicino alle righe, prendendo rischi, non giocando in maniera conservativa. Questo significa che ha anche intelligenza tattica e capacità di concentrazione superiore alla media.
È una nuova Williams? Beh, diamo tempo al tempo. Prima di tutto le Williams sono due. Di quale delle stiamo parlando? Assomiglia di più a Venus, almeno fisicamente e per come cammina, ma essendo una dozzina di centimetri più bassa (1,76 invece di 1,88) si muove meglio. Crescerà ancora? Chi può dirlo? Il padre è bello alto: era una guardia del basket nel team della Georgia State. Lei ha 15 anni e oggi come oggi è agilissima, muove i piedi con maggior rapidità di quanto facesse Venus e anche di quanto abbia mai fatto Serena, sempre stata più pesantuccia.
Come Venus ha migliore il rovescio rispetto al dritto, al contrario di Serena (che è comunque completa, non fraintendiamo: è lei che ha vinto 23 Slam. Venus si è fermata a 7). Il vantaggio di Coco è che… non ha una sorella che le porterà via qualche Slam quando lei sarà in grado di vincerli. Potrà vincere già questo Wimbledon? Ma, con Hercog secondo me vince agevolmente. Con chi vincerà fra Azarenka e Halep… meno agevolmente, ma possibilmente. Poi chi? Wozniacki che presidia un settore lasciato vacante da Osaka, Garcia e Kenin. Io la vedo in semifinale, mi sbilancio… contento di far felice quei lettori che se avrò sbagliato me ne diranno di tutti i colori. Se lì arriverà Pliskova dipenderà forse più da Pliskova che da Gauff. Altrimenti… beh, basta così, mi pare che mi sono spinto già parecchio in là. Comunque sarà solo questione di tempo.
Il movimento del suo dritto, molto ampio e con una sorta di gancio esagerato non mi convince molto, ma le consente di non sbagliare quasi mai. La palla passa parecchio sopra la rete, anche non quanto quelle dei primi interpreti del lift che furono Borg e Vilas, ma arriva profonda e non è facile attaccarla. Soprattutto per una donna.
Di proposito, nello scrivere quest’approccio di editoriale, non ho voluto leggere quanto scrive AGF, per non restarne influenzato. Chissà, magari abbiamo sensazioni diverse, scriviamo cose diverse. Del resto i miei collaboratori possono confermarvi, smentendo quanto talvolta viene ipotizzato dai lettori di Ubitennis, che io non detto loro nessuna linea editoriale. Ciascuno deve sentirsi libero di esprimere quel che sente, che pensa. Su ogni tipo di questione. Tecnica, sportiva, politica.
Coco ride volentieri, come una qualsiasi ragazzina di 15 anni, ma a differenza di molte coetanee non si lascia scappare nessuna vera sciocchezza. Anche fuori dal campo pare più matura della sua età, anche se poi ovviamente i gusti nei programmi televisivi e nell’approccio ai social sono quelli della sua età. Ma certo si presenta alle sue prima conferenze stampa affollatissime con una tranquillità, una spontanea naturalezza che stupiscono anche noi vecchi lupi di mare (beh no, di sale stampa): “L’ultima volta che avevo pianto era stato quanto Iron Man è morto in Avengers…” e giù un bel sorriso di contorno. Anche quando le hanno chiesto quale fosse il suo obiettivo in questo torneo, la sua risposta è stata candida ma non da bulletta di periferia: “Vincerlo”. Con un sorriso che non aveva niente di presuntuoso, ma semmai tipico di una che pensa: “Why not?”.
Insomma sia dopo la prima conferenza stampa post Venus, che ieri notte dopo quella con Rybarikova, pareva quasi quasi che si fosse trovata in quella stessa situazione mille volte, da anni. Poi però non vorrei essere frainteso: nessuno si aspetti che parli della ragion pratica di Kant, della dialettica hegeliana, della volontà di Schopenhauer permeata dall’angoscia di Kierkegaard. Il suo naso è sempre ficcato su Instagram, quando non gioca a tennis. Gli studi, scienze, non potevano che essere fatti per corrispondenza. Ma i genitori ci tengono. E fanno bene. Anche se ormai non avrà più bisogno di cercarsi un lavoro. Ce l’ha già, con la racchetta in mano. È una Head. E con Head ci sono anche Barilla e New Balance. Le sue entrate commerciali le sa solo Tony Godsick, l’agente di Roger Federer che ho intervistato l’altra sera… ma se dico che sono stimabili già quest’anno in un milione di dollari, probabilmente sbaglio per difetto.
Però, io di enfant-prodiges in conferenza stampa ne ho viste tante, da Capriati che infilava un “you know” ogni due parole, a Seles (pur ragazzina che si sarebbe dimostrata con la testa sulle spalle) che infiorettava di “giggle” – risatine nervose – tutte le sue frasi, a Ivanovic tanto bella quanto banale, e trascuro di accennare ad alcune italiane ultraventenni… per carità di patria.
