dal nostro inviato a Londra
Il lunedì della seconda settimana di Wimbledon è il giorno più ricco di partite importanti e, per la stesso motivo, anche il più complicato da seguire. Dalle 11.00 in poi (ora locale) il programma prevedeva quattro match in contemporanea. Mentirei se dicessi di avere visto ogni singolo quindici della giornata; a una parte ho dovuto rinunciare, una parte l’ho seguita in diretta e altri passaggi decisivi li ho recuperati con i “video playback” della sala stampa.
Complessivamente è stata una giornata ricca di sorprese. Considerato che si disputavano otto match, è stato forse il giorno con più risultati inattesi rispetto ai precedenti tre turni. Procediamo in ordine di tabellone.
È uscita la numero 1 Ashleigh Barty, e lo ha fatto dopo aver vinto il primo set contro Alison Riske. Alison, una volta di più, ha confermato di essere una grande combattente, che non molla mai e che diventa molto difficile da sconfiggere quando trova il ritmo di gioco. Nel secondo set è entrata in modalità “non sbaglio mai” e per Barty è diventata dura fare punti (3-6, 6-2, 6-3). Straordinarie le sue statistiche sugli errori non forzati nei set conclusivi: appena 2 nel secondo set e 4 nel terzo. Sostanzialmente un muro che non regalava più nulla. In più sappiamo che Riske non disdegna di venire avanti e spingere se si presenta l’occasione, e si capisce come in queste fasi possa diventare davvero un ostacolo impegnativo.
Quello che forse si può rimproverare a Barty è che quando la partita ha cominciato a cambiare direzione, lei non è stata in grado di alzare la sua intensità, e ha finito quasi per diventare la comprimaria della situazione. È la numero 1 del mondo, ma a un certo punto del match quella più dietro in classifica sembrava lei. Dopo aver lasciato le briciole alle avversarie dei primi turni, Ash è apparsa agonisticamente impreparata ad affrontare le difficoltà.
In una giornata non felice, come consolazione avrà la certezza di non perdere il primato del ranking, visto che è stata eliminata anche l’unica contendente rimasta, Karolina Pliskova.
Secondo match: Serena Williams contro Suarez Navarro: (6-2, 6-2 in 64 minuti). Non voglio usare giri di parole: non ho seguito nemmeno un quindici. Ero convinto che la partita avesse un esisto scontatissimo, visti i precedenti tra Serena e Carla. Figuriamoci poi su erba. Per questo in una giornata del genere ho deciso di dedicarmi ai match più aperti.
Mertens contro Strycova era a mio giudizio il confronto più “vicino” in partenza, tanto che non avrei saputo chi scegliere come favorita. Mertens era testa di serie, ma Strycova è più erbivora. Barbora è uscita alla distanza, recuperando da una situazione molto complicata visto che era sotto 4-6, 2-5. Ma a quel punto ha infilato un parziale di nove game consecutivi a cavallo dei due set che hanno ribaltato la situazione. Con i primi cinque game Strycova ha vinto il secondo set (da 2-5 a 7-5); con i secondi quattro ha indirizzato il set decisivo, visto che sul 4-0 ha poi gestito la situazione tenendo i propri turni di servizio.
Mertens ha pagato il pessimo game disputato al servizio nel secondo set sul 5-3, quando ha avuto l’occasione di chiudere il match. Ecco come ha perso i quattro punti di quel game: due gratuiti evitabili di dritto (il suo colpo più instabile), una volèe mal riuscita (che si è trasformata in un assist) e addirittura una interruzione di gioco, convinta che la palla dell’avversaria fosse uscita quando invece era rimbalzata sulla riga. Da lì tutto è girato (4-6, 7-5, 6-2).
Dopo la vittoria di Strycova poteva profilarsi un derby ceco, in caso Petra Kvitova avesse sconfitto Johanna Konta, ultimo match femminile di giornata. Ma invece la partita sul Centre Court ha fatto felici gli spettatori inglesi, che una volta di più hanno applaudito Johanna vincitrice (4-6, 6-2, 6-4). Era la partita più “nobile” della giornata, visto che si affrontavano la testa di serie numero 6 con la 19.
A dispetto del ranking, consideravo Konta leggermente favorita, perché Kvitova è reduce da un infortunio al braccio sinistro (e lei è mancina) che l’ha obbligata a non impugnare la racchetta fino al sabato alla vigilia del torneo. Dopo aver vinto un primo set molto equilibrato, Petra non è riuscita a tenere la stessa intensità agonistica e fisica nei set successivi, nei quali Konta ha sempre condotto, forse in modo anche più netto di quanto non lasci intendere il punteggio finale.
Per Kvitova vale il discorso fatto qualche giorno fa per Giorgi: uno Slam non si improvvisa. Rispetto a Camila è riuscita a fare più strada, perché si sa che Petra non ha bisogno di molto allenamento per giocare discretamente, e quindi riesce a ovviare con il talento alla mancanza di preparazione. Resta il fatto che in tutto il torneo ha giocato con un dritto piuttosto insicuro, specie in risposta.
E i dati ci dicono che proprio nei colpi di inizio gioco si è formata la differenza sostanziale nel match contro Johanna. A Wimbledon gli scambi vengono divisi per numero di colpi in tre categorie: da 0 a 4 colpi, da 5 a 9, oltre 9. Ebbene Kvitova ha vinto più scambi medi (addirittura il doppio: 20 a 10) e più scambi lunghi (5 a 3). Ma ha fatto 19 punti in meno sugli scambi brevi (85 a 66). Segno che ha risposto peggio e servito peggio di Johanna.
Quindi quella che è riuscita ad accedere ai quarti la si potrebbe definire una Konta in versione simil-Serena Williams. Ultima curiosità. Come già contro Stephens, il saldo vincenti/errori non forzati dà esito rovesciato: Kvitova +6 (40/34) Konta +1 (22/21).
a pagina 2: La parte bassa del tabellone