Man mano che sono trascorse le settimane, la top 10 conquistata da Aryna Sabalenka nelle primissime battute del 2019 è apparsa sempre meno solida. A un finale di stagione sfolgorante s’era agganciato il titolo di gennaio a Shenzhen, ma poi poco altro e anzi parecchie sconfitte deludenti da attribuirsi anche (ma non solo) allo scarso feeling con erba e terra battuta. Le semifinali di San Pietroburgo e Strasburgo – tre tornei con la ‘S’ hanno tenuto a galla Sabalenka nel 2019 – sono state però sufficienti a tenere Aryna ancorata alle prime posizioni, assieme all’unico grande torneo giocato in modo almeno sufficiente, Indian Wells, dove la bielorussa si è fermata agli ottavi contro la finalista Kerber.
Con l’approssimarsi della scadenza delle grosse cambiali di agosto e settembre, in Sabalenka deve essere scattato qualcosa se è vero che ha sostanzialmente ripreso a giocare. Certo è tornato il cemento, la sua superficie, ma il 6-4 6-3 rifilato a Donna Vekic nella semifinale del Premier di San José è un risultato che, ci permettiamo di scommettere, non avrebbe mai ottenuto appena un paio di mesi fa se anche la partita si fosse giocata nelle stesse condizioni in cui s’è giocata questa notte.
Anche perché Vekic è una tennista vera, solida, che gioca bene su tutte le superfici e ha tutte le armi per contrattaccare una tennista molto potente come Sabalenka. Nonostante però una partita ondivaga, caratterizzata da ben dieci break, il pallino del gioco l’ha avuto in mano sempre la bielorussa, che infatti non è mai stata in svantaggio nel corso dei due set. Il primo parziale di break ne ha visti ben sette, l’ultimo dei quali, firmato da Sabalenka sul 5-4, ha avuto l’effetto di far scivolare la croata fuori dal ring.
Tirando le somme: sì, il segnale lanciato da Sabalenka questa settimana, a prescindere da quale sarà l’esito della finale, è un segnale che lascia ben sperare. Se non altro dal punto di vista aritmetico, perché a fronte dei punti di Wuhan (900), Cincinnati (350), US Open (240), Pechino (215) che proverà a difendere sul campo, era già certa di veder evaporare i 470 punti di New Haven per la cancellazione del torneo, che lo scorso anno si è giocato subito prima dello US Open e quest’anno è stato sostituito da un torneo International (con nuova sede a New York) al quale Sabalenka non si è iscritta. Vincendo qui a San José, difenderebbe idealmente i punti di New Haven: resterebbero comunque tantissimi punti da difendere, ma sarebbe il miglior abbrivio per tentare la difficile impresa.
La 21enne di Minsk tornerà quindi a disputare una finale dopo otto mesi da quella vinta a Shenzhen contro Riske. Affronterà ancora un’avversaria piuttosto sorprendente, Saisai Zheng, che dopo aver schienato Collins e soprattutto Anisimova non si è accontentata e ha eliminato anche Maria Sakkari.
Nella battaglia tra l’estenuante regolarità della greca e il tennis difficile da descrivere della cinese (anzi, in effetti ne ha parlato nei dettagli il nostro AGF in questo splendido articolo), per una volta non ha vinto la regolarità. Anche questa semifinale è stata pesantemente indirizzata dal primo set, lungo ben settantadue minuti. Saisai l’ha vinto al tie-break per sette punti a cinque, e poi si è sostanzialmente limitata ad attendere che la frustrazione di Sakkari si esprimesse sotto forma di errori gratuiti (saranno un mezzo centinaio a fine partita). Zheng giocherà la seconda finale della sua carriera nel circuito maggiore, la prima fuori dalla terra natìa. Dopo la sconfitta dello scorso anno a Nanchang, maturata a seguito di un ritiro contro Qiang Wang a finale ormai compromessa, la 25enne cinese concorrerà per vincere il suo primo titolo.
Risultati:
S. Zheng b. [7] M. Sakkari 7-6(5) 6-2
[2] A. Sabalenka b. [5] D. Vekic 6-4 6-3
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