A me questa Coco, insomma, pare proprio più sveglia (e anche beneducata) di tante. Bravi mi sono sembrati entrambi i genitori, certo avvantaggiati dall’aver fatto sport agonistico entrambi. Lui, Corey, come detto, cestista, la mamma, Candi, eptatleta. Quest’ultimo, direi, è uno sport che educa più di altri… Insomma Coco non ha avuto a che fare, per sua fortuna, con quei genitori che si improvvisano coach, tuttologi, del mentale come del fisico, senza aver mai fatto esperienze personali. E nessuno è più bravo di loro.
Vedremo. Intanto a 15 anni e 3 mesi Coco era diventata la più giovane tennista a superare un match in uno Slam dopo Kournikova all’US Open 1996. E per trovare una più precoce a superare un turno a Wimbledon si è dovuti risalire ancora più dietro, al 1991 e a Jennifer Capriati.
Tutto per Coco è cominciato quasi in Francia. A 10 anni (nel 2014) è passata dall’accademia di Patrick Mouratoglou, che non era dove è oggi. “Aveva qualità atletiche super, così come l’approccio allo sport era straordinario per una ragazzina di quell’età – racconta il coach di Serena Williams che ha l’occhio lungo e non si lascia scappare mai una giovane promessa (anche il nostro Musetti è un suo protetto…) – e mi impressionò il suo gusto per la gare. Era estremamente competitiva, con una personalità già spiccata. Ho capito subito che mi trovavo davanti a qualcuno di eccezionale. Subito mi ha detto: ‘Io voglio diventare la più forte tennista del mondo!’. E oggi vedo in lei quella medesima attitudine, con una grandissima capacità di gestire la pressione”.
Fra un po’ non ci sarà più bisogno di ricordare i record di precocità, la finale dell’US Open 2017 a 13 anni e mezzo, il titolo junior conquistato al Roland Garros un anno fa, più giovane campionessa dai tempi di Martina Hingis nel ’93.
Anche se raggiunse le semifinali junior dell’US Open, nessuno parve illudersi sulla potenzialità di Thomas Fabbiano. Semmai era l’altro azzurro in semifinale in quello stesso torneo, Trevisan, a far pensare che l’Italia avrebbe avuto presto un signor giocatore. Perfino un grande tecnico, capace di allenare fra i più grandi talenti del mondo, Sven Groenevald, un giorno in Australia con me si sbilanciò: “Trevisan ha il potenziale per diventare un top ten”. Mai previsione fu più sbagliata. Di Fabbiano non parlò. Il fatto è che Thomas era troppo piccolino e quello della modesta altezza pareva un ostacolo insormontabile.
Nessuno avrebbe immaginato allora che una dozzina di anni dopo, spesi fra tanti sacrifici, economici e di vita, con mille trasferimenti, un’accademia, poi un’altra, la Germania, Thomas sarebbe diventato un celebre “Giant-Killer”, uno capace di ridurre alla ragione due tipi da due metri e 11 cm, Opelka in Australia e Karlovic a Wimbledon, senza lasciarsi impressionare dai 68 ace dell’americano, dai 38 del croato, ma battendoli entrambi al quinto set. Come sempre aveva vinto tutti gli altri incontri terminati al quinto: con Thompson all’US Open, con Ebden al Roland Garros e quest’anno con Opelka, con Tsitsipas (un piccoletto a confronto con i giganti, appena 1 m e 93 cm), con Karlovic.
Pokerissimo, cinque su cinque. Grande, altro che piccolo. Ha tutta la mia più sconfinata ammirazione. Così come suo padre, l’ex sindaco di San Giorgio Ionico. Che per via dell’incolpevole Thomas, ha passato anche i suoi guai quando gli avversari politici lo contestarono perché il comune aveva approvato la costruzione di due campi da tennis, i soli del paesino di 17.000 anime. Il sindaco, PCI, fu accusato di averlo fatto costruire per dare spazio agli allenamenti del figlio. Ma Thomas aveva 6 anni! E aveva preso la racchetta in mano a 4. Insomma, i politici per inventarsi accuse ridicole sono fenomeni.
Thomas è diventato un bel giocatore molto dopo, dopo tanto lavoro, tanta cocciuta determinazione anche quando i risultati non arrivavano come sperava e troppa gente scuoteva la testa. Ma era gente che non aveva la sua testa: una buona testa, con una buona tecnica, vale più di tanti centimetri, Thomas lo ha dimostrato.
Mentre spero che anche nel caso di Fognini con l’ungherese Fucsovics stasera prevalga l’aspetto tecnico, non mi sento di dire la stessa cosa per Berrettini contro Baghdatis. Il cipriota al canto del cigno – e per questo ancor più pericoloso – sa fare tutto e bene. Ha 34 anni, ma vorrebbe chiudere in bellezza nel torneo che lo ha visto disputare sia una semifinale che un quarto di finale. “Il torneo che amo di più, anche se in Australia ho raggiunto una finale e avevo tutta la comunità greca a esaltarmi”.
