[7] S. Halep b. S. Zhang 7-6(4) 6-1 (da Londra, il nostro inviato)
È certamente stato un anno di transizione fino a questo momento per Simona Halep, che dopo aver passato gran parte del 2018 in testa alla classifica si è vista sorpassare da Naomi Osaka in Australia e nei primi sei mesi dell’anno non è riuscita a vincere nemmeno un torneo, nonostante le finali a Doha e Madrid. La sua decisione di prendersi una lunga pausa invernale e la temporanea separazione dal suo allenatore e mentore Darren Cahill, richiamato a un programma di viaggi meno intenso dalle responsabilità famigliari e dal ruolo di commentatore per ESPN, hanno di fatto reso l’anno molto strano, quasi di transizione, tanto da indurla a dichiarare che uno degli obiettivi principali della stagione fosse la Fed Cup. Dopo la sconfitta subita in semifinale dalla sua Romania per mano della Francia, a dispetto delle sue due vittorie su Mladenovic e Garcia, il suo 2019 si è ulteriormente svuotato di significati, probabilmente liberandola da tutte le pressioni che così spesso si è messa addosso.
E così quasi in sordina Simona ha raggiunto la semifinale di Wimbledon per la seconda volta in carriera, e per la settima volta in tutti i tornei del Grande Slam, con una vittoria di grande autorità su Shuai Zhang, splendida nel primo set, ma non sufficientemente continua da riuscire a dar seguito al suo tennis di grande pressione.
L’inizio è sicuramente sorprendente: è Zhang a fare il gioco e a costringere Halep sulla difensiva. Un rovescio lungolinea clamoroso della cinese le procura il 40-40 nel secondo game, che poi dà subito il primo break di vantaggio a Zhang. Da fondocampo Simona non punge, il suo ritmo non è abbastanza elevato e dà sufficiente tempo all’avversaria per caricare i colpi da fondo che fanno male. I fantasmi del primo turno di Melbourne di tre anni fa, quando Zhang inizio la sua cavalcata verso i quarti di finale battendo la rumena allora testa di serie n.2, cominciano ad aleggiare sul campo n.1 quando un nastro assassino confeziona la palla del 5-1 per la cinese. Halep tiene comunque il servizio, dopo ben 18 punti, alcuni dei quali lunghissimi e molto ben giocati, e quattro palle break annullate, ma la montagna da scalare sembra tutt’altro che semplice. Aumentando i giri con il diritto Simona ottiene il controbreak e impatta sul 4-4. La partita è godibilissima, e anche se ci sono alcuni posti vuoti nel settore delle “debentures” (gli abbonamenti quinquennali venduti a peso d’oro e normalmente utilizzati per i pacchetti più costosi), i quasi 13.000 del numero 1 apprezzano lo spettacolo mentre il cielo diventa sempre più scuro. Dopo 51 minuti si arriva al tie-break, nel quale il servizio ha ben poca importanza (cinque minibreak su 11 punti), ma la capacità di Halep di portare a casa i punti più lunghi ne ha molta di più. Zhang lo capisce, cerca di accorciare lo scambio appena può, ma finisce anche per sbagliare di più, perdendo il tie-break per 7 punti a 4.
La prima ora di gioco, combattuta da entrambe le atlete a ritmi molto elevati, lascia qualche scoria in più nel corpo e soprattutto nella mente di Zhang, la quale sente la morsa della regolarità di Halep stringersi attorno al collo. Con un parziale di 12 punti a uno la rumena scappa subito sul 4-1 e nel game successivo riesce a convertire una delle palle per il 5-1 come invece la sua avversaria non era riuscita a fare nel primo parziale.
Dopo un’ora e 27 minuti di gioco Simona Halep chiude la partita, raggiungendo per la seconda volta in carriera la semifinale a Wimbledon (la prima volta fu nel 2014 quando perse contro Eugenie Bouchard) ed attende la vincente tra Elina Svitolina e Karolina Muchova.