Scontri diretti Williams – Halep: 9-1
2019 Australian Open Hard [16] Williams d. [1] Halep 6-1 4-6 6-4
2016 US Open Hard QF [1] Williams d. [5] Halep 6-2 4-6 6-3
2016 Indian Wells Hard QF [1] Williams d. [5] Halep 6-4 6-3
2015 Cincinnati Hard F [1] Williams d. [3] Halep 6-3 7-6(5)
2015 Miami Hard SF [1] Williams d. [3] Halep 6-2 4-6 7-5
2014 WTA Finals Hard F [1] Williams d. [4] Halep 6-3 6-0
2014 WTA Finals Hard RR [4] Halep d. [1] Williams 6-0 6-2
2013 Cincinnati Hard QF [1] Williams d. Halep 6-0 6-4
2013 Rome Clay SF [1] Williams d. (Q) Halep 6-3 6-0
2011 Wimbledon Grass R64 [7] Williams d. Halep 3-6 6-2 6-1
Serena Williams, percorso a Wimbledon 2019:
Gatto-Monticone 6-2, 7-5
Juvan 2-6, 6-2, 6-4
[18] Goerges 6-3, 6-4
[30] Suarez Navarro 6-2, 6-2
Riske 6-4, 4-6, 6-3
Strycova 6-1, 6-2
Saldo complessivo vincenti/errori non forzati nel torneo: +49 (169/120)
Simona Halep, percorso a Wimbledon 2019:
Sasnovich 6-4, 7-5
Buzarnescu 6-3, 4-6, 6-2
Azarenka 6-3, 6-1
Gauff 6-3, 6-3
Zhang 7-6(4), 6-1
[8] Svitolina 6-1, 6-3
Saldo complessivo vincenti/errori non forzati nel torneo: +16 (103/87)
Ogni finale di Wimbledon è importante, ma alcune possono diventarlo di più nel momento in cui si trasformano in una pietra miliare nella carriera di una fuoriclasse, oppure in un momento storico per un intero movimento tennistico. Serena Williams è da due anni alla ricerca del titolo Slam numero 24, per eguagliare il primato di Margaret Smith Court. Simona Halep potrebbe ambire a fare addirittura meglio di Ilie Nastase (due volte finalista ma sempre sconfitto) e diventare la prima tennista rumena capace di vincere i Championships. Per analizzare la partita cominciamo dagli aspetti tecnico-tattici.
Williams contro Halep è una finale che parte da una condizione tennistica favorevole: abbiamo un contrasto di stili. Naturalmente questo non è sinonimo di sicuro spettacolo, ma ne aumenta le possibilità. Per avere grandi match occorre anche l’equilibrio di valori, e su questo non abbiamo certezze: ogni partita fa storia a sè.
Proprio a causa della diversità di stili delle due protagoniste, Williams e Halep avranno obiettivi tattici e tecnici opposti. E la vittoria, quasi sicuramente, sarà di chi riuscirà a portare con più frequenza la partita verso il proprio tipo di tennis. Un dato per spiegare la differenza fra le due contendenti: nei sei match disputati per arrivare in finale, Williams ha percorso in totale 7248 metri. Halep 11781.
Serena ha nei due colpi di inizio gioco, il servizio e la risposta, i maggiori punti di forza. Per lei il primo obiettivo sarà quindi tenere basso il numero medio di colpi per scambio, facendo sì che il match diventi un esercizio di potenza ed esplosività. Se la partita si svilupperà soprattutto in questo modo, non occorre nemmeno dire chi vincerà. Semplice e lineare: poco da aggiungere.
Un po’ più complessa la situazione per Halep. Simona cercherà di allungare lo scambio, in modo da obbligare Williams a muoversi molto in campo, mettendo in evidenza i suoi attuali limiti negli spostamenti. Sarà quindi importante capire quanto entrambe incideranno con il servizio, ma anche, e forse soprattutto, con la risposta.
Nella finale dell’anno scorso fra Williams e Kerber, la risposta di Angelique fu probabilmente l’elemento chiave per indirizzare il match. Occorre però chiarire le cose. Ci sono sostanzialmente due modi diversi di interpretare la risposta: uno molto offensivo, che tende a rovesciare la conduzione dello scambio all’istante, attraverso un colpo di grande aggressività. E uno più di contenimento, nel quale ciò che conta è l’alta percentuale di palle tenute in campo. Naturalmente tenute in campo con una accettabile profondità, in modo da fare sì che il successivo colpo avversario (quello in uscita dal servizio) non diventi quello definitivo.
Questa seconda opzione fu quella adottata da Kerber lo scorso anno. Angelique per tutto il torneo di Wimbledon 2018 ebbe altissime percentuali di riposte in campo, e anche in finale contro Williams tenne in campo tutti i servizi umanamente gestibili (contro certe battute di Serena si deve accettare l’ace e basta). In sostanza Kerber non cercava di avere subito la meglio contro la battuta di Serena; si accontentava piuttosto di stemperare l’inerzia del servizio avversario. E lo faceva con una prima risposta tenuta in gioco, poi sostenuta dalla propria eccezionale copertura del campo che le permetteva di rimandare di là anche il quarto colpo del palleggio.