Pochi hanno dimostrato di saper rispondere al servizio come Marcos, e Matteo farà bene a non innervosirsi se gli capiterà di dover affrontare diverse pallebreak. Cosa che non gli è capitata a Stoccarda e nemmeno a Halle. Deve mettere in conto questa situazione. Sono certo che Vincenzo Santopadre e Umberto Rianna glielo avranno fatto presente, perché certo loro hanno visto giocare Baghdatis più di Matteo. Da sei settimane Marcos non ha fatto altro che prepararsi per questo torneo, dacché gli hanno detto che gli avrebbero dato la wild card. La sua classifica, n.135, non significa nulla.
Magari non significa nulla neppure il suo best ranking di n.8 nel 2006, perché da allora sono passati 13 anni. Non è certo più quello che 13 anni fa batté 3 top-ten prima di arrendersi a Melbourne con Federer. Né quello che qui, sempre quell’anno, batté Andy Murray in ottavi e Hewitt nei quarti. Perse da Nadal. L’anno successivo eccolo di nuovo nei quarti, fermato da Djokovic, l’unico dei top-players che non gli è mai riuscito di battere. Però soltanto un anno fa qui a Wimbledon, Baghdatis al primo turno mise k.o. Thiem che, come quest’anno, era reduce da una finale al Roland Garros e aveva grandi aspettative.
Un anno fa Berrettini rimontò Jack Sock da due set a zero, primo e unico suo match concluso al quinto set, ma perse poi da Gilles Simon. A Stoccarda, anche perché a una diversa altitudine, l’erba era molto più veloce e propizia a un ottimo battitore come lui. Beh sì, confesso, sarà che gli anziani tendono a vivere di ricordi, ma Baghdatis a me fa paura. Temo possa esser più pericoloso per Berrettini (che intanto ha trovato un nuovo sponsor: la Peugeot) che Fucsovics per Fognini, anche se Berretto è certo più erbivoro del Fogna. Berrettini farà bene a non sottovalutare il Cipriota, anche se non a temerlo. Speriamo che il pur orgogliosissimo (e simpaticissimo) sempre sorridente Baghdatis non sia quello di una volta, al di là delle motivazioni che non gli mancheranno, così come presumibilmente il sostegno del pubblico.
E Fognini con Fucsovics? I precedenti dicono 1 a 1. Entrambi nell’ottobre 2018: Fognini vinse 6-4 6-4 a Pechino, Fucsovics 4-6 6-3 6-2 a Vienna. L’ungherese su questa superficie non è fenomeno, ha perso 8 partite su 12, ma Fognini, che ha raggiunto quattro volte il terzo turno qui senza mai andare oltre, non lo è neppure lui. Sull’erba ha vinto 18 partite e ne ha perse 17. Speriamo non pareggi come Seppi! Le sue quattro sconfitte al terzo turno sono arrivate con almeno tre giocatori su quattro ben più erbivori di lui: a parte forse Bennetau nel 2010, con Anderson nel 2014, Murray nel 2017 e anche con Vesely un anno fa, secondo me giocava contro pronostico. Bastava perdere un servizio e il set diventava quasi irrecuperabile. E quand’è che Fabio non perde mai il servizio?
Quest’anno Fabio è più sereno, più tranquillo, la vittoria di Montecarlo (“Culo o non culo…” come ha detto lui con grande onestà) è stata una svolta, certamente mentale. Il sogno realizzato del top-ten idem. La seconda paternità annunciata gli avrà insegnato anche a relativizzare. La vita non è solo tennis. Se vincerà sarà la vittoria n.54. Solo Pietrangeli, 90 (e 39 sconfitte), Panatta (62-30), Seppi (58-58… cavolo il pareggio è arrivato ieri, se batteva Pella stava 59-57 e probabilmente non sarebbe mai finito in… rosso), e poi lui, Fabio, 53-44. Martin Mulligan, un po’ australiano e un po’ italiano, si è fermato a 52-32… con il grande rimpianto di quel matchpoint non sfruttato con Rod Laver nel ’62 a Parigi: avrebbe impedito, se lo avesse trasformato, il primo dei due Grande Slam di Rod.
Il mio cruccio finale è che i tre match che più mi interessa vedere verranno giocati contemporaneamente, i due degli italiani, e Nadal-Kyrgios. Temo che, per seguirli tutti e per doverne anche scrivere in orari vicinissimi alla dead-line mi toccherà guardarli su tre schermi in sala stampa. Un fastidio insopportabile. I miei pronostici? Non so quanto le due vittorie azzurre siano influenzate dal mio desiderio di vederli vincere. Fra Nadal e Kyrgios invece penso proprio che vincerà Nadal, anche se sarà l’australiano a fare vedere i colpi più belli nella prima ora e mezzo. Ma fra la cicala e la formica, alla fine il premio va al più laborioso.
Mi sa, vista la lunghezza di questo editoriale, di essere stato laborioso anch’io. Quale sarà il mio premio? Spero nella vostra stima. Con le inevitabili eccezioni.