Il dado era tratto; la riforma vidimata. La norma regolante il quinto set del torneo più famoso al mondo, oltreché di altri due Slam sui rimanenti tre, prima della rivoluzione che avrebbe modificato anche il rettilineo finale all’Open d’Australia, era stata emendata lo scorso ottobre, dunque per la sua applicazione sarebbe stata solo questione di tempo.
Questione di tempo, sì, ma la realtà plastica fa sempre un certo effetto: sul dodici pari al quinto di una partita comunque durata quattro rispettabili ore e trentatré minuti, è scattato il primo tie break nel set decisivo della storia di Wimbledon, che d’ora in avanti cancellerà la possibilità di infinite maratone senza limiti scanditi dal codice. I protagonisti, destinati a un posto d’onore negli archivi di Church Road, sono Henri Kontinen, John Peers, Rajeev Ram e Joe Salisbury, impegnati, i primi contro i secondi, nel match di ottavi di finale del torneo di doppio. È finita sette a due al tie break dirimente in favore di finlandese e australiano, ma soprattutto è finita l’epoca del possibile infinito sull’erba di Londra, con ogni probabilità resa mistica anche dai finali a oltranza, nove anni dopo il drammone di Mahut e Isner, che si strinsero la mano sul settanta a sessantotto finale dopo undici ore di partita diluite in tre giorni.
L’esordio pratico del rammodernato epilogo si era per la verità già sfiorato ieri, ma Karolina Muchova era riuscita a far breccia tra le sventatezze dell’omonima Pliskova sul tredici a undici del terzo: tutto rimandato di sole ventiquattro ore, ma in ogni caso molte altre tagliole sul dodici pari ci attendono nei prossimi anni, forse già nei prossimi giorni. Purtroppo. O forse no?