da Londra, il nostro inviato
Matteo Berrettini – Diego Schwartzman (secondo incontro, campo 18, precedenti 1-0 Schwartzman)
Matteo gioca per un sogno, gli ottavi di finale a Wimbledon, che se dovesse realizzarsi, probabilmente si concretizzerà in quello che ora come ora è il massimo premio possibile nel tennis: un match contro il migliore di tutti, Roger Federer (strafavorito contro Pouille), sul campo centrale più prestigioso del mondo. Il problema, e come vedremo potrebbe essere un problema non di facilissima soluzione, è un tipetto di 1.70 per 64 kg, simpaticissimo, argentino, attualmente 24 ATP ma con best-ranking di 11, di nome Diego “El Peque” Schwartzman.
A un’analisi superficiale, sarebbe facile dire che Matteo, per potenza dei colpi e prestanza fisica, che significa soprattutto un servizio di categoria più che superiore come velocità ed efficacia, su erba dovrebbe farcela senza troppi problemi. Berrettini, qui a Church Road, è nei “top-5” come velocità di punta della battuta (225,3 kmh, il primo è Kyrgios con 230,1), mentre Schwartzman è in fondo con i suoi 186 kmh al massimo. Dopo una breve e illuminante ricerca sulle statistiche di rendimento alla risposta, però, grazie ai ragazzi della redazione in Italia, scopro che il buon vecchio Diego è il primo al mondo, sopra Nadal e Djokovic per capirci, come punti vinti sulla seconda palla dell’avversario, con un clamoroso 56% (dati riferiti alle ultime 52 settimane).
Più in generale, sommando i 4 indicatori principali riguardanti la fase di ribattuta, ovvero punti vinti sulla prima, sulla seconda, percentuali di turni di risposta vinti, palle break convertite, Schwartzman è quarto assoluto, dietro – ma di poco – a Nole, Rafa e Fabio Fognini. Insomma, mi pare che le armi per neutralizzare o quantomeno contenere con efficacia il servizio di Matteo l’argentino le abbia eccome. Durante l’ormai tradizionale “caffè dei numeri” che quasi ogni mattina mi concedo con l’amico Craig O’Shannessy (che le statistiche le compila e le analizza per ATP, Wimbledon e il team Djokovic), parlando proprio di questo aspetto, la risposta è stata “I completely agree, Luca. Maybe Matteo will rip enough clean winners to pull through, but were I an Italian fan, given those stats, I wouldn’t be so sure to have an easy match“, cioè “sono completamente d’accordo, Luca. Matteo potrebbe sparare abbastanza vincenti netti per farcela, ma se fossi un tifoso italiano, visti questi numeri, non sarei affatto certo di avere una partita facile“. E questo è il parere del massimo esperto di match-analysis al mondo, in esclusiva per Ubitennis, direttamente dal bar dei media. Più espresso di così…
Negli scambi, che grazie alla qualità in ribattuta di Schwartzman appena esaminata rischiano di essere molti, Berrettini potrebbe trovarsi di fronte allo stesso problema affrontato – e non risolto – da Ivo karlovic con Thomas Fabbiano. Come mi raccontava lo stesso croato dopo la partita, il suo colpo migliore in manovra, per aprirsi gli spazi e tirare il dritto, cioè lo slice di rovescio, ai giocatori che hanno una naturale propensione a stare bassi (data la scarsa altezza) non fa male per nulla. Matteo su erba le affettate di rovescio le usa spesso e bene, per rallentare il gioco, costringere gli avversari a restituirgli palle aggredibili, e poi sparare gli sventagli di dritto a chiudere. Ma contro Diego rischia di non ottenere questi risultati, non come contro tennisti più alti quantomeno.
Detto questo, sia per classifica che per livello generale di gioco, Berrettini ha le sue buonissime possibilità, s’intende, e concordo anch’io nel ritenerlo favorito. Ma di poco, e il recente precedente di Roma (6-3 6-4 per Diego) impone prudenza, anche se la terra battuta favorisce l’argentino. Speriamo in alte, ma alte davvero, percentuali di prime palle, e che Matteo sia capace di incidere nei primi due-tre scambi al massimo con il suo drittone, nel caso anche prendendosi il rischio di andare a rete spesso, pazienza se la cosa costerà qualche passante preso in più.
