da Montreal, il nostro inviato
Dalla gradevole estate canadese, benritrovati a bordocampo. Il buon vecchio Alexander Zverev è nel marasma più totale, sia dal punto di vista del gioco che da quello della gestione della carriera. Il conflittuale addio di Ivan Lendl (sul cui lavoro personalmente ero entusiasta tecnicamente, questo divorzio mi ha assai stupito in negativo), i problemi legali con l’ex manager, il ragazzo proprio non c’è con la testa e lo ha detto chiaramente lui stesso. Ma non va dimenticato che ha compiuto 22 anni ad aprile, ha tutto il tempo per rifarsi. Il giovane sudafricano Lloyd Harris, coetaneo di Sascha, è entrato quest’anno nei top-100, ora veleggia verso l’ottantesima posizione, ed è in grande ascesa. Qui a Montreal, però, ha perso nelle qualificazioni dal solido bielorusso Ivashka, sono inciampi che capitano. Rimarrà memorabile per lui il match giocato un mese fa sul centrale di Wimbledon contro Roger Federer, a cui ha pure saputo strappare un set.
Scherzando dopo l’allenamento, sabato mattina, gli ho detto “mi dispiace non essere riuscito a parlarti a Londra, ma non mi aspettavo che perdessi subito, era forte l’altro?“. Lloyd si è fatto una risata, e mi ha risposto: “Eh, era uno buono per la sua età, bel rovescio a una mano!“, e giù a ridere di nuovo. Tipo simpaticissimo, insomma. Analizziamo un po’ insieme le due cosette molto interessanti dal punto di vista tecnico che mi hanno fatto vedere Harris e Zverev, iniziando dal ricciolone di Città del Capo. Ecco una dimostrazione pressoché perfetta di come si esegue la volée di dritto in avanzamento, da metà campo in su.
Da ammirare e imitare la postura impeccabile del braccio-racchetta, con l’angolo retto tra attrezzo e avambraccio che mantiene il piatto corde in linea con la palla in avvicinamento. Manico più avanti del piatto corde stesso, presa continental, tutto da manuale. Nell’ultima immagine sotto, Lloyd sta spostando il peso verso la sua sinistra per sfilarsi appena appena da una traiettoria veloce che gli sta arrivando un po’ in pancia.
Qui sopra, l’impatto è imminente, ed è molto basso, bravissimo Harris a raccogliersi sul colpo senza però ingobbirsi eccessivamente, sempre mantenendo l’assetto dell’insieme braccio-racchetta composto, con la testa dell’attrezzo bella sostenuta anche se siamo quasi rasoterra.
Qui sopra, infine, la palla è stata colpita, è già partita per un paio di metri, ed è splendido il gesto leggero ma secco di accompagnamento dell’esecuzione. Un movimento in avanti che fa scivolare la testa della racchetta sotto la linea del’impatto, con una lieve rotazione interna dell’avambraccio (supinazione), senza mai scomporre l’angolo a 90 gradi tra racchetta e braccio, a conferire la giusta quantità di rotazione all’indietro, che farà schizzare via la palla bella bassa dopo il rimbalzo. Ottimo Lloyd, è sempre un piacere veder colpire sottorete con qualità vera, di questi tempi purtroppo non capita tanto spesso.
Passiamo al pezzo pregiato di casa Zverev, ovviamente il fantastico rovescio bimane, che ho osservato durante l’allenamento con Rafa Nadal.
Qui sopra, poco da dire, spettacolo tecnico puro. Closed stance a sinistra, neutral a destra, lavoro pazzesco delle ginocchia (Sascha è 1.98), precisione nella gestione di peso e asse di equilibrio, il colpo a destra in semi-avanzamento esprime scioltezza totale anche da un’immagine statica. Magnifico.
Qui sopra, dai due lati, l’accompagnamento finale, erano due rovesci su palla alta (i soliti topponi diagonali di Rafa, ovviamente), bello da vedere un ragazzone così alto andare a impattare e poi condurre la testa della racchetta in sospensione, con apparente leggerezza, quasi fluttuando sul campo.
Qui sopra, sempre in fase di stacco dal terreno, a sinistra l’istante dell’impatto, a destra la primissima parte del follow-through. E proprio quest’ultima immagine, per l’angolazione e il momento, ci permette di notare un dettaglio molto interessante. Se vediamo bene, la palla è stata colpita da pochi centesimi di secondo, forse un paio, è ancora all’altezza della gamba destra del giocatore. Lo swing è stato tanto veloce da aver già portato l’attrezzo a puntare il campo, nella direzione che avrà il colpo. Stiamo parlando della testa della racchetta che viaggia a 130-140 kmh. Ebbene, in questo paio di centesimi di secondo, che passano tra la situazione di impatto “fermata” nell’immagine a sinistra e quella a destra, ecco cosa avviene. Ho ingrandito la foto per farlo vedere bene.
Guardate il braccio destro di Alexander: in due centesimi di secondo, è passato dalla contrazione muscolare massima (all’impatto), a uno stato di decontrazione totale, manco si vede la linea del bicipite, la cosa è evidentissima se lo confrontiamo con il braccio sinistro. Che istinto motorio incredibile, questo passaggio contrazione-decontrazione istantaneo, con la conduzione e la spinta che passano completamente al braccio di richiamo, è proprio quello che poi vedendo l’esecuzione a velocità normale dà la cosiddetta impressione di “fluidità”. Sono dettagli, ma a questi livelli fanno la differenza tra un colpo “che viaggia” e uno che non esce bene dalle corde.
Bravi Lloyd e Sascha, grazie per lo spettacolo tecnico.