A quel punto l’inerzia del servizio di Williams era in gran parte ammortizzata, e Kerber si trovava in una situazione di vantaggio fisico-tecnico nello sviluppo del gioco. In questo modo Angelique finì per vincere il match quasi senza soffrire (6-3, 6-3), grazie a questo processo di “diluizione” della potenza della battuta di Serena attraverso una sequenza di colpi di contenimento.
Va ricordato però che Kerber è probabilmente la migliore di tutte in questo tipo di gestione della fase di risposta (negli ultimi due anni ha avuto le percentuali più alte in assoluto a Wimbledon). Non possiede cioè la replica al servizio fulminante di Serena o di Azarenka, ma quando è in forma risulta comunque terribilmente efficace, perché riesce ugualmente a spostare sul proprio terreno un gran numero di punti. Ed è anche grazie a queste doti che è riuscita a battere Serena in due finali Slam.
Ecco, anche se Halep non ha probabilmente la stessa abilità di Kerber in questo tipo di situazione, per aumentare le proprie possibilità di successo dovrà cercare di imitarla. In fondo Simona è molto brava in difesa, pur senza raggiungere i livelli fenomenali di Angelique.
Questo in fase di avvio del punto. Attenzione però a dare per spacciata Serena una volta che lo scambio è avviato. Sicuramente oggi non ha più la mobilità e la resistenza di qualche anno fa, ma rimane una tennista espertissima che ha il naturale istinto agonistico per capire quando occorre dare un quid in più per vincere punti inaspettati. Anche perché, nello scambio, Serena e Halep sono forse le migliori del mondo in due “specialità” differenti.
Halep è unica nella facilità con cui esegue i lungolinea. D’altra parte Serena è in grado di trovare angoli stretti inconcepibili per quasi tutte le altre giocatrici. Per questo Halep dovrà stare attenta a non abusare nell’utilizzo dei lungolinea: perché se non saranno sufficientemente incisivi, potrebbe esporsi alla replica in cross stretto di Serena che la coglierebbe fuori posizione.
Per concludere le questioni tattiche, aggiungo un ultimo aspetto, che fa riferimento agli ultimi due confronti diretti giocati fra di loro: US Open 2016 e Australian Open 2019. Partite che hanno avuto un andamento molto simile. Primo set per Serena, reazione di Halep nel secondo e terzo set con ritorno di Williams. Beh, in entrambe le occasioni secondo me Simona ebbe delle responsabilità nelle scelte tattiche del set decisivo.
Dopo essere riuscita a mettere in difficoltà la sua avversaria nel secondo set facendola muovere molto, nel terzo set spesso Halep si era “innamorata” dell’angolo sinistro di Serena: troppi rovesci incrociati e dritti (lungolinea e inside-out) indirizzati nella zona di campo dove Williams tendeva a stazionare, facendola in questo modo colpire molte volte da ferma. E il risultato di quella scelta lo si può leggere nei punteggi finali dei match.
Infine qualche considerazione sulle questioni mentali e psicologiche. Serena parte dal grosso vantaggio di avere vinto nove match su dieci contro Simona; l’unica sconfitta nel Masters 2014 è stata sì di proporzioni sorprendenti (6-0, 6-2), ma a conti fatti si è rivelata ininfluente, visto che arrivò nel round robin e la stessa Serena si rifece immediatamente nella finale del torneo.
Questo per quanto riguarda il confronto diretto. C’è poi una questione psicologica che riguarda l’importanza che avrebbe questo titolo per la carriera delle due giocatrici. E qui il peso della situazione potrebbe rovesciarsi. Williams è una tennista espertissima, abituata a qualsiasi confronto e qualsiasi palcoscenico. Però si può dire che in questa finale dei Championships (come già accadde lo scorso anno a Wimbledon, ma anche qualche mese dopo a New York) Serena giocherà contemporaneamente contro due avversarie: Simona Halep e Margaret Smith Court. Da una parte l’attualità, fisica e reale, di chi la fronteggia in campo; dall’altra quella del tutto virtuale ma psicologicamente non meno pesante della detentrice del record dei 24 Slam.
Un record ottenuto a cavallo fra era amatoriale ed era open e che fino a qualche anno fa veniva sempre citato fra virgolette. Ma di recente è stato eletto come nuovo limite su cui misurarsi per poter passare alla storia come la più titolata di tutte.
Il 24: questo numero potrebbe rivelarsi per Serena un’arma a doppio taglio. Da una parte è lo stimolo migliore per affrontare i sacrifici necessari per essere ancora competitiva, a quasi 38 anni. Dall’altra potrebbe trasformarsi in una specie di ossessione, con il rischio di gravare come un fardello insopportabile al momento di raccogliere definitivamente il frutto di quei sacrifici.
Quello che accadde nel 2015 a New York contro Roberta Vinci, quando era così vicina a conquistare il grande Slam lo ricordiamo tutti. Riuscirà Serena a sconfiggere le sue avversarie, reali e virtuali, per compiere un ulteriore passo avanti nella storia del tennis? Avremo la risposta fra poche ore. Ma una cosa è certa già ora: per tutti questi motivi la finale di Wimbledon 2019 non sarà una finale qualsiasi.