Fabio Fognini – Tennys Sandgren (13.30 ora italiana, campo 14, precedenti 2-0 Fognini)
Occasione d’oro, a mio avviso, per il nostro top-10 (che soddisfazione scriverlo, ogni volta, concedetemelo) e ormai 9 ATP virtuale Fabio Fognini per centrare finalmente gli ottavi di finale, e quindi la seconda settimana, anche a Wimbledon. Sarebbe la settima volta in totale, dopo le 3 al Roland Garros (2011, 2018, 2019), le 2 all’Australian Open (2014, 2018), e l’unica allo US Open (2015). In queste 6 circostanze precedenti, Fabio nel match successivo ha un record di 5 perse e una vinta, con i quarti di finale raggiunti a Parigi 2011 (poi rinunciò a scendere in campo, infortunato, con Djokovic). Stoppato in ottavi da giocatori classificati meglio di lui, vittorioso con l’unico inferiore sulla carta, Albert Montanes, un dramma che finì 11-9 al quinto, con Fabio zoppicante che la spuntò per miracolo.
Ma prima di fare tutti questi ragionamenti, sarà bene che il suo terzo turno di oggi Fabio lo vinca. Affronta lo statunitense Tennys Sandgren, già incontrato e battuto due volte, però sempre su terra rossa, a Rio de Janeiro (4-6 6-4 7-6) e Ginevra (7-6 7-6) l’anno scorso, ma come vediamo dai punteggi, pure sulla superficie teoricamente più favorevole all’azzurro, sono stati match durissimi e tirati fino all’ultima palla. Tennys (se scrivere “Fognini top-10” mi fa felice, ogni volta che invece cito per nome proprio Sandgren mi viene da ridere, un destino scritto fin dall’anagrafe), quasi-ventottenne del Tennessee, in piena “Bible-Belt”, la pancia ultra-cristiana degli Stati Uniti, è balzato agli onori delle cronache non solo tennistiche l’anno scorso a Melbourne.
Dopo una carriera passata tra le seconde linee del professionismo, nel 2017 si è avvicinato alla top-100, e all’Australian Open 2018 ha piazzato una zampata notevolissima, eliminando Stan Wawrinka e Dominic Thiem e approdando ai quarti di finale. Il problema è che non appena di questo semi-sconosciuto ha iniziato a occuparsi la stampa americana, che come è noto è implacabile con i “background check”, le analisi del passato in particolare sui social media di ogni celebrità grande o piccola, si è scatenato un putiferio, anche comprensibile a mio avviso.
Come potete leggere nel dettagliato resoconto scritto nell’occasione da Alessandro Stella, venne fuori che Tennys politicamente è un tipo di estrema destra a dire poco, il che – più o meno – può e deve essere considerato legittimo in uno stato di diritto dove vige la libertà di opinione. Ma nel momento in cui le opinioni medesime arrivano ai like messi a tweet esplicitamente razzisti di esponenti del Ku Klux Klan, o a post in cui affermava di essere entrato per sbaglio in un gay bar, e di aver sanguinato dagli occhi per quello che aveva visto, insomma, diciamo che proprio simpatico non risulta.
Ritornando al tennis giocato, Sandgren è un tipico prodotto della scuola americana da cemento, bel servizio, dritto pesante, footwork rapido, eccetera. Le qualità ci sono, ma in effetti, dopo l’exploit di Melbourne, non è che lo statunitense abbia poi continuato a brillare, pur restando più o meno fisso tra il 50 e il 100 ATP (best ranking, 41, all’indomani del bel risultato australiano), con il primo titolo conquistato questo gennaio ad Auckland. In più rispetto a Fabio ha certamente il servizio, che purtroppo come sappiamo è la nota dolente nel tennis altrimenti splendido in tutti i fondamentali dell’azzurro, ma per quanto riguarda il resto, Fognini è un paio di categorie nette superiore.
L’erba, però, è superficie insidiosa, non particolarmente gradita a Fabio (non è un caso che questo sia lo Slam che al ligure ha dato meno soddisfazioni finora), e Tennys l’altro ieri ha saputo battere 8-6 al quinto Gilles Simon al secondo turno, un risultato significativo, il francese è sempre un cliente insidiosissimo, come ben sa lo stesso Fognini, che ci ha perso 5 volte su 5. Sono convinto che Fabio sia stato felicissimo di trovarsi davanti Sandgren al suo posto, il problema, come già detto analizzando i precedenti, è che lo statunitense i mezzi per mettere in difficoltà l’azzurro li ha eccome. La speranza è che Fognini sappia far valere da subito la sua maggior qualità generale, senza innervosirsi se le cose dovessero complicarsi per qualsiasi motivo. Dovesse farcela, arrivare in ottavi per affrontare uno tra Querrey e Millman (meglio l’australiano del bombardiere Sam, ma tra i migliori sedici a livello Slam c’è solo gente forte e si sa) sarebbe veramente intrigante.